Codice Civile art. 470 - Accettazione pura e semplice e accettazione col beneficio d'inventario.Accettazione pura e semplice e accettazione col beneficio d'inventario. [I]. L'eredità può essere accettata [459, 2648, 2685] puramente e semplicemente [475, 476] o col beneficio d'inventario [484 ss.]. [II]. L'accettazione col beneficio di inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore [634]. InquadramentoIl congegno della successione a causa di morte si mette in moto con l'apertura della successione, cioè con la morte del de cuius, ai sensi dell'art. 456. L'apertura della successione, quindi la morte del soggetto, determina la delazione dell'eredità, ossia l'offerta del patrimonio ereditario al chiamato, la quale può attuarsi, secondo l'art. 457, per legge o per testamento. L'apertura della successione e la delazione dell'eredità, tuttavia, non determinano da sole l'acquisto della qualità di erede in capo al soggetto chiamato a succedere. Il codice civile del 1942, all'art. 459, stabilisce infatti che l'eredità si acquista con l'accettazione. Emerge, qui, una radicale differenza dai sistemi giuridici franco-germanici, che accolgono il principio della saisine, che consiste approssimativamente nell'automatico subingresso del chiamato nella titolarità del patrimonio del de cuius, salva la facoltà di rinunzia. L'apertura della successione e la delazione costituiscono dunque semplici presupposti dell'accettazione, i quali danno luogo ad una situazione di natura preliminare e preparatoria rispetto all'acquisto dell'eredità attraverso l'accettazione (Ferri, in Comm. S.B., 238). L'accettazione, quale manifestazione di volontà diretta al conseguimento della qualità di erede, segna anzitutto un fondamentale tratto differenziale tra la successione a titolo universale e quella a titolo particolare, giacché non è richiesta accettazione al legatario per conseguire l'acquisto del legato. L'accettazione può essere espressa o tacita (art. 474). L'art. 475 c.c. considera anzitutto l'accettazione espressa, consistente in una dichiarazione di volontà, per l'appunto espressa, volta ad adire l'eredità. Entro l'ambito dell'accettazione espressa si distinguono, ai sensi dell'art. 470, l'accettazione pura e semplice e quella — che non può per definizione presentarsi quale accettazione tacita, richiedendo l'espletamento di specifiche formalità — con beneficio di inventario: l'una comporta la confusione del patrimonio ereditario con il patrimonio dell'accettante; l'altra comporta che i due patrimoni rimangano separati, con la conseguente limitazione di responsabilità dell'erede per i debiti ereditari entro i limiti del patrimonio del de cuius. È pacifica in dottrina l'affermazione che l'accettazione espressa costituisca un atto di natura negoziale (Ferri, in Comm. S.B., 238). Si tratta di un negozio unilaterale (Cass. n. 3021/1969; Cass. II, n. 19711/2020) nonché di un atto tra vivi in quanto destinato a produrre i suoi effetti durante la vita del soggetto che ne è autore. L'accettazione espressa è poi atto non recettizio (Cass. n. 3021/1969) in quanto la relativa dichiarazione non è diretta ad un destinatario dal quale debba essere conosciuta o conoscibile per essere produttiva di effetti. Ciò non toglie che detta dichiarazione debba essere emessa dal dichiarante e cioè fatta uscire dalla sua sfera affinché si possa prenderne conoscenza (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 255). Non si tratta di atto personalissimo, nel senso che debba essere compiuto direttamente dall'interessato: da ciò deriva che può farsi sia per il tramite di rappresentante legale come prevede la legge (ad es. art. 320) sia per tramite di rappresentante volontario cui sia stata conferita procura nelle stesse forme richieste per l'accettazione medesima (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 255). Accanto all'accettazione espressa, poi, il legislatore conosce un altro modo di accettazione dell'eredità, necessariamente senza beneficio di inventario, qualificato dall'art. 476 come accettazione tacita: accettazione, cioè, che si realizza mediante fatti concludenti produttivi degli effetti dell'acquisto ereditario. L'acquisto tacito dell'eredità è possibile solo per le persone fisiche in ragione dell'incompatibilità di esso con l'accettazione con beneficio di inventario, dal momento che, ai sensi dell'art. 473, l'accettazione delle eredità devolute alle persone giuridiche non può farsi che col beneficio d'inventario (da ult. Cass. n. 9514/2017). Con le due forme menzionate di accettazione, espressa e tacita, l'ordinamento contempla ipotesi di acquisto dell'eredità che non consistono in una accettazione vera e propria — ossia in una espressa manifestazione di volontà ovvero in un univoco comportamento concludente —, ma che il legislatore ha tipizzato, ricollegando l'acquisto ereditario, per effetto di un congegno legale, al realizzarsi di determinate fattispecie. Tali figure di accettazione ope legis sono disciplinate: i) anzitutto dall'art. 485, commi 2 e 3, che si riferisce al possessore dei beni ereditari che non compie l'inventario entro il termine previsto dalla legge; ii) dall'art. 527 che si riferisce al chiamato all'eredità che abbia sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità (Cass. n. 21348/2014); iii) dall'art. 586 che si riferisce all'acquisto, da parte dello Stato, dell'eredità in mancanza di altri successibili. L'accettazione è atto irrevocabile, nel senso che dopo la sua effettuazione non è più possibile porre in essere la rinuncia, mentre effettuata la rinuncia, ex art. 525 è ancora possibile l'accettazione. Si tratta di actus legitimus (Ferri, 238) che non sopporta cioè l'apposizione di termine o condizione. Espressa o tacita che sia, l'accettazione dell'eredità, implicando l'effettivo subingresso dell'erede nella totalità o in una parte frazionaria dell'universum ius costituente l'asse ereditario, prescinde dalla specificazione di singoli beni o rapporti, la cui sorte non può che essere regolata dalla legge o dalla volontà eventualmente manifestata dall'autore della successione (Cass. n. 6400/1984). LegittimatiSono legittimati ad accettare non soltanto i chiamati destinatari di una delazione attuale, ma anche per i chiamati in subordine (Ferri, in Comm. S.B., 240). Anche in giurisprudenza si osserva che, qualora sussista una pluralità di designati a succedere in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore dei primi chiamati e dei chiamati ulteriori, con la conseguenza che questi ultimi, in pendenza del termine di accettazione dell'eredità per i primi chiamati, sono abilitati ad esercitare un'accettazione (espressa o tacita) valida, ma con efficacia subordinata al venir meno, per rinuncia o prescrizione — eventi che configurano una condicio iuris — del diritto dei primi chiamati (Cass. n. 8737/1993; Cass. n. 9286/2000; Cass. n. 2743/2014). Può inoltre come si diceva accettare colui che abbia già rinunciato all'eredità, nei limiti previsti dall'art. 525. Per effetto dell'abrogazione dell'art. 600 anche gli enti non riconosciuti possono accettare senza necessità del previo riconoscimento. Può accettare il negotiorum gestor (Cass. n. 5227/1977; Ferri, 245). Si esclude l'accettazione da parte del creditore che agisca in surrogatoria, essendo la relativa tutela circoscritta all'impiego dell'actio interrogatoria (art. 481) nonché all'eventuale impugnazione della rinunzia all'eredità del chiamato, ai sensi dell'art. 524 (Cicu, in Tr. C. M., 165). Il curatore fallimentare può con autorizzazione accettare l'eredità devoluta al fallito (art. 35 r.d. n. 267/1942). Nullità del divieto di accettare con beneficio d'inventarioL'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario evidenzia un atteggiamento di sfiducia del chiamato nei riguardi del de cuius, sicché il legislatore si è rappresentato l'eventualità che il testatore inserisca nel testamento una clausola con la quale sia prevista l'accettazione pura e semplice dell'eredità. Una simile clausola è però radicalmente nulla, ai sensi della norma in commento, ed in ossequio ad un principio generale secondo cui la devoluzione dell'eredità si svolge secondo regole non modificabili dai privati (Ferri, in Comm. S. B., 249). Trova applicazione in materia la regola sabiniana (vitiatur sed non vitiat) ex art. 634. In applicazione della previsione in discorso la giurisprudenza ha ritenuto la nullità della disposizione che impone all'erede il pagamento integrale dei legati o dei debiti ereditari, o che condiziona l'efficacia della accettazione a tale pagamento (Cass. n. 2961/1966). TrascrizioneL'accettazione di eredità va trascritta ai sensi dell'art. 2648. Trattasi di trascrizione finalizzata non già a dirimere conflitti secondo la previsione dell'art. 2644, bensì ad assicurare la continuità delle trascrizioni ai sensi dell'art. 2650. BibliografiaAndrioli, Fallimento (dir. priv. e dir. proc. civ.), in Enc. Dir, XVI, Milano, 1967, 405; Busani, L'accettazione ereditaria del fallito, in Fall. 1992, 1176; Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; D'Auria, Sull'atipicità dell'atto di fondazione istituita per testamento, in Riv. dir. civ. 2009, 737; De Nova, Novelle e diritto successorio: l'accettazione di eredità beneficiata degli enti non lucrativi, in Riv. not. 2009, 1; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, Torino, 1961; Montanari, Fallimento e vicende successorie per causa di morte relative all'imprenditore assoggettato alla procedura, in Fam. pers. e succ. 2008, 833; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Onofri, Riflessi di diritto successorio dell'amministrazione di sostegno, in Riv. not. 2005, 880; Padovini, Per l'abrogazione dell'art. 473 del codice civile: una proposta, in Riv. not. 2009, 737; Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. c.c., diretto da De Martino, Roma, 1981; Ricci, Lezioni sul fallimento, II, Milano, 1998. |