Codice Civile art. 74 - Parentela (1).Parentela (1). [I]. La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 e seguenti. (1) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 1, l. 10 dicembre 2012, n. 219. Il testo precedente recitava: «La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite». V. art. 104, commi 1-6, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. InquadramentoLa parentela è il vincolo che lega tra loro soggetti aventi un ascendente comune e attribuisce al soggetto uno status familiare. Il rapporto di parentela in linea retta è quello che intercorre tra un ascendente (o stipite) e i suoi discendenti (padre — figlio; avo — nipote; etc.); in linea collaterale è il rapporto che intercorre tra persone che discendono per rami diversi da uno stesso ascendente (fratelli, zio — nipote, cugini, etc.). La parentela si misura per gradi, ed essa è tanto più stretta quanto minore è il numero dei gradi che congiungono i due parenti (Bianca C. M., 2014, 717). Nella parentela in linea retta, si computa un grado per ogni generazione, escludendo l'ascendente (art. 76 comma 1); nella parentela in linea collaterale, si sommano i gradi che uniscono ciascuno dei due parenti all'ascendente comune, sempre escludendo quest'ultimo (art. 76 comma 2). La parentela oltre il sesto grado non è più giuridicamente rilevante (art. 77). Si distingue comunemente tra famiglia nucleare (genitori e figli) e famiglia parentale (gruppo di persone appartenenti a una comune discendenza). Il rapporto di coniugio, non essendo generato da una comune discendenza, non rientra nel vincolo di parentela ma costituisce un rapporto a sé stante (Sesta, 282); stesso dicasi per il rapporto di unione civile. Mentre l'atto di matrimonio, costitutivo della famiglia, determina il rapporto coniugale, la parentela ha fondamento nell'ascendenza comune a più persone (Perlingieri, 800). Provenienza della filiazioneE' ormai acquisito al costume giurisprudenziale italiano che “il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia” e quindi del rapporto di filiazione (Corte cost. n. 162/2014 e Corte cost. n. 272/2017). Parentela e filiazione formata fuori dal matrimonioL'art. 74, nella versione anteriore alle modifiche apportate dalla l. n. 219/2012, stabiliva che “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite”. Sulla scorta di questo dato normativo (ormai superato), l'opinione prevalente riteneva che il rapporto di parentela sorgesse solo nel caso di vincolo scaturito da un matrimonio ossia in presenza di filiazione cd. legittima: muovendo da questo presupposto, la giurisprudenza aveva escluso la sussistenza di un vincolo di parentela tra il figlio naturale riconosciuto o dichiarato e la famiglia del genitore (Cass. n. 19011/2007) e così pure tra i figli naturali del medesimo genitore (Cass. n. 5747/1979). Nonostante alcune importanti aperture, le differenze, in punto di parentela, tra filiazione (ex) naturale e filiazione (ex) legittima persisteva con conseguenze di rilievo rispetto alla disciplina successoria e a quella degli impedimenti matrimoniali. La riforma introdotta con la l. n. 219/2012, con l'intento di parificare lo statuto dei figli, sia (ex) naturali che (ex) legittimi, ha previsto che il vincolo di parentela nasca “sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Con l'unico limite esplicitato che il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli artt. 291 ss. Al lume delle modifiche apportate dal Legislatore, oggi la parentela fa capo al vincolo tra persone che discendono da uno stesso stipite anche nel caso in cui la filiazione si sia formata fuori dal matrimonio atteso che l'Ordinamento proclama il principio di unicità dello stato di figlio (art. 315). Parentela e adozioneLa parentela sorge anche nel caso in cui il figlio sia adottivo: bene fa la dottrina, pertanto, a discorrere, ormai, della parentela come di «vincolo giuridico» (Bianca C. M., 2014, 717) piuttosto che di «vincolo di sangue» (Sesta, 282) dovendosi ritenere anche superata quella tesi che, per distinguere tra le due parentele, discorreva di “parentela civile” in caso di adozione. L'equiparazione degli status non consente più di operare distinzioni o apporre etichette. Il vincolo di parentela non si forma nel caso di adozione di persona maggiore di età (art. 291) per espressa previsione dell'art. 74. Ne conseguono i limiti di legge ex artt. 300, 304, 567. La disposizione, però, nulla osserva in merito all'adozione in casi particolari, di cui agli artt. 44 ss. l. n. 184/1983. Sul punto, la dottrina si esprime con opinioni contrastanti: alcuni autori, facendo leva sull'art. 55 l. n. 184/1983, escludono che la parentela possa nascere nelle ipotesi di adozione in casi particolari. La tesi preferibile è quella opposta: la ratio della esclusione di cui all'art. 74 è quella di limitare il sorgere della parentela ai soggetti minori di età, per tale ragione non estendendosi il suo fascio applicativo alle adozioni ex art. 291. È l'età dell'adottando a fungere da discrimine non anche la sua condizione di minore. D'altro canto, se il Legislatore avesse voluto introdurre un simile limite lo avrebbe previsto espressamente proprio come ha fatto con il procedimento adottivo ex art. 291. KafalaLa kafala costituisce l'impegno assunto da un adulto, da un lato, di farsi carico del mantenimento, dell'educazione e della protezione di un minore, allo stesso modo di come lo farebbe un genitore per il proprio figlio e, dall'altro, di esercitare la tutela legale su tale minore. In questa cornice, la giurisprudenza si è chiesta se il minore che sia affidato a un adulto in regime di kafala possa essere considerato, ai fini del soggiorno, “discendente diretto”, in particolare “figlio adottivo” e, comunque, “parente”. La soluzione è negativa: è ormai assodato che la Kafala non genera un rapporto di parentela in quanto la sottoposizione a tale istituto non crea alcun legame di filiazione tra le parti (v. Corte giustizia UE, grande sezione, 26 marzo 2019, causa C-129/18). In questi termini v. anche Cass. S.U., n. 21108/2013. Effetti danno parentaleIl vincolo di parentela è un vincolo giuridico anche se non crea, automaticamente, rapporti giuridici (che nascono, invece, ad esempio, nel caso di filiazione). Tra i principali effetti si annoverano, tuttavia, quelli successori, quelli in materia di alimenti, quelli relativi alla impresa familiare, etc. Il rapporto di parentela genera effetti anche sul piano risarcitorio: la lesione del rapporto familiare, infatti, è causa di risarcimento del danno e ciò a prescindere dalla sussistenza di una situazione di convivenza (Buffone, 2). Secondo la giurisprudenza, il pregiudizio che discende dalla perdita del parente ha propria autonomia (v. Cass. n. 16992/2015) e può sussistere a prescindere dalla esistenza di un danno cd. biologico. Il danno da perdita del rapporto parentale spetta "iure proprio" ai congiunti per la lesione della relazione parentale che li legava al defunto ed è risarcibile se è provata l'effettività e la consistenza di tale relazione, ma non anche il rapporto di convivenza, non assurgendo quest'ultimo a connotato minimo di relativa esistenza (Cass. n. 21837/2019). Il danno parentale può riguardare un legame attuale ma anche uno potenziale: in particolare, è ammissibile il risarcimento del danno anche nel caso di figlio nato morto là dove è ipotizzabile il venir meno di una relazione affettiva potenziale che, cioè, avrebbe potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore-figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita (Cass. n. 12717/2015). Il nocumento di cui si discute è definito, dalla giurisprudenza, in termini di danno “edonistico” (Cass. 15491/2014). Riguardando ogni singolo legame familiare, esso concerne, in astratto, tutte le trame relazionali recise dal fatto illecito: in altri termini, «in caso di perdita definitiva del rapporto parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare» (Cass. n. 9231/2013). La giurisprudenza ha avuto, in passato, difficoltà nell'individuare criteri per la liquidazione di questo danno, ma oggi può essere quantificato, dal giudice, mediante una liquidazione equitativa del danno ricorrendo alle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano (Cass. n. 29495/2019). Recentemente è stato statuito che le tabelle di Milano pubblicate nel giugno del 2022 costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema “a punto variabile” (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione “a forbice”) che prevede l'attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all'età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa “pura”, purché sorretta da adeguata motivazione (Cass. n. 37009/2022). Prova della parentelaLa parentela è fatto giuridico suscettibile di dimostrazione probatoria: la prova si offre mediante gli atti dello stato civile e quindi i certificati anagrafici all'uopo formati dall'ufficiale preposto (Cian, Trabucchi, 161). L'accertamento relativo al vincolo di parentela non può farsi, in via meramente incidentale, nel corso di un giudizio vertente su un differente rapporto, atteso che, trattandosi di controversia relativa allo status delle persone, la sua risoluzione può avvenire unicamente in via principale (Cass. n. 2711/1971), ossia in un giudizio idoneo a dar luogo alla formazione di un giudicato efficace erga omnes (Sesta, 288). BibliografiaAa.Vv., Il matrimonio. Le unioni di fatto. I rapporti personali, Torino, 2011; Buffone, Gli orientamenti sulla convivenza nonni-nipoti e il danno parentale in Guida dir. 2016, 2, 23;Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Dogliotti, Figone, Della parentela e dell'affinità in Comm. Cendon, Torino, 1991; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Giorgianni, La dichiarazione di morte presunta, Milano, 1943; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015; Stanzione, Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza, Torino, 2011. |