Codice Civile art. 521 - Retroattività della rinunzia.Retroattività della rinunzia. [I]. Chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato [524, 525]. [II]. Il rinunziante può tuttavia ritenere la donazione [769 ss.] o domandare il legato [649 ss.] a lui fatto sino alla concorrenza della porzione disponibile [556], salve le disposizioni degli articoli 551 e 552. InquadramentoLa norma in commento stabilisce che il chiamato all'eredità, una volta effettuata la rinuncia, è considerato come se non fosse stato chiamato affatto. Il che equivale a dire che la rinuncia all'eredità produce effetti retroattivi (Prestipino, in Comm. De M. 1981, 430). Perciò, il chiamato all'eredità, che abbia ad essa validamente rinunciato, non risponde dei debiti tributari del de cuius, neppure per il periodo intercorrente tra l'apertura della successione e la rinuncia, neanche se risulti tra i successibili ex lege o abbia presentato la dichiarazione di successione (che non costituisce accettazione), in quanto, avendo la rinuncia effetto retroattivo ex art. 521 c.c., egli è considerato come mai chiamato alla successione e non deve più essere annoverato tra i successibili. (Cass. II, n. 15871/2020, che ha escluso che, anche antecedentemente alla rinuncia, Equitalia avesse titolo per l'iscrizione ipotecaria nei confronti del chiamato rinunciante all'eredità dopo l'iscrizione stessa). Va tuttavia rammentato che la rinunzia all'eredità non fa venir meno la delazione del chiamato (che può sempre revocare la rinuncia ai sensi dell'art. 525), bensì determina la coesistenza del diritto di accettazione dell'eredità a favore tanto del rinunziante quanto degli altri chiamati. La perdita della delazione consegue — sempre che l'eredità non sia già stata acquistata da altro dei chiamati — per prescrizione del diritto ex art. 480 o per decadenza ai sensi dell'art. 481 (Cass. n. 1403/2007, la quale mi ha tratto la conseguenza che, in assenza di tali presupposti, il chiamato, non avendo perso la delazione, è legittimato ad agire o resistere nei vari gradi di un giudizio avente per oggetto un bene ereditario; sulla permanenza della delazione in favore del chiamato rinunciante v. pure Cass. n. 6070/2012, secondo cui l'accettazione successiva alla rinuncia può essere effettuata tacitamente). Ed inoltre la rinuncia all'eredità non pone nel nulla gli atti conservativi e di amministrazione (art. 460) effettuati anteriormente alla medesima, i quali conservano efficacia, sicché il rinunziante, da considerarsi alla stregua di un negotiorum gestor, ha diritto al rimborso delle spese sostenute (Ferri, in Comm. S.B. 1970, 94; Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 358). Il comma 2 della norma in esame stabilisce che gli effetti della rinuncia all'eredità non si estendono alle donazioni ricevute in vita dal de cuius ed ai legati disposti in favore del rinunciante, il quale può perciò, ritenere la donazione, sino alla concorrenza della disponibile, senza essere sottoposto ad obbligo di collazione, non avendo per effetto della rinuncia alla qualità di erede (Ferri, in Comm. S.B. 1970, 100). La facoltà del chiamato rinunciante di domandare il legato discende dal fatto che la rinuncia all'eredità non importa rinuncia allegato, essendo la qualità di erede e quella di legatario del tutto distinte ed indipendenti (Cicu, in Tr. C. M. 1961, 223). Per i riferimenti agli artt. 551 e 552 si rinvia al commento delle rispettive norme, con la precisazione che la prima di essi si intende richiamata non nella sua interezza, ma soltanto con riguardo al comma 3 (Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 359). BibliografiaCapozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2009; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968. |