Codice Civile art. 277 - Effetti della sentenza (1)Effetti della sentenza (1) [I]. La sentenza che dichiara la filiazione (2) produce gli effetti del riconoscimento [258 ss.]. [II]. Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per l'affidamento, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui [147] (3). (1) L’art. 7, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il Titolo, modificando la rubrica del Titolo (la precedente era «Della filiazione»), e sostituendo la rubrica del paragrafo 2 della sezione I del capo II del libro primo del codice civile «Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale», con: «Capo V. "Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità"» (2) L'art. 34, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha soppresso la parola «naturale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. (3) Comma così sostituito dall'art. 119 l. 19 maggio 1975, n. 151, e modificato dall'art. 34, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, che, dopo le parole: «che stima utili per» ha aggiunto: «l'affidamento». InquadramentoL'articolo recitava: “La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi. Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse. Il testo come oggi vigente, è il frutto delle modifiche apportate dall'art. 1, l. n. 219/2012 e dal d.lgs. n. 154/2013. La domanda è rivolta a conseguire uno status familiare mediante l'accertamento della filiazione nei confronti del presunto padre o della presunta madre (Sesta, 1078). Per il disposto dell'art. 276 la legittimazione passiva nella azione per la dichiarazione giudiziale di paternità spetta al presunto genitore o ai suoi eredi, salva la facoltà di contraddire per chiunque vi abbia interesse. Conseguentemente, la dichiarazione giudiziale fa stato esclusivamente nei confronti del padre, mentre l'identità della madre si pone nell'ambito di tale giudizio come un accertamento di fatto che può essere compiuto anche in via incidentale (Cass. n. 12187/1997). Per effetto della riscrittura dell'art. 276, in mancanza degli eredi, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso. Regime giuridicoL'art. 276 nella versione anteriore a quella attualmente vigente, stabiliva che la domanda per la dichiarazione di paternità o maternità potesse essere proposta esclusivamente nei confronti del presunto genitore e dei suoi eredi. Al contrario nell'azione di disconoscimento della paternità o maternità qualora il presunto padre o la madre o il figlio fossero morti, in mancanza di discendenti diretti, l'azione doveva essere proposta nei confronti di un curatore speciale nominato dal giudice. La differenza di regime giuridico nelle due azioni, rivolte entrambe a stabilire (o ristabilire) la verità degli status genitoriali e filiali aveva destato perplessità, anche sotto il profilo della compatibilità costituzionale rispetto ai parametri costituiti dagli artt. 3, 29 e 30 Cost., in larga parte della dottrina, ed aveva dato luogo ad orientamenti contrastanti, anche in sede di giurisprudenza di legittimità, composti con la pronuncia delle Cass. S.U., n. 21287/2005. Quest'ultimo arresto, peraltro, nell'escludere la legittimazione passiva degli «eredi degli eredi» alla luce del sistema normativo vigente, aveva osservato che la scelta legislativa evidenziava «un punto di debolezza e di perfettibilità dell'attuale disciplina rispetto alle sempre più avvertite esigenze di tutela dell'interesse del figlio naturale all'accertamento della genitorialità, anche per il profilo del suo diritto alla identità personale». La legittimità costituzionale dell'esclusione non veniva affrontata in concreto per difetto di rilevanza, non essendo stata richiesta, nel caso di specie, prima dell'instaurazione del giudizio, la nomina di un curatore speciale. Il quadro generale, preesistente all'entrata in vigore della l. n. 219/2012, si deve completare con il richiamo alle ordinanze della Corte cost. n. 379/2008, Corte cost. n. 80/2008 e Corte cost. n. 279/2009 nelle quali è stato sottolineato che la limitazione della legittimazione passiva contenuta nell'art. 276, previgente, costituisce un'opzione rientrante nella discrezionalità del legislatore. La norma è mutata per effetto dell'entrata in vigore, il 1 gennaio 2013, l. n. 219/2012. Nella nuova formulazione, l'art. 276, al comma 1, prevede «la domanda per la dichiarazione di paternità e maternità deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso». La Suprema Corte, per effetto della nuova disposizione, si è interrogata circa la sua applicabilità immediata ai processi pendenti, con la pronuncia Cass. n. 19790/2014. Al riguardo deve osservarsi che la l. n. 219/2012, non contiene soltanto i criteri per l'esercizio della delega ma anche alcune norme di applicazione diretta sia di carattere sostanziale che processuale. L'unica norma di diritto transitorio che contiene riguarda il differimento dell'applicabilità delle disposizioni di carattere processuale stabilite nell'art. 4, ai giudizi instaurati a decorrere dal 1 gennaio 2013. Deve, tuttavia, osservarsi che la norma di diritto transitorio del d.lgs. n. 154/2013, l'art. 104 d.lgs. n. 154/2013, contiene anche regole di diritto intertemporale riguardanti le norme sostanziali della l. n. 219/2012. Il principio sul quale ruota la disciplina di diritto transitorio contenuta nel citato art. 104 è costituito, in via generale, dall'applicabilità immediata delle nuove norme sostanziali salvo che i rapporti non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato prima della data di entrata in vigore della l. n. 219/2012 (1 gennaio 2013). La principale ricaduta pratica dell'adozione di tale criterio di diritto intertemporale è costituita dall'applicazione, anche ai rapporti preesistenti, dell'art. 74, che modifica radicalmente il rapporto di parentela giuridicamente rilevante, costituendo l'innovazione principale contenuta nella l. n. 219/2012. Il legislatore ha voluto favorire, rispetto alla stabilità dei rapporti preesistenti, l'adeguamento immediato e più esteso possibile (con il solo baluardo del giudicato) della nuova configurazione del rapporto di filiazione, dettata dall'innovato contesto normativo formato dalla l. n. 219/2012, e dal d.lgs. n. 154/2013. Tale opzione costituisce un'indicazione interpretativa preminente per la soluzione delle questioni di diritto intertemporale lasciate insolute dal regime speciale di diritto transitorio sopra delineato, sia con riferimento alla l. n. 219/2012, che al successivo decreto delegato. La nuova disciplina legislativa ha adeguato il regime giuridico della filiazione al canone costituzionale dell'uguaglianza, rimuovendo diversificazioni di situazioni giuridiche ritenute ingiustificate. A questo obiettivo si è inteso dare la più ampia applicazione, anche sotto il profilo diacronico, al fine di evitare, nei limiti dell'immutabilità del giudicato, che il mero fattore temporale potesse determinare differenze di trattamento costituzionalmente non più compatibili con i parametri degli artt. 2 e 3 Cost., trattandosi di diritti inviolabili della persona quali quello all'accertamento degli elementi costitutivi dell'identità personale. Alla luce di queste premesse, possono essere agevolmente esaminati i commi successivi dell'art. 104 d.lgs. n. 154/2013. In particolare, l'indagine deve rivolgersi al comma settimo del citato art. 104 secondo il quale «Fermi gli effetti del giudicato formatosi prima dell'entrata in vigore della l. n. 219/2012, le disposizioni del codice civile relative al riconoscimento dei figli, come modificate dalla medesima legge, si applicano anche ai figli nati o concepiti anteriormente all'entrata in vigore della stessa». Al riguardo, deve osservarsi che la l. n. 219/2012, come già osservato, contiene norme direttamente innovative del pregresso regime giuridico non soltanto per quanto riguarda l'adeguamento testuale delle singole disposizioni (mediante l'eliminazione dell'attributo «naturale» dopo il termine «figli»), successivamente completato con il d.lgs. n. 154/2013, ma anche con la rilevante modifica relativa al riconoscimento dei figli di persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado o di affinità in linea retta; con l'estensione degli effetti del riconoscimento ai parenti del genitore che ha proceduto al riconoscimento; nonché infine con la radicale innovazione dell'art. 276, con la quale si è consentito l'accertamento dello status filiale in sede di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità anche nell'ipotesi in cui sia morto non solo il presunto genitore ma anche i suoi eredi. Le innovazioni sopra illustrate presentano come elemento unificante la volontà legislativa di rimuovere gli ostacoli, i limiti ed i pregressi divieti all'accertamento della filiazione, in ossequio all'opzione legislativa di dare preminenza all'interesse del figlio verso la propria discendenza biologica, indipendentemente dalla natura del rapporto dal quale la filiazione è sorta e dal tempo trascorso dalla nascita o dal concepimento. Il fattore temporale e la stabilità dei rapporti, tuttavia, tornano ad assumere rilievo, per il legislatore della riforma, con riferimento alla proponibilità delle azioni rivolte all'effettivo accertamento degli status filiali da parte dei soggetti legittimati diversi dal figlio. Viene in tal modo protetto l'interesse del figlio alla conservazione delle situazioni preesistenti circoscrivendo temporalmente il diritto all'accertamento da parte degli altri legittimati ma, allo stesso tempo, per quest'ultimo il legislatore ha tendenzialmente cercato di rimuovere ogni impedimento all'esercizio dei diritti connessi alla filiazione e alla nuova configurazione della parentela. Il legislatore delegato, con l'art. 104, comma 7, ha espressamente esteso anche alle innovazioni normative di carattere sostanziale contenute nella legge delega, il principio della loro applicabilità immediata ai rapporti preesistenti. Al riguardo non deve trarre in inganno il riferimento testuale alle «disposizioni del codice civile relative al riconoscimento dei figli» al fine di ritenere che il comma trovi applicazione solo per le nuove norme contenute nel capo IV, del titolo VII del libro I, con esclusione dell'art. 276, perché contenuto nel successivo capo V. Il rinvio deve intendersi effettuato in senso ampio e non meramente testuale come riferito a tutte le norme sostanziali che hanno, peraltro coerentemente ed uniformemente, innovato la disciplina delle azioni relative agli status filiali, espandendo il diritto di agire in giudizio per il figlio. Peraltro, l'inclusione dell'art. 276, nell'ambito di applicazione dell'art. 104, comma 7, d.lgs. n. 154/2013, risulta l'unica costituzionalmente sostenibile, creandosi, nell'ipotesi una disparità di regime transitorio del tutto ingiustificata in quanto relativa soltanto a tale norma. Deve, inoltre, osservarsi che l'applicabilità della norma ai rapporti preesistenti non coperti da giudicato non può essere esclusa dalla pendenza di un giudizio. I rapporti sub judice costituiscono una rappresentazione tipica di situazioni giuridiche non coperte da giudicato. Al riguardo risulta del tutto superabile l'argomento testuale secondo il quale soltanto nell'art. 104, comma 6, è contenuto un espresso riferimento ai giudizi pendenti. La disposizione riguarda la petizione di eredità ed afferma l'estensione della nuova norma sulla parentela (art. 74) ai giudizi pendenti. L'adeguamento è imposto dalla volontà di estendere la legittimazione ad agire nelle azioni ex art. 533, anche ai giudizi pendenti, in considerazione della peculiarità e della tendenziale complessità dell'accertamento giurisdizionale proprio di tali giudizi, non dalla volontà legislativa d'individuare l'unica esclusiva ipotesi di estensione della novella ai giudizi pendenti. (Cass. 14577/2014). Questo richiamo, peraltro, come osservato, non incide sul significato univoco, sotto il profilo semantico e giuridico-formale dell'espressione «giudicato», da intendersi come diretto in via esclusiva a definire l'intangibilità di una decisione giudiziale e conseguentemente a richiamare univocamente la pendenza del procedimento, prima del suo formarsi (Cass. 14577/2014). Nessun rilievo, pertanto, riveste la questione della natura sostanziale o processuale dell'art. 276 L'applicabilità ai giudizi pendenti deriva come per le altre norme e disposizioni richiamate dall'art. 104, (riguardanti in particolare l'estensione dell'art. 74 ai diritti successori e alle azioni relative allo status filiationis) dall'individuazione legislativa dell'esclusivo limite applicativo costituito dal giudicato formatosi prima del 1/1/2013. All'interno di questo confine applicativo le nuove norme operano anche sui giudizi pendenti. Peraltro l'art. 276, così come le altre norme relative allo status filiationis richiamate nell'art. 104 sono sostanziali perché incidono direttamente sulla titolarità e l'esercizio dei diritti relativi ad esso ma si riverberano sulla legittimazione ad agire e sul regime temporale di esercizio delle azioni, così rivestendo una funzione di natura processuale. Peraltro l'esclusione dell'immediata applicabilità è stata prevista, come già osservato, solo per una specifica norma di natura esclusivamente processuale della l. n. 219/2012, in quanto relativa al nuovo assetto della competenza per materia tra tribunale ordinario e per i minorenni (art. 4 l. n. 219/2012). BibliografiaAuletta, Diritto di famiglia, Torino, 2014; Bianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Buffone, Le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014; Cian-Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Finocchiaro F., in Comm. S. B., artt. 84-158, Bologna-Roma, 1993; Jemolo, in La famiglia e il diritto, in Ann. fac. giur. Univ. Catania, Napoli, 1949, 57; Oberto, La comunione legale tra i coniugi, in Tr. C.M., Milano, 2010; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |