Codice Civile art. 144 - Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia (1).Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia (1). [I]. I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa [29 Cost.]. [II]. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato [107]. (1) Articolo così sostituito dall'art. 26 l. 19 maggio 1975, n. 151. InquadramentoI coniugi hanno il compito (importante) di concertare l'indirizzo della vita familiare ossia di regolare, su base consensuale, gli aspetti personali e patrimoniali della convivenza dando una impronta al tipo di vita comune che desiderano avere. L'indirizzo della vita familiare riguarda, dunque, il luogo in cui i coniugi vivranno, il tenore di vita che vogliono seguire, la suddivisione dei compiti di casa e di lavoro, le relazioni con i parenti e i fondamenti etici su cui vogliono che la comunanza di vita sia fondata. La dottrina prevalente assume che l'art. 144 faccia capo a un vero e proprio “accordo”, talvolta finanche collocato nei negozi di diritto familiare: in realtà, però, come è stato efficacemente evidenziato, si tratta piuttosto di una «tecnica di governo della famiglia» (Furgiuele, Libertà e famiglia, 1979, 140) ossia di una continua concertazione su base paritaria diretta ad assumere, ex ante e poi man mano in concreto, le scelte che esprimono il “vivere insieme” in cui marito e moglie si rivelano essere “coppia”. Un caso importante di accordo sull'indirizzo della vita familiare è quello, statisticamente rilevante, in cui uno dei coniugi si dedichi al lavoro (in genere, il marito) e l'altro — per scelta di entrambi — abbia il compito di occuparsi della casa, dei figli, delle occupazioni quotidiane strumentali alla quotidiana coabitazione. Queste tipologie di accordo assumono particolare valore in caso di separazione dei coniugi là dove si tratti di ricostruire il pregresso tenore di vita in funzione del riconoscimento o non della solidarietà coniugale, ad es. ex art. 156. Esse rilevano, però, più come “fatti” rilevanti che come accordi negoziali. Indirizzo della vita familiareI coniugi concordano insieme l'indirizzo della vita familiare ma ciascuno di loro ha il potere di attuarlo in concreto. Non trattandosi di veri e propri negozi è escluso che la violazione di quanto pattuito possa condurre a esecuzione coatta o a pronuncia di inadempimento: d'altro canto, il comportamento scollato dal dovere previsto dall'art. 144 può rilevare in funzione di una pronuncia di addebito ex art. 151 e può anche giustificare la rottura della convivenza mediante abbandono del tetto coniugale. La scelta in ordine all'indirizzo della vita familiare è intima e, pertanto, l'intervento dello Stato non può giustificarsi ove diretto a contrastare libere scelte di autodeterminazione non violative di diritti fondamentali o dell'ordine pubblico. È bene ricordare che l'«isola delle relazioni familiari», è appena lambita dalle onde del mare del diritto (Jemolo, in 57). Al lume di questa considerazione va risolto il dibattito dottrinale formatosi attorno alla cd. «coppia libera» ossia quella relazione matrimoniale in cui, consensualmente, i coniugi abbiano deciso di derogare all'obbligo di fedeltà. Questo patto, lungi dal giustificare una pronuncia di addebito reciproco o dal porsi in contrasto con il buon costume o l'ordine pubblico, rappresenta, nell'attuale contesto storico e sociale, una forma di espressione della sessualità matrimoniale che non può essere sottoposta a giudizio attraverso una lente etica che non sia quella usata dai coniugi stessi. Si è detto che ciascuno dei coniugi può attuare l'indirizzo concordato: la Dottrina è incerta in merito alla latitudine di questa facoltà se essa riguardi solo i rapporti coniugali (interni) o si estenda anche ai rapporti con i terzi (esterni) Indirizzo della vita familiare e assegno divorzile Le scelte che i coniugi concludono in costanza di matrimonio hanno diretto effetto sull'eventuale successivo scioglimento del vincolo; ancor più, oggi, alla luce delle direttive interpretative offerte dalle Sezioni Unite in tema di assegno divorzile (Cass. S.U., n. 18287/2018). Secondo queste indicazioni, infatti, al fine di riconoscere l'assegno di divorzio, al giudice compete di accertare «se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro». In altri termini, tenuto conto di quanto è durato il matrimonio, il giudice deve verificare: a) se sussiste una “rilevante” disparità della situazione economica degli ex coniugi (elemento oggettivo); b) se questa disparità è stata causata da scelte “comuni” assunte dai coniugi durante il matrimonio per modellare il loro rapporto (elemento causale), in particolare decidendo di investire sull'aspetto professionale dell'uno dei partner, a scapito dell'altro, a cui affidato il compito di dedicarsi prevalentemente al menage domestico. Residenza familiareL'art. 144, in materia di fissazione della residenza familiare, rimette la scelta relativa alla volontà concordata di entrambi i coniugi, con la conseguenza che questa non deve soddisfare solo le esigenze economiche e professionali di uno dei coniugi, ma deve soprattutto salvaguardare le esigenze di entrambi i partners e quelle preminenti della serenità della famiglia (Cass. n. 24574/2008). Risoluzione del conflittoPer dirimere i conflitti che insorgono tra i coniugi in relazione ad assunte violazioni delle intese coniugali sull'indirizzo da imprimere alla vita familiare ai sensi dell'art. 144, la legge prevede un procedimento speciale, disciplinato dall'art. 145, avente carattere non contenzioso che può chiudersi, se i coniugi raggiungono un accordo, con una conciliazione o con una pronuncia di non luogo a provvedere, o in caso di disaccordo, con un provvedimento che, non avendo natura giurisdizionale, deve equipararsi al pronunciato di un arbitratore ed è di per sé insuscettibile di coercizione, in quanto privo di efficacia esecutiva (Cass. n. 5415/1992). Residenza della famiglia e “Fisco”Alcune disposizioni di tributarie che riconoscono benefici o agevolazioni in ragione dell’elemento della residenza (si pensi, ad esempio, alla cd. agevolazione prima casa). Nonostante un quadro oggi ancora in contrasto di opinioni, la giurisprudenza si dirige ormai nel senso di valorizzare il fatto che l'art. 144 c.c. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia, e da qui ne desume che assume rilevanza, per beneficiare delle agevolazioni tributarie, non la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia (Cass. n. 18096/2019). Si perviene così ad affermare, in materia di acquisto “prima casa”, che il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui ove l'immobile acquistato sia adibito a tale destinazione non rileva la diversa residenza di uno dei coniugi in regime di comunione legale, essendo gli stessi tenuti non ad una comune sede anagrafica, ma alla coabitazione; va, tuttavia, accertata l'effettiva destinazione a residenza principale della famiglia e, cioè, la coabitazione dei coniugi nell'immobile, non essendo sufficiente che uno solo di essi abbia trasferito la sua residenza nel relativo comune di ubicazione (ex multis, v. Cass. n. 13335/2016; v. anche Comm. trib. prov. Bologna I, 23 dicembre 2019, n. 914: “Qualora due coniugi siano anagraficamente residenti ed effettivamente dimoranti in via abituale in due diversi immobili situati in due diversi comuni, e quindi abbiano ciascuno adibito l’immobile ad abitazione principale, si applica ad entrambi l’esenzione totale dal pagamento dell’Imposta municipale propria (IMU), prevista dall’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201”). BibliografiaAvagliano, famiglia e accordi per la crisi, tra matrimoni, unioni civili e convivenze in Riv. not. 2017, 2, 251; Bargelli, L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accordi conclusi in occasione o in vista del divorzio, in Riv. crit. dir. priv. 2001, 303 ss; Buffone, Misura alimentare e perequazione: le Sezioni Unite cercano di risolvere il “millennium problem” dell’assegno divorzile, in Giustiziacivile.com, 1 agosto 2018; Buffone , Volontaria Giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, Milano, 2012.; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015; Servetti, Le garanzie patrimoniali nella famiglia. Corresponsione diretta, sequestro, ipoteca, Milano, 2013. |