Codice Civile art. 631 - Disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo.Disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo. [I]. È nulla ogni disposizione testamentaria con la quale si fa dipendere dall'arbitrio di un terzo l'indicazione dell'erede o del legatario, ovvero la determinazione della quota di eredità. [II]. Tuttavia è valida la disposizione a titolo particolare [588] in favore di persona da scegliersi dall'onerato o da un terzo tra più persone determinate dal testatore o appartenenti a famiglie o categorie di persone da lui determinate, ed è pure valida la disposizione a titolo particolare a favore di uno tra più enti determinati del pari dal testatore. Se sono indicate più persone in modo alternativo e non è stabilito chi deve fare la scelta, questa si considera lasciata all'onerato [699, 778 2]. [III]. Se l'onerato o il terzo non può o non vuole fare la scelta, questa è fatta con decreto dal presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione [456], dopo avere assunto le opportune informazioni [751 c.p.c.]. InquadramentoLa regola generale stabilita dal comma 1 della disposizione in esame è espressione dei principi generali. Come si è visto nel commento all'art. 587, il testamento é negozio unilaterale incompatibile con ogni forma di rappresentanza o, comunque, di compartecipazione dell'altrui volontà. Va da sé che la disposizione testamentaria con la quale il testatore non provveda direttamente ad individuare l'erede o il legatario, ma ne faccia dipendere l'individuazione dall'arbitrio di un terzo, non possa non incorrere nella sanzione di nullità. La disciplina applicabile non muta nel caso che l'arbitrio del terzo sia formalmente dedotto in condizione, secondo la formulazione Titius heres esto si Caius voluerit. Difatti, secondo l'opinione prevalente, non può in tale frangente operare il principio secondo cui la condizione meramente potestativa si ha per non apposta, mentre la disposizione deve essere giudicata nulla nel suo complesso (Cicu, 193; Azzariti, Martinez e Azzariti 1973, 478; Caramazza, 245). E ciò, è stato detto, non tanto per la ragione della incertezza della volontà testamentaria, quanto invece per la impossibilità che la volontà altrui, manifestandosi negativamente, venga a sostituirsi a quella del testatore, dando luogo, mercé l'esclusione dell'erede indicato, alla successione legittima (Azzariti, Martinez e Azzariti, 477). Nello stesso senso, in giurisprudenza, App. Firenze 8 agosto 1953, Foro it., 1953, I, 1757). L'arbitrio cui la norma si riferisce al primo comma è tanto l'arbitrium merum, quanto l'arbitrium boni viri (Azzariti, Martinez e Azzariti, 481). Passando all'esame della casistica, si trova affermato che ricade sotto il divieto dell'art. 631, comma 1, la disposizione testamentaria che condiziona l'istituzione all'assunzione del cognome del testatore da parte dell'istituito, se intesa nel senso che l'assunzione del cognome debba essere giuridicamente perfezionata entro un termine fissato dal testatore (Cass. n. 1928/1982). Anche dal principio della nullità delle disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo è stata desunta la nullità della previsione contenuta in un accordo nazionale per la categoria dei ferrotranvieri, il quale prevedeva che una determinata elargizione, in caso di morte del lavoratore, dovesse essere corrisposta esclusivamente alla moglie superstite ed ai figli minori (Cass. S.U., n. 4068/1976). Eccezioni al principioQuanto al secondo comma dell'art. 631 che, in esplicita deroga al principio generale dettato dal comma 1 dello stesso articolo, prevede la validità della sola disposizione testamentaria a titolo particolare (mai della disposizione a titolo universale) con riguardo al delimitato incarico di scegliere, tra più persone, o in una famiglia o categoria, predeterminate dallo stesso testatore, il soggetto beneficiario di una certa attribuzione, occorre dire che essa è norma di stretta interpretazione, non applicabile al di là delle ipotesi della medesima specificamente contemplate, sicché non può trovare applicazione nell'ipotesi in cui il testatore abbia attribuito all'esecutore testamentario la facoltà di procedere a suo piacimento ad imprecisati e generici cambiamenti delle disposizioni testamentarie già indicate (Cass. n. 3082/1993) Si deve poi rammentare che ai fini dell'applicazione dell'art. 631, comma 2, non si richiede che tali enti siano nominativamente indicati essendo sufficiente la specificazione delle loro caratteristiche, e, quindi, delle loro categorie, di modo che la scelta possa essere effettuata nell'ambito di esse (Cass. n. 12132/1992; Cass. n. 1458/1967). Lo stesso principio è stato anche in precedenza ripetuto, con ulteriori precisazioni concernenti l'irrilevanza della situazione di incertezza esistente al momento della redazione del testamento, ma non più a quello dell'apertura della successione (Cass. n. 262/1962). Nella giurisprudenza di merito l'espressione «più enti determinati del pari dal testatore» si trova talvolta dilatata a tal punto da ricomprendere, parrebbe discutibilmente, la disposizione testamentaria a favore di «persone bisognose» (Trib. Napoli 11 giugno 1985, Diritto e giurisprudenza, 1986, 460). Legittimati alla scelta sono l'onerato — il quale è generalmente l'erede al quale sia stato imposto di consegnare un bene a titolo di legato, ma può essere anche un legatario in caso di sublegato — o il terzo, secondo che il testatore l'abbia affidata all'uno o all'altro. È tuttavia stabilito espressamente che, qualora la facoltà di scelta sia attribuita in modo alternativo a più persone, questa spetta all'onerato. Perciò, se il testatore ha invece attribuito la facoltà di scelta a più persone in ordine successivo, la prevalenza dell'onerato che avrà soltanto, eventualmente, nell'ambito del medesimo grado. Naturalmente, non può esservi corrispondenza tra le persone dell'onerato e del terzo, essendo quest'ultimo soggetto certamente estraneo alla successione (Cass. n. 2228/1979). L'intervento suppletivo del presidente del tribunaleIl comma 3 della disposizione in esame regola il caso che l'onerato o il terzo non possano o non vogliono fare la scelta, nel qual caso questa è fatta con decreto dal presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, dopo avere assunto le opportune informazioni. Non è detto, naturalmente, che a rivolgersi al presidente del tribunale siano l'onerato o il terzo, sicché egli, nel raccogliere le opportune informazioni, deve anzitutto convocarli per verificare se effettivamente essi non intendano compiere la scelta. Può pensarsi che il presidente del tribunale assegni all'onerato o al terzo un termine congruo per la scelta. Quanto alla natura del decreto con cui il giudice designa il destinatario della disposizione testamentaria, si trova affermato che il decreto con il quale il presidente del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione provvede, a norma dell'art. 631, comma 3, a designare il soggetto destinatario di una disposizione testamentaria a titolo particolare, nel caso in cui gli esecutori testamentari abbiano rinunciato ad effettuare la scelta loro affidata dal de cuius, non ha natura decisoria, poiché non risolve alcun conflitto in ordine a diritti soggettivi né è attributivo di un bene della vita, e quindi non è impugnabile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 5934/1978). BibliografiaAllara, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957; Azzariti, Martinez e Azzariti, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1973; Cannizzo, Successioni testamentarie, Roma, 1996; Capozzi, Successioni e donazioni, I, Milano, 1983; Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., diretto da De Martino, 2^ ed., Roma, 1982; Cicu, Testamento, Milano, 1969; Criscuoli, Il testamento, in Enc. giur., XXXI, 1-33, Roma, 1994; Criscuoli, Il testamento. Norme e casi, Padova, 1995; Degni, Della forma dei testamenti, in Comm. cod. civ., diretto da D'Amelio e Finzi, Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni, Firenze, 1941; Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., Torino, 1961; Lipari, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970; Liserre, Formalismo negoziale e testamento, Milano, 1966; Rescigno, Interpretazione del testamento, Napoli, 1952; Tamburrino, Testamento (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, 1992, 471-504; Triola, Il testamento, Milano, 1998. |