Codice Civile art. 553 - Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con legittimari.Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con legittimari. [I]. Quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima [565 ss.], nel concorso di legittimari [536] con altri successibili, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali però devono imputare a questa, ai sensi dell'articolo 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtù di donazioni o di legati. InquadramentoLa disposizione in commento apre la sezione dedicata alla reintegrazione della quota riservata ai legittimari, sezione che, nel complesso, contiene un sistema di norme volto a verificare se il de cuius abbia arrecato lesione alla quota di riserva spettante ai legittimari, sia attraverso le disposizioni testamentarie, sia a causa di donazioni effettuate in vita: nel qual caso appresta gli strumenti posti a tutela dei legittimari medesimi. La tutela dei legittimari si realizza a mezzo dell'azione di riduzione, che, in effetti, si articola in tre autonome previsioni, quantunque tra loro strettamente connesse: a) l'azione di riduzione in senso stretto, che ha lo scopo di far dichiarare l'inefficacia, totale o parziale, delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che eccedono la quota di cui il testatore poteva disporre; b) l'azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte; c) l'azione di restituzione contro i terzi acquirenti. In dottrina si ritiene in prevalenza che l'azione di riduzione, indirizzata contro le disposizioni testamentarie ovvero le donazioni, abbia carattere costitutivo e sia diretta, su iniziativa del legittimario integralmente pretermesso ovvero leso nella legittima, ad incidere sulla situazione validamente determinatasi per effetto di tali disposizioni o donazioni: si nega, cioè, che le disposizioni testamentarie e le donazioni lesive della legittima siano affette da nullità (Mengoni, 228; Cattaneo, 411), e si afferma che esse rimangono valide ed efficaci fintanto che il legittimario non eserciti con successo l'azione in questione. In tal senso è orientata la giurisprudenza, la quale ravvisa nell'azione di riduzione l'esplicazione di un diritto potestativo consistente nel rendere, in tutto o in parte, inoperante nei confronti del legittimario, la disposizione lesiva. Si trova difatti affermato che la riduzione della disposizione testamentaria conseguente all'accoglimento della domanda del legittimario che si ritenga leso nella sua quota di riserva, non derivando da un vizio di nullità dell'atto dispositivo, rende tale atto soltanto inefficace ex nunc nei confronti del legittimario vittorioso, sicché, fino a quando non sia intervenuta la pronuncia di accoglimento della domanda di riduzione, le disposizioni testamentarie o le donazioni lesive della quota di legittima esplicano la loro efficacia (Cass. n. 9424/2003; Cass. n. 5323/2002; Cass. n. 25834/2008; Cass. n. 23278/2013). In tale quadro si colloca parimenti la posizione del legittimario pretermesso, che, secondo la prevalente dottrina, proprio in ragione della validità ed efficacia delle disposizioni lesive della legittima fino alla loro caducazione a mezzo dell'azione di riduzione, non è erede, ed anzi non si considera neppure delato, ma ha solo il diritto potestativo di agire in giudizio in riduzione (Mengoni, 46; Capozzi, 277; Cattaneo, 411). Quantunque ulteriori opinioni siano state manifestate in dottrina, la giurisprudenza è stabilmente orientata nel senso della dottrina prevalente, affermando cioè che il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, ma acquista la qualità e i diritti di erede solo dopo l'esperimento vittorioso dell'azione di riduzione (Cass. n. 28632/2011; Cass. n. 368/2010; Cass. n. 27556/2008; da ult. Cass. n. 25441/2017). Ne deriva, tra l'altro, che il legittimario pretermesso non può promuovere l'azione di divisione, non entrando a far parte della comunione ereditaria, se non dopo aver esperito fruttuosamente l'azione di riduzione (Cass. n. 368/2010). Caratteri dell'azione di riduzioneCome accennato, l'azione di reintegrazione si articola nell'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni lesive, in quella di restituzione nei confronti dei beneficiari delle disposizioni ridotte, ed in quella di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti exartt. 561 e 563 (Mengoni, 235). L'azione di riduzione in senso proprio costituisce il primo passaggio della reintegrazione e, a seguito della determinazione della quota di legittima e di quella disponibile, mira anzitutto a verificare se la lesione vi sia stata nonché ad accertarne l'eventuale misura. Si tratta dunque di un'azione di accertamento volta alla eventuale dichiarazione di inefficacia relativa dell'atto lesivo, giacché l'efficacia di quest'ultimo cade nei soli riguardi del legittimario che abbia agito, con la conseguenza che essa, quale azione personale, non dà luogo a litisconsorzio necessario e richiede soltanto la presenza in causa del legittimario e della persona che ha beneficiato della disposizione lesiva, interessata ad opporsi alla dichiarazione di inefficacia relativa dell'atto stesso (Cass. n. 1979/1983; Cass. n. 8529/1996; Cass. n. 2174/1998). In altre parole, l'accoglimento dell'azione di riduzione non travolge integralmente l'atto lesivo, ma incide su di esso nei soli limiti necessari alla reintegrazione della riserva spettante al legittimario che abbia agito. Il legittimario che agisce con l'azione di riduzione ha l'onere di provare gli elementi necessari a stabilire se vi sia stata, e in quale misura, la lesione della quota di riserva. Egli deve provare l'appartenenza dei beni al de cuius, l'ordine cronologico e il valore dei vari atti dispositivi posti in essere dallo stesso, l'an ed il quomodo della lesione verificatasi, e l'inesistenza nel patrimonio del defunto di altri beni, oltre a quelli oggetto dell'azione di riduzione (Cass. n. 14473/2011; Cass. n. 13310/2002; Cass. n. 3661/1975). Per la prova in discorso non ricorrono limitazioni, ed essa ben può essere ravvisata dal giudice di merito in presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti (Cass. n. 1297/1971). E dunque, nel caso di esercizio dell'azione di riduzione, il legittimario, ancorché abbia l'onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria all'uopo l'indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione, può, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva (Cass. II, n. 18199/2020). Inoltre, la ricostruzione dell'intero patrimonio del defunto, mediante la riunione fittizia di ciò che è stato donato in vita a ciò che è rimasto al momento della morte, e l'imputazione della quota del legittimario di quanto egli ha ricevuto dal defunto, costituiscono i necessari antecedenti dell'azione di riduzione; ne consegue che le richieste volte all'esatta ricostruzione sia del relictum, sia del donatum, mediante l'inserimento di altri beni, non costituiscono domande, ma deduzioni che attengono ai presupposti dell'azione di riduzione e, come tali, da ritenere implicitamente contenute nella domanda introduttiva (Cass. II, n. 17926/2020). In caso di successione legittima degli eredi legittimari in concorso con un legatario, ove il relictum non sia sufficiente a soddisfare la quota di riserva di uno o più legittimari, l'azione di riduzione contro i destinatari di donazioni o disposizioni testamentarie non è ammessa se non quando la riduzione di diritto delle quote degli altri eredi legittimi non sia sufficiente per reintegrare la riserva dei legittimari, trovando applicazione l'art. 553 c.c. (Cass. n. 17856/2023, che ha cassato la decisione che, nonostante avesse accertato che parte degli eredi avevano ricevuto donazioni dal de cuius, aveva ridotto il legato, lasciando ferma in favore dei primi l'intera quota intestata in base al rilievo che le liberalità ricevute erano inferiori rispetto alla rispettiva quota di legittima, così operando in contrasto con l'art. 553 c.c.). In proposito è poi importante rammentare il principio di invariabilità delle quote di legittima affermato dalla S.C. che ha in tal modo ribaltato il proprio precedente orientamento (Cass. S.U., n. 13429/2006; Cass. S.U., n. 13524/2006; in seguito Cass., n. 3471/2008; Cass., n. 13385/2011). È stato in breve stabilito che, qualora il defunto lasci una pluralità di legittimari, lesi da donazioni o disposizioni testamentarie che eccedono la quota disponibile, il mancato esperimento dell'azione di riduzione da parte di uno di essi non si ripercuote sulla quota spettante agli altri e non la incrementa; saranno il donatario, l'erede o il legatario, destinatari della disposizione lesiva, a beneficiare della scelta del legittimario rinunciante o inerte, in quanto, per la relativa quota, potranno conservare l'attribuzione a loro favore. Merita da ultimo rammentare che di recente la S.C. ha stabilito che, in caso di trust inter vivos con effetti post mortem di tipo discrezionale - nel quale, cioè, l'individuazione dei beneficiari e/o la determinazione dell'entità delle quote loro spettanti è rimessa alla discrezionalità del trustee - la tutela dei diritti successori dei legittimari nei confronti del relativo atto istitutivo e dei successivi atti di conferimento è assicurata non già dal mancato riconoscimento del trust - in conseguenza della sua nullità per contrasto con l'ordine pubblico interno, ai sensi dell'art. 13 della Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva in Italia con l. n. 364 del 1989 - bensì dall'azione di riduzione, i cui legittimati passivi devono individuarsi nei beneficiari, ove il trustee abbia già eseguito il programma del disponente, dando corso alle relative disposizioni patrimoniali (ovvero allorquando i beneficiari medesimi siano comunque individuabili con certezza), e nel trustee nella contraria ipotesi in cui il trust non abbia ancora avuto esecuzione (oltre che nel cd. trust di scopo, nel quale manca una specifica individuazione dei beneficiari) (Cass. n. 5073/2023). Riduzione delle quote intestateLa disposizione in esame si riferisce al caso in cui sui beni relitti si apra in tutto o in parte la successione legittima: il che può avvenire in assenza di testamento o nel caso che il testamento non comprenda tutta l'eredità; essa è destinata a disciplinare i casi di concorso fra eredi legittimi non legittimari e fra gli eredi legittimi legittimari, in particolare nei casi previsti dagli artt. 571 (concorso di genitori o ascendente con fratelli o sorelle) e 582 (concorso del coniuge con fratelli e sorelle), allo scopo di evitare che i legittimari ottengano meno di quanto spetterebbe loro in base alle norme della successione necessaria. La norma prevede a tal proposito la riduzione delle quote spettanti agli eredi non legittimari nei limiti necessari ad integrare la quota spettante ai legittimari, considerando nella quota quanto attribuito dal de cuius a titolo di donazione o di legato. L'esempio prospettata dalla dottrina al fine di rendere comprensibile il significato della norma, il cui rilievo applicativo pratico è modesto, è il seguente. «Tizio, che ha donato all'estraneo Caio la somma di € 400.000, muore intestato, sicché si apre la successione legittima in favore di suo padre Mevio (che è legittimario) e di suo fratello Filano (che non è legittimario). Il relictum è di € 200.000. In applicazione dell'art. 571, in caso di concorso tra un genitore ed un fratello, l'eredità si devolve per metà ciascuno, mentre la quota riservata al padre, che è legittimario, ammonta ad un terzo dell'intero (donatum e relictum), ai sensi dell'art. 538. Perciò, una volta effettuata la riunione fittizia di donatum e relictum (€ 400.000 donatum + € 200.000 relictum = € 600.000), la quota di riserva spettante a Mevio è di € 200.000. Mevio, ottenendo € 100.000 dal relictum, in mancanza dell'art. 553, dovrebbe esperire azione di riduzione nei confronti dell'estraneo Caio, sì da ottenere € 100.000 da lui. Attraverso l'art. 553, invece, Mevio, senza dover intraprendere l'azione di riduzione nei confronti di Caio (così Mengoni, 230, che descrive il meccanismo in termini di integrazione della legittima, e non di reintegrazione, considerata «la mancanza di disposizioni lesive della stessa»), incamera direttamente gli ulteriori € 100.000 dal relictum, con la conseguenza che nulla perviene a Filano, il quale non è legittimario. In definitiva, in base all'art. 553, nell'esempio fatto, Caio conserva i suoi € 400.000 e Mevio ottiene gli € 200.000 che gli spettano; se non vi fosse l'art. 553, Mevio dovrebbe esperire l'azione di riduzione nei confronti di Caio, sicché, all'esito, Caio conserverebbe € 300.000, Mevio otterrebbe € 200.000 e Filano otterrebbe € 100.000». BibliografiaAmadio, Azione di riduzione e liberalità non donative (sulla legittima «per equivalente»), in Riv. dir. civ., 2009, I, 683; Andrini, Legittimari, in Enc. giur., XXXI, Roma, 1993; Azzariti-Martinez-Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Bianca, La famiglia. Le successioni, Milano, 2001; Bianca, Invariabilità delle quote di legittima: il nuovo corso della cassazione e suoi riflessi in tema di donazioni e legati in conto di legittima, in Riv. dir. civ. 2008, 211; Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2006; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 1983; Carnevali, Sull'azione di riduzione delle donazioni indirette che hanno leso la quota di legittima, Studi in onore di L. Mengoni, I, Milano, 1995; Ieva, La novella degli artt. 561 e 563 cod. civ.: brevissime note sugli scenari teorico-applicativi, in Riv. not. 2005, 943;Perego, I presupposti della nascita dei diritti di abitazione e di uso a favore del coniuge superstite, in Riv. dir. civ. 1980, 712; Tamburrino, Successione necessaria (dir. priv.), in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1348. |