Codice Civile art. 256 - Irrevocabilità del riconoscimento (1) (2).Irrevocabilità del riconoscimento (1) (2). [I]. Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento [587 2] ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato [679]. (1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo le parole «Capo II. "Della filiazione naturale e della legittimazione"»; «Sezione I. "Della filiazione naturale» e la rubrica del paragrafo 1 «Del riconoscimento dei figli naturali» con le parole: «Capo IV. "Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio"». (2) Articolo così sostituito dall'art. 107 l. 19 maggio 1975, n. 151. InquadramentoIl riconoscimento è irrevocabile. Questa regola fondamentale si concilia con la natura del riconoscimento che è atto deputato a generare certezza giuridica e, dunque, a fondare un accertamento. La funzione verrebbe frustrata ove si consentisse di revocare il riconoscimento ad libitum. La regola della irrevocabilità opera anche là dove il riconoscimento sia incluso in un testamento. Regime giuridicoÈ controverso se il divieto di revoca del riconoscimento operi anche implicitamente per il caso del padre che, dopo l'atto di accertamento, impugni il suo stesso riconoscimento per difetto di veridicità. L'orientamento della giurisprudenza è nel senso che l'impugnazione del riconoscimento di figlio, per difetto di veridicità, da parte del suo autore a norma dell'art. 263, ancorché non richieda la sopravvenienza di elementi di conoscenza nuovi rispetto a quelli noti al momento del riconoscimento, non ne costituisce una revoca, di cui l'art. 256 sancisce il divieto, poiché l'autore che impugna il riconoscimento, è tenuto alla giudiziale dimostrazione della non rispondenza del riconoscimento al vero (Cass. n. 2269/1993). La Suprema Corte ha anche chiarito che l'impugnazione del riconoscimento di figlio naturale per difetto di veridicità, ai sensi dell'art. 263, è ammessa in ogni caso in cui il riconoscimento sia obiettivamente non veridico, a nulla rilevando eventuali stati soggettivi di buona o mala fede dell'autore del riconoscimento, e quindi anche nel caso in cui il riconoscimento stesso sia stato effettuato con la consapevolezza dell'altrui paternità (Cass. n. 5886/1991). TestamentoIl riconoscimento può essere contenuto anche in un testamento con l'effetto di essere efficace dalla morte del testatore. Il riconoscimento della paternità, contenuto in un testamento, ancorché inidoneo a costituire lo «status» di figlio naturale, per inefficacia derivante dalla circostanza che il testatore sia ancora in vita (art. 256), esprime un'ammissione del fatto procreativo, e, come tale, può essere utilizzato, quale elemento di convincimento, nella causa promossa per la dichiarazione giudiziale di detta paternità (Cass. n. 2646/ 1989). È bene precisare che l'efficacia del riconoscimento permane anche se il testamento viene revocato attesa la irrevocabilità del riconoscimento stesso. Il soggetto riconosciuto dal testatore come proprio figlio può, nel caso di contestazione di tale riconoscimento, ed al fine di far accertare il proprio stato di figlio del «de cuius», esperire l'azione per la declaratoria della validità di quel riconoscimento, ma non anche quella per la dichiarazione giudiziale di paternità, di cui agli artt. 269 — 279 (Cass. n. 10838/1997). BibliografiaAuletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |