Codice Civile art. 428 - Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere.Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere. [I]. Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore [1425 ss.; 613 c.p.]. [II]. L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente [1425 2]. [III]. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto [1442]. [IV]. Resta salva ogni diversa disposizione di legge [120, 591 n. 3, 775; 130 trans.]. InquadramentoLa norma regola le conseguenze del compimento di atti giuridici in stato di incapacità naturale. L'incapacità naturaleL'incapacità naturale è lo stato di fatto della persona che, benché non interdetta, sia, per qualsiasi causa, anche di natura transitoria, non in grado di intendere o volere al momento del compimento di un atto giuridicamente rilevante, unilaterale o bilaterale, a contenuto patrimoniale o non patrimoniale, inter vivos o mortis causa (ad esempio, per infermità mentale, ma anche per ubriachezza, alterazione da sostanze stupefacenti, o altra causa transitoria che produca incapacità a consentire o a giudicare). Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza dell'incapacità di intendere e di volere, costituente — ai sensi dell'art. 428 — causa di annullamento del negozio, non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente la loro menomazione, tale comunque da impedire la formazione di una volontà cosciente, secondo un giudizio che è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato (Cass. n. 30126/2018 ; Cass. n. 16359/2017). Tuttavia, ove la domanda di annullamento abbia a oggetto un contratto di compravendita, implica vizio di motivazione della sentenza il fatto che il giudice di merito non abbia tenuto in alcuna considerazione il divario tra il prezzo di mercato e il prezzo esposto nel contratto, in quanto tale elemento, se accertato, costituisce un importante sintomo rivelatore della malafede dell'altro contraente. A sua volta, la sussistenza di un grave pregiudizio, sebbene non sia prescritta ai fini dell'annullamento del contratto per incapacità di intendere e di volere, ai sensi dell'articolo 428, comma 2, del Cc, a differenza dell'ipotesi del primo comma della stessa norma, costituisce indizio rivelatore dell'essenziale requisito della mala fede dell'altro contraente. Quest'ultima risulta o dal pregiudizio anche solo potenziale, derivato all'incapace, o dalla natura e qualità del contratto, e consiste nella consapevolezza che l'altro contraente abbia avuto della menomazione della sfera intellettiva o volitiva del contraente (Cass. 17381/2021) Il giudicato formatosi sull'insussistenza dell'incapacità naturale richiesta per l'annullamento contrattuale exart. 428 è comunque inopponibile nel giudizio volto a far dichiarare la nullità del medesimo contratto per circonvenzione di incapace, atteso che, mentre l'art. 428 richiede l'accertamento di una condizione espressamente qualificata di incapacità di intendere e di volere, ai fini dell'art. 643 c.p. è, invece, sufficiente che l'autore dell'atto versi in una situazione soggettiva di fragilità psichica derivante dall'età, dall'insorgenza o dall'aggravamento di una patologia neurologica o psichiatrica anche connessa a tali fattori o dovuta ad anomale dinamiche relazionali che consenta all'altrui opera di suggestione ed induzione di deprivare il personale potere di autodeterminazione, di critica e di giudizio (Cass. n. 10329/2016). L'incapacità naturale, in ogni caso, non incide sulla capacità processuale di cui all'art. 75 c.p.c. (Cass. n. 21507/2019). L'annullabilità degli atti compiuti dall'incapace naturaleL'atto negoziale (unilaterale o a contenuto non patrimoniale) posto in essere dal soggetto incapace di intendere o di volere è annullabile se lo stato di incapacità sussisteva al momento del compimento dell'atto e se ne è derivato un grave pregiudizio per l'autore. L'accertamento dell'idoneità dell'atto a recare grave pregiudizio al suo autore va effettuato con particolare rigore, avuto riguardo alla situazione di incapacità del soggetto, e sulla base di una valutazione "ex ante", nella quale occorre tenere conto di tutte le caratteristiche strutturali del negozio, idonee a disvelarne la potenzialità lesiva (Cass. n. 11272/2020). La prova dell'incapacità, comunque, non deve essere necessariamente riferita alla situazione esistente al momento in cui l'atto impugnato venne posto in essere, essendo possibile cogliere tale situazione da un quadro generale anteriore e posteriore al momento della redazione dell'atto, traendo da circostanze note, mediante prova logica, elementi probatori conseguenti (Cass. n. 7914/1990). Il pregiudizio, invece, è grave se gli effetti negativi incidano in modo significativo sulla sfera giuridica dell'incapace (o si traducano in una significativa perdita patrimoniale qualora si tratti di atti a contenuto economico). Il grave pregiudizio non è, invece, necessario, quando l'atto posto in essere dall'incapace è un testamento (art. 591, comma 2), nonché qualora l'incapacità riguardi uno dei coniugi ai fini dell'annullabilità del matrimonio (art. 120). Se, poi, l'atto impugnato è un contratto, ai fini dell'annullamento occorre provare, oltre allo stato di incapacità di uno dei contraenti al momento della stipula, anche la malafede dell'altro contraente, intesa come stato psicologico di conoscenza dell'altrui condizione di incapacità (Cass. n. 112/1982). Non è richiesto, invece, in questo caso, il grave pregiudizio per l'incapace che, tuttavia, ove in concreto verificatosi, ben può costituire un sintomo rivelatore della malafede dell'altro contraente (Cass. n. 19630/2023; Cass. n. 17583/2007). L'esercizio dell'azione di annullamento del contratto per incapacità di intendere e volere di uno dei contraenti, che sia successivamente deceduto, sebbene possa compiersi da parte di uno solo dei coeredi, anche in contrasto con gli altri, implica comunque il litisconsorzio necessario di tutti, giacché, come la sentenza di annullamento deve investire l'atto negoziale non limitatamente ad un soggetto, ma nella sua interezza, posto che esso non può essere contemporaneamente valido per un soggetto e invalido per un altro, così anche l'eventuale restituzione non può avvenire "pro quota" (Cass. n. 19807/2020).Una disciplina ancora più peculiare è dettata per la donazione posta in essere da soggetto in stato di incapacità naturale, per la cui annullabilità non si richiede né il grave pregiudizio per il donante né la malafede del donatario (art. 775). In presenza dei presupposti richiesti dall'art. 428, l'annullamento del negozio posto in essere dall'incapace può essere richiesto dall'incapace medesimo, dai suoi eredi o aventi causa, nel termine di cinque anni, comune a tutte le azioni di annullamento (art. 1442); termine che, tuttavia, decorre non dalla cessazione dello stato di incapacità (come è per l'incapacità legale, ai sensi del secondo comma dell'art. 1442), bensì dal giorno in cui l'atto o il contratto sono stati posti in essere. La prescrizione dell'azione non impedisce di far valere l'invalidità dell'atto in via di eccezione nel giudizio promosso per l'esecuzione dell'atto medesimo, secondo la disciplina generale di cui al quarto comma dell'art. 1442, applicabile anche in caso di atto invalido per incapacità naturale (Cass. n. 6755/2003). BibliografiaBonilini-Chizzini, L'amministrazione di sostegno, Padova, 2007, 1 e ss.; Buffone, Volontaria giurisdizione. Tutela dei soggetti deboli, Milano, 2012, 1 e ss.; Correnti, Fineschi, Frati, Gulino, Direttive anticipate di trattamento e amministrazione di sostegno: la corte di cassazione richiede lo stato d'incapacità attuale e non futuro, in Resp. civ. e prev., fasc. 2, 2014, 695; Jannuzzi, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2004, 319 e ss.; Tagliaferri, L' amministrazione di sostegno nell'interpretazione della giurisprudenza, Piacenza, 2010, 1 e ss. |