Codice Civile art. 184 - Atti compiuti senza il necessario consenso (1).

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Atti compiuti senza il necessario consenso (1).

[I]. Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge [180 2] e da questo non convalidati [1444] sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell'articolo 2683 [1441].

[II]. L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto [2964] e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione [2643 ss.]. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso.

[III]. Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 63 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 55 della stessa legge, ha modificato l'intitolazione di questa Sezione e soppresso la suddivisione in paragrafi.

Inquadramento

La dottrina è orientata a ritenere che l'art. 184 stabilisca le conseguenze da ricollegare alla violazione delle regola secondo cui gli atti di straordinaria amministrazione devono essere compiuti congiuntamente dai coniugi (art. 180 comma 2).

L'orientamento della Suprema Corte è consolidato nel ritenere che, nei rapporti con i terzi, ciascun coniuge non ha diritto di disporre della propria quota ma può tuttavia disporre dell'intero bene comune, ponendosi il consenso dell'altro coniuge come negozio unilaterale autorizzativo diretto alla rimozione di un limite all'esercizio del diritto dispositivo sul bene (Cass. S.U., 17952/2007) la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o mobile registrato, si traduce in un vizio del negozio: l'ipotesi regolata dall'art. 184, comma 1, dunque, si riferisce non ad un caso d'acquisto inefficace perché a non domino, bensì ad un caso d'acquisto a domino in base ad un titolo viziato (Cass. n. 10653/2015).

L'acquisto effettuato in violazione dell'art. 184 non è pertanto inefficace nei confronti della comunione, ma solamente esposto all'azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l'esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell'atto ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione; ne consegue che, finché l'azione di annullamento non venga proposta, l'atto è produttivo di effetti nei confronti dei terzi (Cass. n. 25754/2018).

Beni immobili

Ai fini di verificare l'applicabilità o meno dell'art. 184, occorre fare riferimento al regime patrimoniale dei coniugi esistente al momento dell' atto dispositivo dei beni della comunione e non a quello del successivo scioglimento. La norma citata prevede una disciplina distinta in base alla natura del bene. Se si tratta di beni immobili o beni mobili registrati, gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili. Se non è da dubitare che fra gli atti dispositivi del patrimonio, al quale fa riferimento l'art. 184, rientra anche il contratto preliminare di vendita di bene immobile (Cass. n. 14093/2010), va considerato che la norma citata — al fine di tutelare la rapidità e la certezza della circolazione dei beni in regime di comunione legale — disciplina il conflitto tra il terzo ed il coniuge pretermesso in modo più favorevole (rispetto alla comunione ordinaria) al primo, con il regime degli effetti tendente alla conservazione del negozio; di conseguenza il contratto, in assenza del consenso del coniuge pretermesso non è inefficace né nei confronti dei terzi, né nei confronti della comunione, ma è solo soggetto alla disciplina dell'art. 184, comma 1, ed è solamente esposto all'azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente, nel breve termine prescrizionale entro cui è ristretto l'esercizio di tale azione, decorrente dalla conoscenza effettiva dell'atto, ovvero, in via sussidiaria, dalla trascrizione o dallo scioglimento della comunione (Cass. n. 12923/2012; Cass. n. 14093/2010; Cass. n. 16177/2001).

Beni mobili

Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli registrati, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione. Intervenuta, ai sensi dell'art. 184, comma 3, condanna — a carico di un coniuge autore di arbitrari atti di prelevamento di beni comuni — alla ricostituzione della comunione legale nello «status quo ante», l'altro coniuge ha diritto di agire «in executivis» sul patrimonio individuale del primo, non allo scopo di vendere i beni pignorati per soddisfarsi sul ricavato, bensì solo di ottenere la ricostituzione dell'originaria consistenza patrimoniale della comunione (Cass. n. 25625/2013).

E' atto di straordinaria amministrazione anche il conferimento ex art. 2253 di un bene immobile in società personale: ne consegue che ove il conferimento in parola sia posto in essere da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell'altro, si applica la disciplina dell'art. 184, comma 1 (Cass. n. 25754/2018). 

Azione

In caso di beni immobili o beni mobili registrati, l'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso. Quella prevista dall'art. 184 è una prescrizione e non una decadenza (Cass. n. 1279/1996). La regola di cui all'art. 184 — che, con riferimento agli atti di disposizione di beni immobili o mobili registrati, dispone la prescrizione annuale dell'azione di annullamento, senza deroga alcuna — è speciale rispetto alla regola generale di cui all'art. 1442, riguardante la prescrizione quinquennale dell'azione di annullamento del contratto e la corrispondente imprescrittibilità' della relativa eccezione; pertanto, il principio «quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum» non è applicabile, neppure in via analogica, ai casi previsti dall'art. 184 in materia di comunione legale tra coniugi (Cass. n. 16099/2003). All'azione proposta a norma dell'art. 184 è però applicabile la disposizione dell'art. 1445, che fa salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento anche in pregiudizio dei diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede. Quella prevista dall'art. 184 è infatti un'azione di annullamento (Corte cost. n. 311/1988); e per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, deve ritenersi applicabile la disciplina generale dell'azione di annullamento dei contratti (Cass. S.U., n. 22755/2009). L'art. 184, come l'art. 1445, si riferisce infatti a un caso di invalidazione dell'atto di acquisto del terzo per vizio del titolo del suo dante causa. E non rileva il fatto che il vizio del titolo del dante causa dipende nel caso dell'art. 184 da un'azione di accertamento, nel caso dell'art. 1445 da altra azione di annullamento. Sicché deve ritenersi che, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento della comunione legale non è opponibile al terzo acquirente di buona fede.

Bibliografia

Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

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