Codice Civile art. 75 - Linee della parentela.

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Linee della parentela.

[I]. Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra.

Inquadramento

La parentela si misura per gradi: sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra.

Parentela

Nella parentela diretta, i parenti discendono da stipiti comuni e la relazione rileva in quanto intercorrente tra l'ascendente e il discendente. Nella parentela collaterale, occorre, invece, risalire nella linea degli ascendenti di ciascun parente fino a trovare l'ascendente comune (Cian, Trabucchi, 163). Nell'accertare il vincolo di parentela in linea collaterale si opera prima in direzione ascendente, dovendosi risalire dall'un parente allo stipite comune e poi in direzione discendente, ossia dallo stipite comune fino all'altro parente (Sesta, 288). La parentela in linea collaterale può riportarsi alla linea paterna o a quella materna e da ciò deriva la distinzione tra fratelli germani, i quali discendono dagli stessi genitori (cd. parentela bilaterale) e unilaterali, i quali invece hanno in comune solo il padre (consanguinei) o la sola madre (uterini).

La distinzione tra parenti in linea retta e parenti in linea collaterale non è meramente dogmatica: sussistono, infatti, rilevanti effetti giuridici discriminanti. Ad es., il divieto di cui all'art. 247 c.p.c. introduce una causa di incapacità a deporre relativamente ai soli parenti in linea retta e quindi a coloro che non solo provengono dallo stesso stipite, ma discendono l'uno dall'altro (art. 75) restando quindi esclusi, dall'ambito del predetto articolo, i parenti in linea collaterale (v. Cass. n. 4526/1957).

Parentela e fecondazione assistita

La l. n. 40/2004 ha, come noto, consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni fissate dalla Legge. Per effetto della sentenza della Corte cost. n. 162/2014, è consentito anche il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche cennate. L'art. 9 comma 3, l. n. 40/2004 prevedeva, in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo, che il donatore di gameti non acquisisse alcuna relazione giuridica parentale con il nato ma questa disposizione è stata pure essa travolta da Corte cost. n. 162/2014. La legislazione sulla Pma null'altro prevede in merito alle relazioni parentali che si creano in favore del nato a seguito della fecondazione assistita: d'altro canto, l'attribuzione al neonato dello status di “figlio”, senza ulteriori colorazioni, depone per la equiparazione del medesimo ai figli nati con procreazione naturale o adottivi. Giova ricordare, comunque, come la Corte Costituzionale abbia, già prima della l. n. 40/2004, affermato che ai figli nati da procreazione in vitro spettano in modo completi i diritti fondamentali della persona incluso il diritto a una completa identità genitoriale (v. Corte cost. n. 347/1998; Cass. n. 2315/1999). Le maggiori problematiche, comunque, si presentano ove si realizzi una frattura tra parentela genetica e parentela gestazionale (nella fecondazione eterologa).

In ogni caso, si è affermato che nella fecondazione assistita eterologa, così come per l'omologa, il preventivo consenso manifestato dal coniuge o convivente può essere revocato fino al momento della fecondazione dell'ovulo, sicchè ove la revoca intervenga successivamente, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. n. 40/2004, il partner non ha azione per il disconoscimento della paternità del bambino concepito e partorito in esito a tale inseminazione (Cass. n. 30294/2017). Con una decisione inedita (Cass. n. 13000/2019), la Suprema Corte ha anche chiarito che l'art. 8 l. n. 40/2004, recante lo status giuridico del nato a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, è riferibile anche all'ipotesi di fecondazione omologa "post mortem" avvenuta mediante utilizzo del seme crioconservato di colui che, dopo aver prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso all'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, ai sensi dell'art. 6 della medesima legge e senza che ne risulti la sua successiva revoca, sia poi deceduto prima della formazione dell'embrione avendo altresì autorizzato, per dopo la propria morte, la moglie o la convivente all'utilizzo suddetto. Ciò pure quando la nascita avvenga oltre i trecento giorni dalla morte del padre" (in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che nell'atto di nascita alla figlia minore della ricorrente, nata a seguito di inseminazione medicalmente assistita "post mortem", possa essere attribuito lo status di figlia del marito deceduto).

Bibliografia

Aa.Vv., Il matrimonio. Le unioni di fatto. I rapporti personali, Torino, 2011; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Dogliotti, Figone, Della parentela e dell'affinità in Comm. Cendon, Torino, 1991; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Giorgianni, La dichiarazione di morte presunta, Giuffrè, 1943; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015; Stanzione, Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza, Torino, 2011.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario