Codice Civile art. 532 - Cessazione della curatela per accettazione dell'eredità.Cessazione della curatela per accettazione dell'eredità. [I]. Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l'eredità è stata accettata [470 ss.]. InquadramentoDispone la norma in commento che il curatore cessa dalle sue funzioni quando l'eredità è stata accettata. Il che si spiega agevolmente, dal momento che la nomina del curatore ha per scopo l'amministrazione di un patrimonio temporaneamente acefalo per non essere stata accettata l'eredità dal chiamato non possessore. Dietro la formulazione della norma si cela una questione discussa, che può riassumersi nel quesito se la cessazione della giacenza si verifichi ipso iure per effetto dell'accettazione, senza alcun margine di valutazione da parte del curatore e del giudice, oppure richieda un provvedimento costitutivo, del quale, eventualmente, occorrerebbe precisare contenuto e limiti. In questo secondo senso sì è affermato che il semplice riferimento ai possibili modi dell'accettazione, alla natura dell'ufficio del curatore e, oltre a ciò, l'esigenza di tutelare gli interessi e i diritti dei terzi, convincono che la cessazione della curatela non possa essere conseguenza istantanea e de iure dell'accettazione dell'eredità (Trimarchi, 84; contra Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 233). Nello stesso senso si è pronunciata la giurisprudenza (Trib. Roma 1 dicembre 1999). Il compenso al curatoreUltimo dei problemi da affrontare, quello del compenso al curatore dell'eredità giacente certo non è, sotto l'aspetto pratico, il meno rilevante, come è facile rilevare dall'osservazione che su di esso si è concentrata la maggiore attenzione della giurisprudenza di legittimità, cimentatasi in argomento (Cass. n. 10776/1998; Cass. S.U., n. 11619/1997). Il curatore — ha chiarito quest'ultima pronuncia — è un ausiliare del giudice. E, come tale, la liquidazione del suo compenso spetta al giudice che lo ha nominato. Ai fini della liquidazione è necessaria, però, la preventiva istituzione del contraddittorio nei confronti di tutti gli interessati, i quali devono poter interferire su ogni aspetto correlato alla quantificazione del compenso (Cass. S.U., n.11619/1997). E, in caso di mancata istituzione del contraddittorio, il provvedimento di liquidazione è radicalmente nullo (Cass. S.U., n. 11619/1997; e già Cass. n. 885/1977; Cass. n. 3409/1986; Cass. n. 4742/1988). Il curatore dell'eredità giacente, per ottenere la liquidazione del compenso per l'incarico espletato, deve dunque proporre l'istanza nei confronti degli aventi diritto all'eredità, ovvero, ove i chiamati vi abbiano rinunciato, degli ulteriori successibili, oltre che degli eventuali creditori dell'eredità e dei soggetti comunque interessati a proporre azioni nei confronti dell'eredità medesima, instaurando nei loro riguardi il contraddittorio. In difetto, il procedimento di liquidazione è affetto da nullità, e non produce alcuna efficacia la pronuncia emessa dal giudice competente nei confronti dei contraddittori non sentiti (Cass. n. 5082/2006). La S.C. ha poi chiarito il meccanismo di impugnazione al quale il provvedimento di liquidazione del compenso e delle spese al curatore dell'eredità giacente va soggetto. Secondo il giudice di legittimità il menzionato provvedimento rientra nella categoria dei provvedimenti liquidatori aventi carattere decisorio, impugnabili non già in sede contenziosa ordinaria né mediante opposizione dinanzi allo stesso giudice che li ha pronunciati, bensì solo ed esclusivamente con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. S.U., n. 1581/1970; Cass. n. 12286/2002). I termini della questione si sono modificati con la riforma della disciplina delle spese di giustizia. Sì è affermato che avverso il provvedimento di liquidazione del compenso in favore del curatore dell'eredità giacente, emesso in data successiva all'entrata in vigore del d.P.R. n. 115/2002, non è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., difettando il requisito della definitività del provvedimento, che può essere impugnato, con l'opposizione prevista dall'art. 170, d.P.R. n. 115/2002, dinanzi al presidente dell'ufficio giudiziario competente (Cass. n. 10328/2009; Cass. n. 22490/2012). Per quanto attiene alla concreta quantificazione del compenso, da rapportarsi alla attività prestata dal curatore, la S.C. ha stabilito che nel procedere alla liquidazione del compenso al curatore dell'eredità giacente, il giudice può fare applicazione della voce della tariffa riguardante non specificamente la professione esercitata dal curatore bensì la natura tecnica prevalente delle attività richieste per l'espletamento dell'incarico (Cass. S.U., n. 11619/1997; Cass. n. 7731/1991). In assenza di una specifica indicazione da parte del professionista in ordine ai criteri da adottare, il giudice non può rigettare la domanda ma, in conformità ai criteri di cui all'art. 2233 c.c., deve verificare se l'attività sia assimilabile ad altra per la quale sono previste delle tariffe o delle tabelle, oppure, una volta esclusa la possibilità di ricorrere all'analogia, deve valutare quale sia la misura da reputare congrua (Cass. n. 33246/2023). Non può, invece, il giudice liquidare il compenso al curatore dell'eredità giacente facendo applicazione della tariffa applicabile ai curatori fallimentari, tenuto conto della profonda differenza tra l'uno e l'altro incarico (Cass. n. 11046/1995; Cass. n. 12767/1991). Si ritiene, in genere, che il compenso spetti anche al curatore illegittimamente nominato, sempre che egli abbia effettivamente svolto l'attività di amministrazione dei beni ereditari (Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 226). Il credito del curatore per il compenso, secondo l'opinione della dottrina, non è assistito da privilegio (Grosso-Burdese, in Tr. Vas. 1977, 226). Tuttavia, in applicazione analogica dell'art. 511, è da ritenere che il curatore abbia diritto di essere soddisfatto in prededuzione, ossia prima dei creditori e legatari (Ferri, 188). Si ritiene applicabile, in forza del rinvio dell'art. 531, l'art. 495, comma 2, di guisa che il curatore insoddisfatto avrà diritto di regresso contro i legatari. Il compenso spetta a conclusione della procedura, ma non è escluso che il giudice conceda anticipi nel corso della stessa, quando vi siano giuste ragioni di opportunità a consigliarlo (Trib. Milano 28 dicembre 1964). BibliografiaCapozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2009; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Trimarchi, L'eredità giacente, Milano, 1954. |