Codice Civile art. 481 - Fissazione di un termine per l'accettazione.

Mauro Di Marzio

Fissazione di un termine per l'accettazione.

[I]. Chiunque vi ha interesse può chiedere che l'autorità giudiziaria fissi un termine [749 c.p.c.] entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all'eredità [519 ss., 650]. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare [488, 650, 2964].

Inquadramento

Il diritto di accettare l'eredità, secondo l'art. 480, si prescrive in dieci anni, ed il termine decorre, per regola generale, dal giorno dell'apertura della successione. È dunque possibile che l'eredità rimanga acefala (si tratterà di una situazione di giacenza: art. 528), in attesa dell'accettazione, per tutto l'arco temporale del termine di prescrizione, ove esso possa trovare applicazione (il che non accade, tuttavia, se il chiamato è in possesso dei beni ereditari, nel qual caso deve deliberare sul da farsi entro il breve termine previsto dall'art. 485, ovvero se il chiamato non è in possesso dei beni ereditari, ma abbia fatto la dichiarazione di accettazione beneficiata senza erigere l'inventario oppure abbia eretto l'inventario senza poi fare la dichiarazione, con i conseguenti effetti previsti dall'art. 487).

La norma in commento consente dunque, ad istanza di chiunque vi abbia interesse, di fissare al chiamato all'eredità un termine entro il quale dichiarare se accetta o rinuncia all'eredità, con la conseguenza che, trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, egli perde il diritto di accettare. 

L 'ordinanza emessa in sede di reclamo avverso il provvedimento reso ai sensi degli artt. 481 c.c. e 749 c.p.c., con il quale si è dichiarata la decadenza del chiamato ad accettare l'eredità, non è ricorribile per cassazione (Cass. n. 24484/2022; Cass. n. 969/2022). 

Indubbio scopo dell'actio interrogatoria è allora l'abbreviazione del termine previsto dall'art. 480 (Cicu, in Tr. C.M., 168; Ferri, in Comm. S.B., 316). Ne segue che, non essendovi ormai più nulla da abbreviare, essa non potrà essere proposta decorso un decennio dall'apertura della successione. Parimenti, la perdita del diritto di accettare l'eredità, conseguente all'omessa dichiarazione nell'ambito dell'actio interrogatoria ex art. 481 c.c., è priva di effetti qualora sia precedentemente intervenuta l'accettazione tacita del chiamato, poiché quest'ultima è irrevocabile e comporta il definitivo acquisto della qualità di erede, in applicazione del principio semel heres, semper heres (Cass. n  1735/2024). Non è suscettibile di abbreviazione il termine di tre mesi dato al chiamato all'eredità in possesso dei beni, previsto dall'art. 485 (nel senso dell'inapplicabilità dell'istituto in esame al chiamato possessore Cicu, in Tr. C.M., 170; Natoli, 233; Ferri, in Comm. S.B., 319, con l'ulteriore specificazione secondo cui, qualora il possesso dei beni ereditari non possa determinare l'acquisto dell'eredità, come quando si tratti di minori o altri incapaci, non vi è ragione di escludere che l'actio interrogatoria venga proposta contro il chiamato possessore; in giurisprudenza Cass. n. 15587/2023).

Giurisprudenza e dottrina convengono nel qualificare come termine di decadenza quello fissato ai sensi dell'art. 481 (Cass. n. 4849/2012; Cass. n. 1393/1962; Cicu, in Tr. C.M., 168; Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 144; Ferri, in Comm. S.B., 316). Trattandosi di decadenza dal diritto di accettare e non di rinuncia all'eredità, non è pensabile l'applicazione dell'art. 525 dettato per la revoca della rinunzia.

Legittimazione attiva

Sono attivamente legittimati tutti coloro che vi hanno interesse.

Tra questi vanno anzitutto considerati i chiamati in subordine, a primaria tutela dei quali la norma è posta. Difatti, in caso di pluralità di chiamati in ordine successivo, si realizza una delazione simultanea a favore sia dei primi chiamati che dei chiamati ulteriori (v. sub art. 480), sicché questi ultimi possono validamente accettare l'eredità, ma l'efficacia dell'accettazione è subordinata al venir meno, per rinunzia o prescrizione, del diritto di accettare dei primi.

Dell'actio interrogatoria possono avvalersi i coeredi nei confronti dei quali operi il diritto di accrescimento di cui agli artt. 522 e 674 (Trib. Cagliari 23 novembre 2000).

Anche al legittimario leso, al fine di eliminare lo stato di incertezza, compete la possibilità di adire l'autorità giudiziaria ex art. 481 (Cass. n. 20644/2004).

Potranno certamente agire, poi, tanto i creditori ed i legatari del de cuius, quanto i creditori del chiamato all'eredità, tutti interessati ad essere soddisfatti dall'erede (Ferri, in Comm. S.B., 318). Allo stesso modo, potrà agire il beneficiario dell'onere apposto alla disposizione testamentaria.

Si ritiene che legittimato a ricorrere all'actio interrogatoria siano l'esecutore testamentario ed il curatore dell'eredità giacente (Ferri, in Comm. S.B., 318).

Legittimazione passiva

È indubbio che l'actio interrogatoria debba essere rivolta contro il chiamato all'eredità. Deve però trattarsi di una delazione attuale, alla quale possa far seguito l'accettazione: sicché è da escludere l'applicazione della norma nei confronti dell'erede istituito sotto condizione sospensiva (art. 633) o dei nascituri (art. 462).

Si discute se il termine possa essere fissato ad un incapace di agire. Secondo l'opinione prevalente, l'esclusione degli incapaci dalla decadenza dal beneficio prevista dall'art. 489 non vale ad escludere anche la decadenza dal diritto di accettare l'eredità (Cicu, in Tr. C.M., 199; Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 144; Ferri, in Comm. S.B., 319). Si è affermato, allora, che la norma in esame deve ritenersi applicabile anche agli incapaci con la conseguenza, in mancanza, della perdita del diritto di accettare, e con l'obbligo, quindi, per il rappresentante legale, in caso di accettazione, di osservare la forma prescritta dall'art. 484, con successiva applicazione dell'art. 489 (Cicu, in Tr. C.M., 199).

L'indirizzo è stato fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 1922/1973; Cass. n. 3828/1985; contra la remota Cass. n. 3263/1936).

Quanto alle persone giuridiche, escluso dall'art. 473 il riferimento all'osservanza delle disposizioni di legge circa l'autorizzazione governativa, stante l'abrogazione dell'art. 17, ha perso di attualità il principio formulato dalla S.C. secondo cui il termine previsto dall'art. 480 per l'accettazione da parte di persone giuridiche non inizia a decorrere se l'ente chiamato all'eredità non è stato ancora autorizzato, sicché in tale ipotesi non può essere neppure fissato dal giudice il termine in discorso (Cass. n. 9151/1991). È ormai indubbio, allora, che il termine di cui all'art. 481 possa essere fissato anche alle persone giuridiche (in questo senso v. già in passato Cass. n. 735/1961).

Forma dell'accettazione da parte del destinatario del termine

Il chiamato all'eredità può di regola accettare espressamente o tacitamente, secondo il disposto dell'art. 474.

In dottrina vi è stato chi ha tratto da ciò l'affermazione secondo la quale l'accettazione, in caso di actio interrogatoria, deve limitarsi a possedere i requisiti previsti dalla legge, sicché può trattarsi anche di un'accettazione tacita (Ferri, in Comm. S.B., 317).

Si è per converso osservato che la norma in commento ha stabilito che, una volta assegnato il termine, il chiamato all'eredità debba effettuare «la dichiarazione», perdendo altrimenti il diritto di accettare. Per non perdere il diritto all'eredità è indispensabile allora che l'accettazione sia cristallizzata in una dichiarazione e che, dunque, assuma le vesti della accettazione espressa, ex art. 475 (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 145).

Analogamente, in giurisprudenza, si è affermato che, a seguito della fissazione del termine, accettazione e rinuncia debbono intervenire nelle forme rispettivamente stabilite dagli artt. 475 e 519 (App. Trieste 20 maggio 1964).

Quanto ad incapaci e persone giuridiche, per i quali è richiesta l'accettazione con beneficio di inventario (artt. 471, 472, 473), occorre rammentare che, secondo l'art. 488, il chiamato non possessore al quale sia stato imposto il termine deve, entro la sua scadenza, compiere anche l'inventario e, se fa la dichiarazione e non l'inventario, è considerato erede puro e semplice.

Detta norma, secondo la dottrina, trova applicazione anche nei confronti delle persone giuridiche, le quali devono accettare con beneficio di inventario, ma possono decadere (Ferri, in Comm. S.B., 350).

Bibliografia

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