Codice Civile art. 193 - Separazione giudiziale dei beni (1).Separazione giudiziale dei beni (1). [I]. La separazione giudiziale dei beni può essere pronunziata in caso di interdizione o di inabilitazione [414 ss.] di uno dei coniugi o di cattiva amministrazione della comunione. [II]. Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro [148]. [III]. La separazione può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale rappresentante. [IV]. La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui è stata proposta la domanda ed ha l'effetto di instaurare il regime di separazione dei beni regolato nella sezione V del presente capo, salvi i diritti dei terzi. [V]. La sentenza è annotata a margine dell'atto di matrimonio [107 2] e sull'originale delle convenzioni matrimoniali [162, 2647]. (1) Articolo così sostituito dall'art. 72 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 55 della stessa legge, ha modificato l'intitolazione di questa Sezione e soppresso la suddivisione in paragrafi. InquadramentoL'art. 193 disciplina una causa di cessazione della comunione legale e si distingue dalle altre per la sua natura giudiziale: la separazione dei beni, infatti, consegue a una domanda della parte in tal senso. La separazione dei beni pronunciata giudizialmente non incide sui rapporti personali tra i coniugi. Le cause che legittimano la separazione giudiziale dei beni sono tassative: lo stato di interdizione, lo stato di inabilitazione, la cattiva amministrazione dei beni della comunione. Si tratta di ipotesi in cui, peraltro, si registra coincidenza con le cause che consentono l'esclusione dall'amministrazione ex art. 183: la dottrina coordina i due rimedi predicando la possibilità di scelta, in capo al coniuge interessato, tra lo strumento dell'esclusione e quello della separazione dei beni. Ai sensi dell'art. 193 comma 2, la separazione dei beni può anche essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni mette in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro. Le norme hanno avuto scarsissima applicazione in concreto. Regime giuridicoLa disposizione in esame non richiede quale presupposto della separazione giudiziale dei beni, la persistenza della convivenza tra i coniugi, ma soltanto la mera qualità di «coniuge» del soggetti nei cui confronti la pronuncia della separazione giudiziale dei beni deve operare; e la prevede nel comma 1 per cause oggettive dipendenti da specifici eventi esterni alla loro volontà, o dalla «cattiva amministrazione della comunione; mentre nel comma successivo la collega esclusivamente a cause soggettive riguardanti un coniuge ed al fatto che il di lui comportamento, tipizzato dal legislatore, risulti pregiudizievole agli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia (Cass. n. 12293/2005); perciò ritenendo del tutto irrilevante in ciascuna delle fattispecie considerate la prosecuzione della convivenza o la pendenza di un giudizio di separazione tra di essi. E questa assoluta indipendenza tra separazione giudiziale dei beni e prosecuzione della convivenza trova del resto conferma, proprio nelle disposizioni sul regime patrimoniale tra i coniugi di cui agli art. 159 e segg., che consentono loro, da un lato, di mantenere il regime della comunione legale (art. 161 e 163), pur durante il giudizio di separazione personale (almeno sino allo scioglimento della comunione ex lege), per converso, di porvi fine malgrado il perdurare della convivenza e l'assenza di crisi nella vita della famiglia, mediante la modifica di detto regime e la scelta di quello della separazione dei beni (art. 162). Sulla scorta di queste considerazioni, l'indirizzo classico di giurisprudenza è il seguente: la separazione giudiziale dei beni» ex art. 193, causa di scioglimento della comunione legale dei beni tra coniugi, non è preclusa dalla pendenza del giudizio di separazione personale tra gli stessi coniugi, né dall'avvenuta pronuncia dei provvedimenti temporanei ed urgenti. Questo predicato va, però, ora riesaminato alla luce dell' art. 191, come modificato dalla l. n. 55/2015. Infatti, la pronuncia dei provvedimenti temporanei all'esito dell'udienza di comparizione. comporta, ora, la cessazione del regime patrimoniale della comunione legale: non ha più senso, quindi, da quel momento in poi, la richiesta giudiziale ex art. 193 per pervenire a un effetto già realizzatosi ope legis. ProcedureIn caso di separazione giudiziale dei beni gli effetti dello scioglimento della comunione retroagiscono al giorno in cui è stata proposta la domanda, secondo quanto espressamente prevede il comma quarto dell'art. 193, il quale, così disponendo, deroga al principio in forza del quale, allorché la pronuncia del giudice ha, come nella specie, valenza costitutiva, gli effetti di tale sentenza non possono prodursi se non dal passaggio in giudicato (Cass. n. 2844/2001). BibliografiaCian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |