Codice Civile art. 480 - Prescrizione.

Mauro Di Marzio

Prescrizione.

[I]. Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni [2946].

[II]. Il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione [456] e, in caso d'istituzione condizionale [633 ss.], dal giorno in cui si verifica la condizione. In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa (1).

[III]. Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno.

(1) L'art. 69, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha, in fine al comma, aggiunto l'ultimo periodo. Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

Inquadramento

La norma in commento stabilisce al comma 1 che il diritto di accettare l'eredità (non il legato, che si acquista automaticamente: Cass. n. 13036/1991) si prescrive in dieci anni dal giorno dell'apertura della successione: perché si abbia prescrizione occorre che il chiamato non si trovi in una delle situazioni che comportano automaticamente l'acquisto della qualità di erede (v. artt. 481, 485, 487). Aggiunge il comma 2 che il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione e, in caso d'istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione. Il termine, secondo il comma 3, non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno.

Alla luce di una argomentata tesi il termine previsto dal comma 1 dovrebbe essere considerato come termine di decadenza e non di prescrizione, nonostante la lettera delle legge (Cicu, in Tr. C. M., 168; Ferri, in Comm. S.B., 304).

L'opinione della giurisprudenza, rispettosa del dato letterale, è, all'opposto, nel senso che «il termine stabilito dall'art 480 per l'accettazione della eredità ha carattere prescrizionale» (Cass. n. 2091/1974; Cass. n. 10338/1998; Cass. n. 263/1996 ; da ult. Cass. II, n. 15664/2020). Ne deriva, tra l'altro, che un chiamato all'eredità può acquistare la qualità di erede per accettazione espressa o tacita dell'eredità anche dopo il decorso del termine di prescrizione decennale del diritto di accettare l'eredità di cui al comma 1 dell'art. 480 c.c., quando nessuno degli interessati sollevi tempestivamente l'eccezione di prescrizione (Cass. II, n. 12646/2020).

Per conseguenza, nelle cause di scioglimento della comunione ereditaria, legittimati passivi sono anche i chiamati il cui diritto di accettare non sia stato dichiarato prescritto, poiché la sola constatazione del decorso del termine decennale di cui al comma 1 dell'art. 480 non basta a produrre l'effetto estintivo del diritto di accettare l'eredità, in quanto questo deve essere sempre accertato nel contraddittorio di tutte le parti interessate, dovendo l'atto con cui si solleva l'eccezione di prescrizione, per il suo carattere recettizio, essere partecipato al titolare del diritto, in modo da loro consentire la facoltà di dimostrare il contrario, per effetto dell'interruzione del termine o dell'avvenuta accettazione, tacita o espressa (Cass. 39340/2021).

Nondimeno, è inapplicabile la disciplina concernente le cause di interruzione della prescrizione sono, in dottrina, non soltanto secondo i sostenitori della tesi della decadenza, anche secondo gli aderenti alla tesi del carattere prescrizionale (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 143): ed infatti l'interruzione per effetto dell'esercizio del diritto (art. 2943) comporta l'acquisto della eredità e quindi l'estinzione del diritto; l'interruzione per riconoscimento non è configurabile in mancanza di un soggetto nei confronti del quale il diritto possa essere fatto valere.

In giurisprudenza v. Cass. n. 6099/1993. Neppure è applicabile la sospensione per rapporto tra le parti (art. 2941), non essendo detti rapporti configurabili. Si ritiene invece applicabile la sospensione prevista dall'art. 2942, n. 1, in forza della quale la prescrizione rimane sospesa contro i minori non emancipati e gli interdetti per infermità di mente.

Il verificarsi della prescrizione ha luogo indipendentemente dal titolo della vocazione e, in particolare, della scoperta di un testamento del quale non si aveva contezza. Opera in tal caso il principio secondo cui il vigente ordinamento non contempla due distinti ed autonomi diritti di accettazione dell'eredità derivanti l'uno dalla devoluzione testamentaria e l'altro da quella legittima, ciascuno soggetto ad un proprio termine di prescrizione, ma prevede un unico diritto d'accettazione, che, se non viene fatto valere, si prescrive nel termine di 10 anni decorrente dal giorno dell'apertura della successione (Cass. n. 5666/1988). Neppure incide sulla decorrenza del termine la scoperta dell'esistenza dell'asse di taluni beni (Cass. n. 4695/2017).

Chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo all'eredità, può far valere la prescrizione del diritto di accettare l'eredità, a norme dell'art. 480, mancando in proposito limitazioni normative di alcun genere (Cass. n. 1596/1979). Pertanto, la relativa eccezione può essere opposta al chiamato all'eredità dal convenuto che sia nel possesso dei beni ereditari, senza che sia necessario che si sia compiuta a suo favore l'usucapione (Cass. n. 9901/1995; Cass. n. 243/1995;  Cass. n. 9980/2018).

In caso di pluralità di interessati ad eccepire la prescrizione, l'eccezione formulata da uno di essi opera anche nei confronti degli altri che pure vi abbiano rinunciato, dato il carattere unitario ed inscindibile della situazione soggettiva del chiamato all'eredità (Cass. n. 178/1996; Cass. n. 5633/1987).

Quantunque si tratti di termine di prescrizione, esso non è sottoposto al congegno di interruzione della prescrizione per effetto di costituzione in mora. Difatti, gli atti interruttivi della prescrizione riconducibili alla previsione dell'art. 2943, comma 4, consistono in atti ricettizi, con i quali il titolare del diritto manifesta al soggetto passivo la sua volontà non equivoca, intesa alla realizzazione del diritto stesso; essi, pertanto, possono produrre tale effetto limitatamente ai diritti ai quali corrisponde nel soggetto passivo un dovere di comportamento e non anche per i diritti potestativi, ai quali fa riscontro una situazione di mera soggezione, anziché di obbligo, nel soggetto controinteressato, come per il diritto di accettare l'eredità da parte del chiamato, anche nel caso in cui sia richiesta l'accettazione con beneficio d'inventario, ex art. 473 (Cass. n. 6099/1993). La prescrizione del diritto di accettare l'eredità è rinunciabile (Cass. n. 263/1996).

Incombe sul coerede chiamato all'eredità, nei cui confronti un altro coerede abbia eccepito la prescrizione del diritto ad accettarla, l'onere di dimostrare di avere invece esercitato quel diritto con atti idonei a manifestarne la volontà (Cass. n. 622/1999).

La riforma concernente lo stato unico di filiazione ha stabilito che in caso di accertamento giudiziale di essa il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la medesima.

La decorrenza per i chiamati ulteriori

Rilievo decisivo riveste la questione della decorrenza del termine decennale dettata dalla norma anche per i chiamati ulteriori. Qualora sussista una pluralità di designati a succedere, per legge, in ordine successivo, è controverso se si realizzino più delazioni successive, ovvero un'unica simultanea delazione nei confronti sia dei primi chiamati che dei chiamati ulteriori.

La S.C., in argomento, ha decisamente preso posizione per quest'ultima soluzione, affermando che, in caso di pluralità di chiamati per legge in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore sia dei primi chiamati che dei chiamati in subordine, sebbene la posizione degli uni, quanto a pienezza di effetti, non coincida con quella degli altri. In breve, secondo questa impostazione, i primi chiamati sono investiti immediatamente del diritto di accettare l'eredità; i chiamati ulteriori si vedono per contro riconosciuta, in attesa delle determinazioni dei chiamati in grado poziore, la titolarità di una situazione di tipo preliminare (Cass. n. 8737/1993; Cass. n. 9252/1993; Cass. n. 7073/1995; Cass. n. 9286/2000).

A fondamento del principio sta l'osservazione che l'art. 480, dopo aver disposto, al comma 1, che il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni ed aver precisato, al comma 2, che il termine decorre dall'apertura della successione, salvo che per l'istituito sub condicione, stabilisce, al comma 3, che il termine non corre per i chiamati ulteriori nel caso in cui vi sia stata accettazione da parte dei precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario sia venuto meno. Se ne deduce, secondo la S.C., che, al di fuori dell'ipotesi indicata — se, cioè, l'acquisto del primo chiamato rimanga travolto —, il termine di prescrizione corre anche per il chiamato ulteriore sin dal momento dell'apertura della successione. Nello stesso senso, la S.C. trae argomento dal dettato dell'art. 479, che, con riferimento al decorso del termine per la trasmissione del diritto di accettazione, non distingue tra i primi chiamati ed i chiamati ulteriori (da ult. Cass. n. 5152/2012). Da ciò discende la conseguenza che il chiamato ulteriore è «abilitato ad esercitare, in pendenza del termine di accettazione per i primi chiamati, una accettazione (espressa o tacita) valida, ma con efficacia subordinata al venire meno, per rinunzia o prescrizione, del diritto dei primi chiamati» (Cass. n. 8737/1993).

La mancanza dell'accettazione da parte dei chiamati ulteriori dispiega effetti sulle iniziative che essi possono intraprendere nei confronti dei primi chiamati, Così, dalla prescrizione del diritto ad accettare l'eredità degli ulteriori chiamati deriva la prescrizione del diritto a chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria per inadempimento del modus da parte dei primi eredi chiamati (Cass. n. 10338/1998).

Bibliografia

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