Codice Civile art. 459 - Acquisto dell'eredità.InquadramentoLa norma in commento sancisce per un verso il principio secondo cui per l'acquisto dell'eredità occorre l'accettazione (anche se il chiamato è un legittimario: Cass. n. 2408/1972; ma non per lo Stato, che, ai sensi dell'art. 586, in mancanza di altri successibili, acquista l'eredità di diritto, senza bisogno di accettazione e senza poter rinunciare) e, per altro verso, quello della retroattività dell'acquisto della qualità di erede al momento dell'apertura della successione (ossia alla morte del soggetto), di modo che il fenomeno successorio dal de cuius all'erede si realizza senza soluzione di continuità: si trova in proposito affermato che «l'accettazione si considera avvenuta nel medesimo istante della delazione, sì che il tempo trascorso è tamquam non esset, il che è qualcosa di più della semplice retroattività» (Cass. n. 15397/2000). Questo principio è inderogabile, non potendo né il de cuius né il chiamato stabilire che gli effetti dell'acquisto dell'eredità si producano in un momento diverso. Sotto il primo aspetto, l'accettazione, quale manifestazione di volontà diretta al conseguimento della qualità di erede, segna un fondamentale tratto differenziale tra la successione a titolo universale e quella a titolo particolare, giacché, secondo l'art. 649, non è richiesta accettazione al legatario per conseguire l'acquisto del legato. L'atto di accettazione ha natura negoziale, unilaterale (Cass. n. 6890/1994, ove si chiarisce che, non essendo essa riconducibile nello schermo negoziale dell'atto traslativo della proprietà, non costituisce titolo idoneo per l'usucapione abbreviata) e non recettizia (Cass. n. 3021/1969); essa, secondo l'art. 474, può essere espressa (art. 475) o tacita (art. 476); l'ordinamento contempla però ulteriori ipotesi di acquisto dell'eredità che non consistono in una accettazione vera e propria — ossia in una espressa manifestazione di volontà ovvero in un univoco comportamento concludente —, ma che il legislatore ha tipizzato, ricollegando l'acquisto ereditario, per effetto di un congegno legale, al realizzarsi di determinate fattispecie (art. 485, comma 2 e 3, che si riferisce al possessore dei beni ereditari che non compie l'inventario entro il termine previsto dalla legge; art. 527, che si riferisce al chiamato all'eredità che abbia sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità: v. Cass. n. 21348/2014; art. 586 che si riferisce all'acquisto dell'eredità da parte dello Stato). L'accettazione è atto irrevocabile, nel senso che dopo la sua effettuazione non è più possibile porre in essere la rinuncia, mentre effettuata la rinuncia, ex art. 525, è ancora possibile l'accettazione. Si tratta di actus legitimus, che non sopporta cioè l'apposizione di termine o condizione (v. art. 475, comma 2). Espressa o tacita, l'accettazione dell'eredità, implicando l'effettivo subingresso dell'erede nella totalità o in una parte frazionaria dell'universum ius costituente l'asse ereditario, prescinde dalla specificazione di singoli beni o rapporti, la cui sorte non può che essere regolata dalla legge o dalla volontà eventualmente manifestata dall'autore della successione (Cass. n. 6400/1984). Prova dell'accettazioneNon essendo l'acquisto della qualità di erede un automatico effetto della delazione, colui che agisce in giudizio nei confronti dell'asserito erede deve provare detta sua qualità e, dunque, l'intervenuta accettazione, senza che questa possa inferirsi, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, dalla mera chiamata all'eredità (Cass. n. 5101/1985; Cass. n. 1885/1988; Cass. n. 6479/2002; Cass. n. 3696/2003; Cass. n. 10525/2010; Cass. n. 5247/2018). L'interessato può avvalersi dell'actio interrogatoria prevista dall'art. 481 (Cass. n. 125/1983). Talvolta è stata addossato al chiamato l'onere di contestare la propria qualità di erede (Cass. n. 2331/1984). La prova dell'accettazione (espressa, tacita o ope legis) non soggiace ai limiti che concernono la prova del contratto: essa si colloca sul terreno dei fatti (Cass. S.U. , n. 454/1973). Per converso, chi agisce in giudizio nella propria qualità di erede deve allegare idonea documentazione di tale sua qualità. È stato a volte ritenuto sufficiente l'atto di notorietà (Cass. n. 5730/1978); altre volte si è detto che esso possiederebbe un rilievo meramente indiziario (Cass. n. 29830/2011). Inoltre, colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell'art. 2697, oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede; a tale riguardo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445/2000), non costituisce prova idonea, dovendo tuttavia il giudice, ove la stessa sia prodotta, adeguatamente valutare il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della predetta qualità di erede e, nell'ipotesi affermativa, al grado di specificità di tale contestazione (Cass. S.U., n. 12065/2014). Secondo Cass. n. 22223/2014, Cass. n. 6745/2018 , opererebbe nei riguardi della qualità di erede il principio di non contestazione. Secondo Cass. n. 16814/2018 la produzione del certificato di stato di famiglia unitamente all'allegazione della qualità di erede fa presumere l'accettazione. BibliografiaAlbanese, Il tempo e il luogo di apertura della successione, in Vita not. II, 2008, 405; Ballarino, Il nuovo regolamento europeo sulle successioni, in Riv. dir. int. 2013, 1116; Bonilini (a cura di), Trattato di diritto delle successioni e donazioni. I. La successione ereditaria, Milano 2009; Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; Cuffaro e Delfini (a cura di), Delle successioni, I, in Comm. c.c. diretto da Gabrielli, Torino, 2010; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Vidiri, La decorrenza del termine di prescrizione del diritto di accettazione dell'eredità: una problematica da sempre discussa, in Giust. civ. 2013, I, 2517 |