Codice Civile art. 599 - Persone interposte.Persone interposte. [I]. Le disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone incapaci indicate dagli articoli 592, 593, 595, 596, 597 e 598 sono nulle anche se fatte sotto nome di interposta persona (1). [II]. Sono reputate persone interposte il padre, la madre, i discendenti e il coniuge della persona incapace, anche se chiamati congiuntamente con l'incapace [738, 739, 740, 779, 2728 2]. (1) La Corte cost., con sentenza 28 dicembre 1970, n. 205ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui si riferisce agli artt. 592 e 593, e con sentenza 20 dicembre 1979, n. 153, nella parte in cui richiama l'art. 595. InquadramentoLa disposizione in commento costituisce mero completamento della disciplina dell'incapacità di ricevere per testamento, in quanto stabilisce che le disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone incapaci indicate dagli artt. 592 (Figli naturali riconosciuti o riconoscibili), 593 (Figli naturali non riconoscibili), 596 (Incapacità del tutore e del protutore), 597 (Incapacità del notaio, dei testimoni e dell'interprete) e 598 (Incapacità di chi ha scritto o ricevuto il testamento segreto) sono nulle anche se fatte sotto nome d'interposta persona. Pertanto, scopo della norma è quello di rafforzare i divieti precedentemente posti (Caramazza, in Comm. De M 1982, 104). Tuttavia, il rinvio alle ipotesi previste dagli artt. 592 e 593 deve ritenersi espunto per effetto dell'intervento del giudice delle leggi (Corte cost. n. 205/1970). Ai fini dell'applicazione della norma, incombe sull'interessato la prova della sussistenza dell'interposizione, sia essa reale (come nel caso del negozio fiduciario ex art. 627), sia essa fittizia, sotto forma di simulazione soggettiva relativa ex art. 1414. Detta prova può essere data con ogni mezzo, e dunque anche con testimoni e presunzioni (Caramazza, in Comm. De M. 1982, 104). In particolare, in caso di interposizione fittizia di persona, l'ampia facoltà di prova costituisce applicazione del principio generale dettato dall'art. 1417. Viceversa, con riguardo all'interposizione reale di persona, si ha qui una deroga alla regola dettata dall'art. 627, la quale non ammette azione in giudizio per accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e riguardano invece altra persona. Il secondo comma della disposizione, poi, stabilisce una presunzione assoluta di interposizione in caso di disposizione in favore del padre, della madre, dei discendenti e del coniuge della persona incapace, anche se chiamati congiuntamente con l'incapace medesimo (Cass. n. 2226/1958). È pacifico in dottrina che la disposizione non è suscettibile di applicazione analogica a persone diverse da quelle indicate espressamente. Si discute quanto al momento in cui la verifica della sussistenza del rapporto tra incapace a ricevere e persona interposta deve essere effettuata. Secondo l'opinione prevalente occorrerebbe far riferimento al momento della redazione del testamento (per tutti Cicu, 1969, 186). Secondo questa impostazione è dunque valida la disposizione effettuata a favore di una persona che solo dopo la stesura del testamento, ma prima della morte del testatore, si trovi legata all'incapace da un rapporto di parentela precedentemente non sussistente. Altri, invece, ritengono che si debba far riferimento al momento dell'apertura della successione (Giannattasio, 1961, 94). Alla questione del momento di verifica della sussistenza dell'interposizione se ne collega un'altra. Ove l'incapace sia premorto al testatore, « è discusso se il lascito fatto a persona che la legge considera come interposta sia valido. Chi ne ammette la validità osserva che vien meno la possibilità di frodare la legge, non essendo più possibile far pervenire il lascito all'incapace. Ciò sarebbe giustificato se dovesse aversi riguardo al momento dell'apertura della successione, perché in tale momento, non essendovi un'incapace, non può aversi incapacità della persona interposta che trae la sua incapacità dall'incapacità della persona defunta. Ma se invece si ha da aver riguardo al momento del testamento la disposizione, nata come nulla, non dovrebbe poter convalidarsi per un fatto posteriore quale quello della morte. Qui tuttavia è da vedere se la nullità ha radice nel fatto illecito della frode alla legge, che potrebbe divenire non punibile per impossibilità di conseguire l'intento illecito; ovvero se la ragione della inefficacia stia nel fatto che manca la volontà di beneficiare la persona interposta. Ove, mancando l'intento di colpire illecito, divenisse applicabile l'art. 627, diverrebbe inammissibile la prova della interposizione» (Cicu, 1969, 186). La presunzione assoluta di interposizione non cessa di operare anche se i soggetti interposti sono chiamati congiuntamente con l'incapace. Si tratta di una previsione all'evidenza introdotta per evitare facili elusioni al divieto, tenuto conto, d'altronde, che non è possibile desumere dalla disposizione a favore dell'incapace la validità della disposizione in favore dell'altra o delle altre persone che si presumono interposte, giacché ciascuna delle disposizioni è parimenti invalida. La norma prevede una sottoipotesi di incapacità a ricevere per testamento rispetto a quelle formulate dagli articoli precedenti. Essa si riferisce al caso che le disposizioni testamentarie a vantaggio dell'incapace siano fatte a nome di persone interposte secondo due diverse prospettive: a) nel caso del primo comma, concernente persone interposte diverse dai parenti indicati dal secondo comma, occorre la prova della interposizione reale o fittizia; b) nel caso del secondo comma la sussistenza dell'interposizione è oggetto di presunzione assoluta. Per il caso si versi in ipotesi di interposizione reale, la norma introduce una deroga alla regola posta dall'art. 627. Si discute se la verifica dell'interposizione debba essere condotta con riferimento al momento di redazione del testamento ovvero a quello di apertura della successione. BibliografiaAllara, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957; Azzariti-Martinez-Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Cannizzo, Successioni testamentarie, Roma, 1996; Capozzi, Successioni e donazioni, I, Milano, 1983; Cicu, Testamento, Milano, 1969; Di Marzio-Matteini Chiari, Le successioni testamentarie, Milano, 2013; Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., Torino, 1961; Greco, Progetto di testamento, minuta di testamento, testamento olografo. Criteri di distinzione, in Giur. compl. Cass. civ. 1953, V, 714-719; Lipari, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970; Marmocchi, Forma dei testamenti, Successioni e donazioni, I, Padova, 1994; Pasetti, La sanatoria per conferma del testamento e della donazione, Padova, 1953; Rescigno, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952; Rescigno, Il “progetto” di testamento, in Foro it. I, 1954, 1243-1247; Scalia, Confermabilità del testamento orale: prova della volontà del de cuius, certezza dei rapporti e funzione notarile. Alcune riflessioni sul tema, in Riv. not. 1994, II, 166-170; Sibilia, Delle successioni testamentarie. Disposizioni generali. Della capacità di disporre del testamento. Della capacità di ricevere per testamento, in Cod. Civ. annotato, diretto da Perlingieri, Torino, 1980; Trabucchi, A proposito dell'efficacia di una “minuta” di testamento olografo, in Giur. it. I, 2, 1953,313-318, Triola, Il testamento, Milano, 1998; Venditti, Un caso controverso di disposizione testamentaria orale eseguita volontariamente ai sensi dell'art. 590, in Dir. e giust. 1989, 408-433; Vismara, Codicillo, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, 290-295. |