Codice Civile art. 510 - Accettazione o inventario fatti da uno dei chiamati.Accettazione o inventario fatti da uno dei chiamati. [I]. L'accettazione con beneficio d'inventario [484] fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri, anche se l'inventario è compiuto da un chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione. InquadramentoCon l'introduzione della norma in esame il legislatore, non volendo impedire a ciascuno dei chiamati di accettare puramente e semplicemente, pure in presenza di una precedente accettazione beneficiata, ha però voluto creare «un incentivo all'accettazione beneficiata per tutti gli altri chiamati mediante un'agevolazione» (Ferri, in Comm. S. B., 453). Ciò detto, tuttavia, non è facile dire quale sia l'esatto significato della disposizione. Necessità della dichiarazione di accettazione beneficiataMentre è certo che il chiamato che per secondo accetti con beneficio non deve fare l'inventario, non è agevole stabilire se l'accettazione debba o non essere effettuata nelle forme dell'art. 484. Un autore ha posto in evidenza come la norma si riduca a ciò: che compiute da uno tutte le formalità necessarie per acquistare il beneficio, gli altri possano limitarsi a dichiarare, nella forma prescritta, la volontà di goderne; oppure che, compiuto da uno l'inventario, gli altri possano limitarsi alla dichiarazione (Cicu, in Tr. C.M., 204). Secondo altri potrebbe ricavarsi della disposizione il principio dell'estensione legale del beneficio in favore di coloro che, accettando comunque, non dichiarino espressamente di voler accettare puramente e semplicemente (Natoli, 205; Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 317). Nel quadro delle discordi opinioni della dottrina, sembra certamente preferibile un'interpretazione minimale dell'art. 510. Dal punto di vista soggettivo l'efficacia estensiva dell'accettazione beneficiata è limitato dalla lettera della legge ai soli chiamati e non a chi è già erede. Orbene, come è indubbio che l'accettazione beneficiata da parte di un chiamato non determini l'acquisto della qualità di erede beneficiato da parte degli altri chiamati, ed è parimenti indubbio che, in forza dell'art. 510, non divenga erede beneficiato chi abbia già acquistato la qualità di erede puro e semplice, ovvero abbia rinunciato o sia decaduto dal beneficio, deve aversi per certo che in nessun caso il chiamato possa divenire erede beneficiato, se non a seguito della dichiarazione di accettazione beneficiata, attuata nelle forme previste dall'art. 484. Sono proprio le rigide formalità contemplate da quest'ultima norma, che inducono ad escludere l'ammissibilità di un meccanismo di acquisto della qualità di erede beneficiato operante indipendentemente dalla dichiarazione di accettazione. Non resta, perciò, che riconoscere che, anche in caso di pluralità di chiamati, l'assunzione della veste di erede beneficiato dipende sempre, per ciascuno di questi, dalla dichiarazione prevista dall'art. 484, sicché l'art. 510 si limita ad esimere dall'adempiere le formalità della trascrizione, dell'iscrizione e dell'inventario quando queste siano state tempestivamente eseguite ad iniziativa di un altro coerede (Ferri, in Comm. S. B., 455). La S.C. ha escluso che l'accettazione con beneficio di inventario da parte di uno dei chiamati importi, indipendentemente da una manifestazione di volontà di accettare, l'acquisto della qualità di erede da parte di altri chiamati (Cass. n. 2532/1999). Più in particolare, è stato affermato che la vis estensiva dell'art. 510 opera a condizione che il chiamato abbia fatto la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario (Cass. n. 8034/1993). L'accettazione con beneficio d'inventario fatta da uno dei chiamati all'eredità non opera inoltre a favore di chi, mediante accettazione espressa, tacita o presunta, abbia già acquistato la qualità di erede puro e semplice (Cass. n. 782/1982; Cass. n. 3051/1955). Di seguito si è invece affermato che, in base al disposto dell'art. 510, la volontà di giovarsi dell'accettazione beneficiata, sebbene debba essere espressa in forma chiara ed univoca, non esige le forme indicate dall'art. 484, poiché, se in ogni caso fosse necessaria l'accettazione formale, nessun giovamento deriverebbe dall'accettazione dell'altro chiamato (Cass. n. 22286/2008). Tale pronuncia, è stato osservato (Di Marzio), omette di misurarsi con le pregiudizievoli ricadute sui terzi creditori del de cuius dell'interpretazione prospettata, i quali vengono a trovarsi nell'incertezza in ordine alla posizione dell'erede, con quanto ne consegue anche sul piano delle iniziative processuali da assumere o da proseguire. Né è facile comprendere, al di fuori dell'adempimento delle formalità prescritte dall'art. 484, come possa manifestarsi una «volontà di giovarsi di tale forma di accettazione, espressa in maniera chiara ed univoca» (Cass. n. 22286/2008), distinguibile in modo certo dalla volontà di accettare puramente e semplicemente. Nondimeno, la giurisprudenza successiva ha affermato che l'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario integra una eccezione in senso lato, in quanto il legislatore non ne ha espressamente escluso la rilevabilità d'ufficio e tale condizione non corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo, ma rileva quale fatto da solo sufficiente ad impedire la confusione del patrimonio dell'erede con quello del defunto. Ne consegue che, ove tale fatto sia già documentato in atti, il beneficio è liberamente invocabile dalla parte, anche in assenza di specifica allegazione e con forme diverse da quelle previste dall'art. 484, pure nel giudizio d'appello ed è rilevabile d'ufficio dal giudice a favore degli altri chiamati all'eredità, senza che rilevi l'eventuale contumacia degli stessi, operando l'effetto espansivo previsto dall'art. 510 fino a quando essi non abbiano manifestato una accettazione pura e semplice ovvero siano decaduti dal beneficio, salva la facoltà di accettare avvalendosi espressamente del beneficio, ovvero di rinunciare all'eredità (Cass. n. 10531/2013). Effetto estensivo e azione di riduzioneAltro problema legato all'interpretazione dell'art. 510 è quello del suo rapporto con l'azione di riduzione. Come si sa, l'art. 564, a certe condizioni, richiede che quest'ultima azione possa essere proposta solo da chi abbia accettato con beneficio. Ebbene, ci si è chiesti se, nello spiegare l'azione di riduzione, il legittimario leso nella legittima possa avvalersi dell'accettazione beneficiata fatta da altro chiamato accettante con beneficio. Si è affermato che il legittimario che non ha fatto la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario e non ha eseguito in termine l'inventario può giovarsi della successiva accettazione con beneficio di inventario da parte del coerede (Cass. n. 250/1949). Ma una simile soluzione è stata esclusa da una successiva pronuncia, a seguito di «un accurato riesame della questione» (Cass. n. 3051/1955; v. pure Cass. n. 1679/1963). BibliografiaAzzariti, Martinez e Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Bianca, Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; Di Marzio, L'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, Milano, 2013; Ferrario Hercolani, L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, in Tratt. dir. successioni e donazioni diretto da Bonilini, I, Milano, 2009; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, Torino, 1961; Lorefice, L'accettazione con beneficio d'inventario, in Rescigno (a cura di), Successioni e donazioni, I, Padova, 1994; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, II, L'amministrazione nel periodo successivo all'accettazione dell'eredità, Milano, 1969; Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. c.c. diretto da De Martino, Roma 1981; Ravazzoni, Beneficio di inventario, in Enc. giur., I, Roma, 1988; Zaccaria, Rapporti obbligatori e beneficio di inventario, Torino, 1994. |