Codice Civile art. 533 - Nozione (1).

Mauro Di Marzio

Nozione (1).

[I]. L'erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi [534, 535; 22 c.p.c.].

[II]. L'azione è imprescrittibile, salvi gli effetti dell'usucapione rispetto ai singoli beni [1158 ss.].

(1) V. art. 104, comma 1-6, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154.

Inquadramento

La disposizione in commento apre il capo dedicato alla petizione ereditaria, ossia all'azione con cui l'erede chiede l'accertamento di tale sua qualità al fine di ottenere la consegna dei beni ereditari da chi li possiede a titolo di erede o senza titolo.

La petizione ereditaria è secondo la dottrina tradizionale essenzialmente diretta a conseguire il riconoscimento della qualità di erede (Messineo, 654; Natoli, 105), analogamente, alla soluzione di controversie sulla titolarità di detta qualità (Cicu, 251), mentre da altri si propende a sottolineare la finalità recuperatoria propria dell'azione (Conti, in Tr. Res. 1984, 228).

In giurisprudenza si tende a porre l'accento su tale ultimo aspetto, osservando che la petizione di eredità e l'azione di accertamento della qualità di erede differiscono tra loro in quanto, pur condividendo l'accertamento della qualità ereditaria, la prima è azione necessariamente recuperatoria, volta ad ottenere la restituzione dei beni ereditari da chi li possegga a titolo di erede o senza titolo, mentre l'altra è azione essenzialmente dichiarativa, eventualmente corredata da domanda accessoria di condanna non attinente alla restituzione dei beni ereditari (Cass. n. 2148/2014).

La petizione ereditaria si distingue inoltre dall'azione di rivendicazione, malgrado l'affinità del petitum, in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'universum ius o di una quota parte di esso. Ne consegue, quanto all'onere probatorio, che, mentre l'attore in rei vindicatio deve dimostrare la proprietà dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione, nella hereditatis petitio può invece limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario (Cass. n. 1074/2009, la quale ne ha dedotto l'inammissibilità del mutamento in corso di causa dell'azione di petizione ereditaria in azione di rivendicazione; in precedenza Cass. n. 8440/2008; Cass. n. 13785/2004; Cass. n. 5252/2004).

Chi agisce in petizione ereditaria deve dunque semplicemente provare la morte del de cuius, la propria qualità di erede, il possesso da parte del convenuto dei beni reclamati ed infine l'appartenenza degli stessi al patrimonio ereditario (Cass. n. 2211/1979; Cass. n. 11813/1992; Cass. n. 13785/2004; da ult. Cass. n. 7871/2021).

L'azione è imprescrittibile, il che discende dalla stessa perpetuità della qualità di erede.

Legittimazione attiva e passiva

Attivamente legittimato alla petizione ereditaria è l'erede, ovvero il coerede, anche se istituito sotto condizione risolutiva, o accettante con beneficio di inventario. Legittimati altresì sono l'esecutore testamentario e il curatore dell'eredità giacente (Natoli, 267). Parimenti legittimati sono i creditori dell'erede, attraverso l'impiego dell'azione surrogatoria (Ferri, in Comm. S.B. 1970, 533)

Non spetta la petizione di eredità al legittimario pretermesso fintanto che non abbia intrapreso con successo l'azione di riduzione; neppure spetta al chiamato all'eredità prima dell'accettazione. Neppure legittimato è l'acquirente di eredità. Difatti, nell'oggetto del contratto di vendita di eredità, di cui agli artt. 1542 ss., non rientra anche l'azione di petizione ereditaria, essendo quest'ultima diretta all'accertamento della qualità di erede, per sua natura intrasmissibile, e configurandosi, invece, la vendita dell'eredità come alienazione di componenti patrimoniali e non di mere qualificazioni giuridiche.

Ne consegue che deve escludersi la legittimazione attiva a proporre l'azione di petitio hereditatis in capo al compratore dell'eredità, potendo questi, in quanto creditore del venditore per i frutti percepiti, i crediti riscossi ed i beni venduti e, per contro, terzo rispetto al conflitto tra erede e possessore di beni ereditari, proporre azione surrogatoria in caso di inerzia del venditore stesso nell'esercizio della petizione d'eredità (Cass. n. 5145/2012).

Passivamente legittimato è tanto colui che possiede a titolo di erede (possessor pro herede), quanto chi possiede senza titolo (possessor pro possessore). Poiché legittimato passivamente all'azione di petizione ereditaria è colui che sia in possesso, a titolo di erede o senza titolo alcuno, dei beni ereditari dei quali si chiede la restituzione, tale azione non può essere proposta nei confronti di chi detenga beni mobili facenti parte del compendio ereditario in forza del titolo di custode conferitogli, su comune accordo tra i coeredi, in sede di redazione dell'inventario da parte del notaio (Cass. n. 3181/2011). Nella stessa prospettiva è stato sottolineato che, con l'azione di petizione ereditaria l'erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario; ne consegue che tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un'apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del de cuius (Cass. n. 3181/2011).

Tenuto conto dei caratteri della petizione di eredità, rivolta contro chiunque possiede in tutto o in parte che i beni ereditari a titolo di erede o senza titolo, essa non dà luogo ad una situazione di litisconsorzio necessario nei confronti di chiunque altro, rimasto estraneo al processo, si ritenga o sia stato indicato come vero erede (Cass. n. 8440/2008); né ricorre in proposito un'ipotesi di integrale contraddittorio di tutti i coeredi (Cass. n. 14182/2011).

Bibliografia

Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, II, Milano, 1967; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, II, Milano, 1968.

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