Codice Civile art. 337 sexies - Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza (1).

Giusi Ianni

Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza (1).

[I]. Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'articolo 2643.

[II]. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.

(1) Articolo inserito dall'art. 55, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

Inquadramento

Riprendendo la disciplina dettata dall'art. 155-quater, il nuovo art. 337-sexies regola l'assegnazione della casa familiare in caso di separazione o divorzio ovvero nell'ambito dei procedimenti riguardanti i figli nati fuori dal matrimonio, fissando la regola per cui il godimento va attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse della prole.

L'assegnazione della casa familiare

La ratio della regola posta dall'art. 337-sexies è quella di garantire la conservazione dell'«habitat» domestico dei figli minori (o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti: Cass. n. 23473/2020), pure a fronte di una situazione di conflittualità tra i genitori (Cass. n. 8580/2014; Cass. n. 24473/2015). Alla luce della predetta ratio la norma non si applica in presenza di figli economicamente autosufficienti, sebbene ancora conviventi con i genitori o uno di essi, verso cui non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione (Cass. n. 3015/2018).

L'assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, ricomprende non il solo immobile, ma anche i mobili, gli arredi, gli elettrodomestici ed i servizi, con l'eccezione dei beni strettamente personali che soddisfano esigenze peculiari dell'altro ex coniuge (Cass. n. 16691/2024).

La qualificazione giuridica di un immobile come "casa familiare", peraltro, postula, laddove non risulti in modo inequivoco che, prima del conflitto familiare, vi fosse una stabile e continuativa utilizzazione dello stesso da parte del nucleo costituito da genitori e figli, che la destinazione suddetta sia stata impressa dalle parti non solo in astratto (con l'acquisto in comunione), ma anche in concreto, mediante la loro convivenza nell'immobile (Cass. n. 3331/2016). 

La nozione di convivenza rilevante ai fini dell'assegnazione della casa familiare ex art. 337-sexies, a sua volta, comporta la stabile dimora del figlio, anche maggiorenne, presso la stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell'ipotesi di rarità dei ritorni, ancorché regolari, configurandosi in tal caso, invece, un rapporto di mera ospitalità (Cass. n. 16134/2019). Sussiste, ad esempio, l'ipotesi di convivenza rilevante agli effetti dell'assegnazione della casa familiare allorché il figlio maggiorenne non autosufficiente torni con frequenza settimanale presso la casa familiare (Cass. n. 23473/2020).

In linea di principio, quindi, qualora i figli minori vengano collocati in via preferenziale presso uno dei genitori, ovvero qualora uno dei genitori conviva con un figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, la casa familiare sarà assegnata a costui, indipendentemente dal titolo di proprietà (dell'assegnazione si terrà comunque conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, ove vi sia stata deroga al titolo di proprietà). L'assegnazione della casa familiare non può, invece, costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole, non potendosi, quindi, derogare al titolo proprietario in mancanza di figli minori o economicamente autosufficienti (Cass. n. 18440/2013). La ratio della disciplina giustifica la previsione secondo cui il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso in cui l'assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio (Cass. n. 19602/2023). Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono, comunque, trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell'art. 2643: tale disposizione, come chiarito dalla Suprema Corte, va interpretato nel senso che tanto il provvedimento di assegnazione quanto quello di revoca non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull'immobile in base ad un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione, il quale perciò può far vendere coattivamente l'immobile come libero (Cass. n. 7776/2016).

L'assegnazione della casa familiare, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell'ambiente domestico, indubbiamente costituisce un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, tant'è che di tale provvedimento il giudice deve tenere conto nella regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori: tale principio trova applicazione anche qualora il coniuge separato assegnatario dell'immobile ne sia comproprietario, perché il suo godimento del bene non trova fondamento nella comproprietà del bene, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre della propria quota dell'immobile e si traduce in un pregiudizio economico, anch'esso valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto (Cass. n. 9432/2023 ; Cass. 20858/2021). 

Come chiarito, poi, dalle Sezioni Unite, in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati, già adibito a casa familiare, l'attribuzione del cespite in proprietà esclusiva al coniuge assegnatario configura una causa automatica di estinzione del diritto di godimento di cui quest'ultimo è titolare, che, pertanto, non potrà avere alcuna incidenza sulla determinazione del conguaglio dovuto all'altro coniuge comproprietario dell'immobile, cui va conferito un valore economico pieno e corrispondente a quello venale di mercato (Cass. S.U. n. 18641/2022). Se, infatti, l'immobile in sede di divisione è attribuito al coniuge che non era assegnatario dello stesso quale casa coniugale, né affidatario della prole, si realizza una situazione comparabile a quella del terzo acquirente dell'intero, sicché, posto che continua a sussistere il diritto di godimento in capo all'altro coniuge, il coniuge non assegnatario diventerà titolare di un diritto di proprietà il cui valore dovrà essere decurtato dalla limitazione delle facoltà di godimento da correlare all'assegnazione dell'immobile al coniuge affidatario della prole, permanendo il relativo vincolo sullo stesso, con i relativi effetti pregiudizievoli derivanti anche dalla sua trascrizione ed opponibilità ai terzi ai sensi dell'art. 2643 c.c..

Il mutamento di residenza o di domicilio

In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto. L'attuale formulazione della norma è il frutto della riforma del 2013, mentre il vecchio art. 155-quater disponeva semplicemente che in caso di cambio di residenza da parte di uno dei coniugi l'altro avrebbe potuto chiedere la revisione dei provvedimenti sull'affido, ove il mutamento avesse interferito con la loro attuazione. L'obiettivo del legislatore è quello di evitare la vanificazione della regola dell'affido condiviso qualora un genitore faccia perdere le proprie tracce all'altro portando con sé la prole. La formulazione della nuova norma non è, tuttavia, certamente felice, in quanto essa sembrerebbe autorizzare il singolo genitore a trasferire liberamente la propria residenza o il proprio domicilio, purché — e questa sembra l'unica condizione richiesta — lo comunichi all'altro genitore, entro il termine perentorio di trenta giorni, pena una forma di responsabilità risarcitoria. Resta, quindi, il rischio di pregiudizio per il genitore non collocatario, ad esempio qualora l'altro genitore sposti a diversi kilometri di distanza la propria residenza, così rendendo più difficoltoso l'esercizio del diritto di visita da parte dell'altro genitore.

Va, comunque, rimarcato l'orientamento della Cassazione secondo cui può assumere rilevanza anche penale la condotta del genitore affidatario che ometta di informare il non affidatario, circa il luogo della propria dimora (Cass. pen. n. 33719/2010), o che si allontani dal domicilio stabilito, trasferendo la residenza del figlio minore in altro comune, recando così un impedimento all'esercizio e all'adempimento dei diritti doveri dell'altro genitore (Cass. pen. n. 33452/2014).

 

Bibliografia

Bellelli, I doveri del figlio verso i genitori nella legge di riforma della filiazione, in Dir. famiglia fasc.2, 2013, 645; Buffone, Le novità del «decreto filiazione», Milano, 2014, 1 e ss.; Collura-Zatti, Trattato di diritto di famiglia, Milano, 2012, 1449 e ss; Dogliotti, La filiazione fuori dal matrimonio, Milano, 2015, 197 e ss.; Figone, La riforma della filiazione e della responsabilità genitoriale, Torino, 2014, 1 e ss.; Montecchiari, La potestà dei genitori, Milano, 2006, 223 e ss; Ruscello, La potestà dei genitori. Usufrutto legale, Milano, 2010, 1 e ss.

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