Codice Civile art. 147 - Doveri verso i figli (1).

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Doveri verso i figli (1).

[I]. Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall'articolo 315-bis.

(1) L'art. 3, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. ha sostituito l'articolo. Il testo recitava: «Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. L'articolo era già stato sostituito dall'art. 29 l. 19 maggio 1975, n. 151.

Inquadramento

La filiazione è, innanzitutto, un atto di “responsabilità”: per effetto della insorgenza di un rapporto di filiazione (a prescindere dalla sua provenienza: biologica, adottiva, mediante tecniche di fecondazione assistita; etc.) i genitori sono obbligati a prendersi cura dei propri figli, diventando “care givers”. In particolare, in virtù dell'art. 147, i genitori hanno l'obbligo di impartire ai figli l'educazione necessaria (anche per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione), nonché di vigilare sul fatto che l'educazione impartita sia adeguata al carattere e alle attitudini dei loro figli (Cass. n. 22541/2019). In realtà, l'art. 147 è solo un frammento del più generale diritto dei figli ad una crescita sana ed equilibrata (Cass. n. 21916/2019). 

Il d.lgs. n. 154/2013 ha riscritto l'art. 147 introducendo l'espresso riferimento allo “statuto” dei diritti del figlio, contenuto oggi nell'art. 315-bis. In virtù del combinato disposto delle due norme, il figlio ha diritto: di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti; di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il richiamo all' art. 315-bis è anche rinvio ai “doveri” del figlio il quale deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.

I doveri verso i figli

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni: elemento preponderante, nella somministrazione dei diritti in questione è, allora, l'identità stessa dei figli nel modo in cui essa va a formarsi nel tempo e a esprimersi in ragione della crescita. Il primario diritto del figlio è, cioè, il rispetto della sua libertà di autodeterminazione. L'obbligo dei genitori è tanto più vincolato alla identità del figlio quanto questi sia prossimo alla maggiore età. La letteratura di settore esperta in materia, distingue i minori in cd. petits enfants e cd. grands enfants (con una terminologia adottata nel diritto francese): per i primi, prevale l'esigenza di protezione; per i secondi, l'esigenza di esercitare i diritti di libertà. Nella seconda categoria, certamente si annoverano i figli dal compimento del sedicesimo anno di età, i quali, infatti, ricevono già dalle norme vigenti un trattamento differenziato. L'obbligo di istruire i figli presidia uno dei diritti fondamentali della prole, quello di ricevere regolare istruzione: per tali motivi, il mancato rispetto di questo obbligo può condurre a responsabilità penale dei genitori.

Al riguardo, la Suprema Corte (Cass. pen. n. 38985/2007), nel soffermarsi sulla fattispecie di inosservanza dell'obbligo di istruzione dei minori, ha individuato le possibili cause di esclusione della responsabilità dei genitori, con particolare riferimento alla elencazione di quei “giusti motivi” che rendono inattuabile l'adempimento dell'obbligo di istruzione (mancanza assoluta di scuole o di insegnanti; disagiata distanza tra scuola ed abitazione ove manchino mezzi di trasporto ovvero le condizioni economiche dell'obbligato non consentono l'utilizzo di mezzi privati; rifiuto volontario, categorico ed assoluto del minore, non superabile con l'intervento dei genitori e dei servizi sociali). L'obbligo di educazione è posto a garanzia di una crescita equilibrata e sana della prole la quale ha anche diritto a ricevere assistenza morale.

Per quanto concerne la rappresentanza della persona di minore età nelle scelte terapeutiche, v. oggi la l. n. 219/2017. La persona minore di età ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione e deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità (v. art. 3, l. n. 219/2017).

Mantenimento

La dottrina ha interpretato il dovere di mantenimento come espressione del più generale dovere di cura che tiene conto di tutte le esigenze, anche future, necessarie allo sviluppo psicologico e fisico della prole.

Ne consegue che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall'art. 147, obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all'aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all'assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione — fino a quando la loro età lo richieda — di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (Cass. n. 17089/2013). Tale principio trova conferma nel nuovo testo dell'art. 337-ter il quale, nell'imporre a ciascuno dei coniugi l'obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell'assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

Il dovere del mantenimento discende direttamente dalla legge ed è posto a presidio di situazioni meritevoli della più ampia tutela; ne consegue  che, in caso di conflitto familiare (separazione, divorzio etc.) la statuizione relativa alla fissazione di un assegno mensile per il mantenimento dei figli minorenni, non è soggetta al principio della domanda (Cass. n. 3206/2019).

L'obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori (Cass. n. 32529/2018).

Cass. n. 17183/2020 ha al riguardo specificato che il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.

Danno endofamiliare

L'obbligo dei genitori di educare e mantenere i figli (artt. 147 e 148) è eziologicamente connesso esclusivamente alla procreazione, prescindendo dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, così determinandosi un automatismo tra responsabilità genitoriale e procreazione, che costituisce il fondamento della responsabilità aquiliana da illecito endofamiliare, nell'ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore (Cass. n. 26205 /2013). Il presupposto di tale responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è costituito dalla consapevolezza del concepimento, che non si identifica con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, ma si compone di una serie di indizi univoci, quali, nella specie, la indiscussa consumazione di rapporti sessuali non protetti all'epoca del concepimento. La violazione dell'obbligo di avere cura dei figli può quindi ottenere tutela anche risarcitoria, atteso che l'ordinamento  accorda il risarcimento del danno cd. endofamiliare, arrecato cioè da un membro della famiglia ad altro e, nel caso di specie, da un  genitore al figlio. E' invero ormai pacifico che il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti dei figli integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli artt. 2 e 30 Cost. — oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento — un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell'illecito civile e legittima l'esercizio, ai sensi dell'art. 2059, di un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole (Cass. n. 3079/2015); v. anche Cass. n. 14382/2019 per cui la responsabilità del genitore per i danni subiti dal figlio, in conseguenza del suo inadempimento ai propri obblighi di mantenimento, istruzione, educazione ed assistenza, non può ritenersi esclusa o limitata dalla circostanza che anche l'altro genitore possa non avere correttamente adempiuto ai rispettivi doveri.

Misure  di coordinamento con l’autorità penale (cd. Codice rosso)

Per reprimere e prevenire il fenomeno della violenza domestica, il Legislatore è intervenuto con il cd. “Codice rosso”, ossia il corpus di interventi previsti dalla l. n. 69/2019 (“Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”). Per quanto qui di interesse, il Legislatore ha regolato i casi in cui sussiste una situazione di trasmissione obbligatoria di provvedimenti al giudice civile, introducendo l'art. 64-bis disp. att. c.p.p., modificato dal d.lgs. n. 149/2022. Questa disposizione prevede che: « 1. Quando procede per i reati commessi in danno del coniuge, del convivente, o di persona legata da una relazione affettiva, anche ove cessata, e risulta la pendenza di procedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi, allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, allo scioglimento dell'unione civile o alla responsabilità genitoriale, il pubblico ministero ne dà notizia senza ritardo al giudice che procede, salvo che gli atti siano coperti da segreto si cui all'art. 329 c.p.p.. Allo stesso modo provvede quando procede per reati commessi in danno di minori dai genitori, da altri familiari, o da persone comunque con loro conviventi, nonché da persona legata al genitore da una relazione affettiva, anche ove cessata ed è pendente procedimento relativo alla responsabilità genitoriale, al suo esercizio e al mantenimento del minore. 1bis. Nei casi di cui al comma 1, il pubblico ministero trasmette al giudice civile o al tribunale per i minorenni che procede copia delle ordinanze che applicano le misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, nonché copia dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e degli atti di indagine non coperti dal segreto di cui all'art. 329 del codice. Allo stesso giudice è altresì trasmessa copia della sentenza che definisce il processo o del decreto di archiviazione a cura della cancelleria. Queste misure realizzano un opportuno coordinamento tra l'autorità penale e quella civile, garantendo che  i canali decisori siano comunicanti, nell'interesse preminente dei bambini coinvolti.

Il cd. “ Alerts on children being at risk of abduction ” (segnalazioni per minori a rischio di sottrazione)

Dall'art. 147 nasce in capo a entrambi i genitori anche un obbligo di “condivisione” della responsabilità genitoriale: entrambi i genitori devono garantire al bambino un accesso sano ed equilibrato ad entrambe le figure genitoriali (v. artt. 337-ter ss.). In quest'ottica, viola lo statuto dei diritti del figlio il genitore che recida il legame parentale, in particolare con un comportamento che costituisca sottrazione internazionale o mancato rientro illecito. Il tema è molto avvertito anche a livello europeo al punto che, in tempi recenti, si registrano importanti innovazioni. Si fa riferimento, in particolare, al Regolamento (UE) 2018/1862 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del sistema d'informazione Schengen (SIS) nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale, che modifica e abroga la decisione 2007/533/GAI del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 1986/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2010/261/UE della Commissione. In questo strumento è inserito un art. 32 (Segnalazione di persone scomparse o persone vulnerabili a cui deve essere impedito di viaggiare) ove, per quanto qui di interesse, si prevede: “Su richiesta dell'autorità competente dello Stato membro segnalante, sono inserite nel SIS segnalazioni sulle seguenti categorie di persone: (…) c) minori a rischio di sottrazione da parte di un genitore, un familiare o un tutore a cui deve essere impedito di viaggiare; d) minori a cui deve essere impedito di viaggiare a causa di un rischio concreto ed evidente che siano fatti uscire dal territorio di uno Stato membro o che lo lascino e che i) diventino vittime della tratta di esseri umani, di matrimonio forzato, di mutilazione genitale femminile o di altre forme di violenza di genere; ii) diventino vittime dei reati di terrorismo o vi siano coinvolti; oppure iii) siano reclutati o arruolati in gruppi armati, ovvero costretti a partecipare attivamente ad ostilità. “La segnalazione di un minore di cui al paragrafo 1, lett. c), è inserita in seguito a una decisione delle autorità competenti, incluse le autorità giudiziarie degli Stati membri competenti in materia di responsabilità genitoriale, in caso di rischio concreto ed evidente che il minore possa essere fatto uscire in modo illecito e imminente dallo Stato membro in cui hanno sede le autorità competenti”.

Bibliografia

Avagliano, famiglia e accordi per la crisi, tra matrimoni, unioni civili e convivenze in Riv. not.  2017, 2, 251; Bargelli, L’autonomia privata nella famiglia legittima: il caso degli accordi conclusi in occasione o in vista del divorzio, in Riv. crit. dir. priv. 2001, 303 ss; Buffone, Misura alimentare e perequazione: le Sezioni Unite cercano di risolvere il “millennium problem” dell’assegno divorzile, in Giustiziacivile.com, 1 agosto 2018; Buffone , Volontaria Giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, Milano, 2012.; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015; Servetti, Le garanzie patrimoniali nella famiglia. Corresponsione diretta, sequestro, ipoteca, Milano, 2013.

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