Codice Civile art. 684 - Distruzione del testamento olografo.

Mauro Di Marzio

Distruzione del testamento olografo.

[I]. Il testamento olografo [602] distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l'intenzione di revocarlo.

Inquadramento

La disposizione in commento elenca alcuni comportamenti ai quali consegue l'effetto di revocazione del testamento, sempre che essi siano imputabili al testatore. La norma contiene in particolare due presunzioni: i) la distruzione, la lacerazione o la cancellazione del testamento si presumono avvenute per volontà del testatore, sicché, una volta che sia stato accertato che il testamento è stato distrutto, lacerato o cancellato, viene presunto che tale fatto è da imputare al testatore; ii) la distruzione, la lacerazione o la cancellazione del testamento (che si presumono essere avvenute per volontà del testatore) fanno presumere la volontà di revoca delle disposizioni in esso contenute. In altre parole, una volta che sia stato accertato che il testamento è stato distrutto, lacerato o cancellato, tali condotte (presuntivamente avvenute per volontà del testatore) fanno presumere l'intento negoziale di revoca da parte del testatore.

Caratteri della presunzione

Ciò detto, è tuttavia discusso un punto fondamentale e, cioè, se si tratti di presunzioni iuris et de iure oppure iuris tantum, dunque superabile dalla prova contraria.

Secondo un orientamento (Cicu, 150), la distruzione o cancellazione o lacerazione volontarie della scheda ad opera del testatore introducono una presunzione assoluta, iuris et de iure, di revoca del testamento. Tali comportamenti non sono, infatti, conciliabili con la volontà del testatore di mantenere in vita il testamento olografo, quando egli ha volontariamente distrutto il documento che costituisce la forma insostituibile del negozio testamentario. Di conseguenza, una volta accertato che distruzione etc. sono da imputare al testatore, non occorre più indagare sull'intento revocatorio.

In passato la S.C. ha affermato che l'art. 684 ricollega alla distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento olografo una presunzione assoluta di revoca del testamento, non potendosi nemmeno concepire l'intenzione del testatore di mantenere in vita il testamento olografo, in tutto o in parte, quando siasi volontariamente distrutto, in tutto o in parte, il documento che costituisce la forma insostituibile del negozio testamentario. Tale presunzione viene meno solo quando si dimostri che il testatore non ebbe l'intenzione di revocare il testamento, essendo la distruzione o la lacerazione o la cancellazione opera di un terzo. L'accertamento della sussistenza di una effettiva distruzione o lacerazione o cancellazione volontaria, totale o parziale, del testamento, ad opera del testatore, rientra nel potere del giudice del merito, il cui esercizio e insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 1524/1965).

Secondo l'orientamento prevalente, conforme alla lettera del testo normativo, la norma contiene due presunzioni relative (iuris tantum), entrambe suscettibili di prova contraria (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 133).

L'opinione è condivisa dalla giurisprudenza più recente, secondo cui, per vincere la presunzione di revoca del testamento olografo, conseguente al mancato rinvenimento della scheda testamentaria originale, l'interessato deve fornite la prova che il testamento esisteva al momento dell'apertura della successione e che, pertanto, la sua irreperibilità non può farsi risalire in alcun modo al testatore ovvero che quest'ultimo, benché autore materiale della distruzione, non era animato da volontà di revoca (Cass. n. 12098/1995; e già Cass. n. 146/1962, v. pure Cass. n. 10847/2019).

Colui che intenda avvalersi di un testamento distrutto o lacerato o cancellato deve promuovere il relativo giudizio e in tale sede provare (la prova contraria può essere data con qualsiasi mezzo, quindi anche mediante testi o presunzioni) previamente che la distruzione o la lacerazione o la cancellazione sono avvenute ad opera di terzi, senza la partecipazione del testatore, oppure del testatore involontariamente (per distrazione od errore) od inconsapevolmente (in un periodo di transitoria perdita della capacità di intendere e di volere) o per coartazione (ad es.: in forza di minaccia) della sua volontà, nonché l'esistenza dei requisiti di forma del testamento ed il contenuto dello stesso.

La giurisprudenza ha assimilato all'opera del terzo anche il fatto naturale da cui distruzione, lacerazione o cancellazione siano derivate. L'art 684 configura cioè una fattispecie di revoca del testamento a struttura negoziale, in cui la volontà del testatore di revocare il testamento è presunta al verificarsi di alcuno degli eventi (distruzione, lacerazione, cancellazione) tassativamente indicati dalla norma. Tale presunzione di volontà, essendo fondata sulla considerazione che gli eventi anzidetti sono normalmente riconducibili all'attività materiale ed all'intento del testatore di revocare il testamento, viene meno quando i medesimi eventi trovino la loro causa in un fatto naturale. La prova di quest'ultimo deve essere fornita da chi intende avvalersi del testamento (Cass. n. 10/1973).

Irreperibilità della scheda

Con riguardo alla fattispecie dell'irreperibilità della scheda, all'interessato appare consentito vincere la presunzione di revoca del testamento olografo, conseguente al mancato rinvenimento della scheda testamentaria originale, mediante la prova dell'esistenza del testamento al momento dell'apertura della successione e che, pertanto, la sua irreperibilità non può farsi risalire in alcun modo al testatore ovvero mediante la prova che quest'ultimo, benché autore materiale della distruzione, non era animato da volontà di revoca (Cass. n. 3636/2004; Cass. n. 12098/1995).

In particolare, con riferimento all'ipotesi di irreperibilità ora in esame, in giurisprudenza è stato affermato che, poiché, a norma dell'art. 684, il testamento olografo può essere revocato dal testatore anche mediante la sua cancellazione, distruzione o lacerazione, il solo fatto della irreperibilità della scheda testamentaria, di cui si assuma l'esistenza in un periodo anteriore a quello della morte del de cuius, pone in essere una presunzione di revoca ad opera del testatore mediante distruzione della scheda medesima. Pertanto, la parte la quale intenda ricostruire, mediante prove testimoniali a norma degli artt.  2724, n. 3, e 2725, un testamento di cui si assume la perdita incolpevole per smarrimento o per distruzione, deve fornire la prova dell'esistenza del documento al momento dell'apertura della successione, poiché soltanto in tal modo può essere raggiunta l'assoluta certezza che il testamento non sia stato distrutto e, quindi revocato, dal medesimo defunto (Cass. n. 3286/1975; Cass. n. 12290/1998, ove è anche affermato che incombe su chi vi ha interesse l'onere di provare che esso fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore; Cass. n. 17237/2011).

Da ultimo si è affermato che l'irreperibilità del testamento olografo, di cui si provi l'esistenza in un certo tempo, mediante la produzione di una copia informale, è equiparabile alla sua distruzione e, pertanto, ingenera una presunzione di revoca dello stesso, non scalfita dal mancato disconoscimento della conformità all'originale - rilevante solo una volta che sia superata la detta presunzione -, rispetto alla quale grava su chi vi ha interesse l'onere di provare che esso "fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore" oppure che costui "non ebbe intenzione di revocarlo". Tale prova, salvo che la scomparsa sia dovuta a chi agisce per la ricostruzione del testamento medesimo, può essere data con ogni mezzo, dimostrando l'esistenza dell'olografo al momento della morte ovvero che esso, seppur scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o, comunque, senza alcun concorso della volontà del testatore ovvero, ancora, che la distruzione del testamento da parte di costui non era accompagnata dall'intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute (Cass. II, n. 22191/2020).

Possesso della scheda e applicazione della norma

Una differente disciplina trova applicazione a seconda che la scheda testamentaria sia stata o meno in possesso dell'erede prima dell'apertura della successione. Nell'ipotesi di perdita − comprendente sia il caso di smarrimento, sia quello di distruzione − della scheda testamentaria, la prova diretta alla dimostrazione dell'esistenza e alla ricostruzione, totale o parziale, del testamento è soggetta alla limitazione prevista dal combinato disposto degli artt. 2724, n. 3, e 2725, e, perciò, non può essere ammessa, se concorrano la colpa o il dolo dell'erede testamentario nella perdita del testamento. La detta limitazione trova applicazione anche nel caso in cui si tratti di accertare se una copia non autentica del testamento sia conforme all'originale andato smarrito, in quanto tale accertamento concreta una forma di ricostruzione dell'atto, tenuto presente che la copia non autenticata di esso non può avere, di per sé, alcun valore probatorio. Ai fini della determinazione del contenuto della prova debbono, peraltro, essere tenute distinte la situazione dell'erede, che ha avuta la detenzione della scheda, e quella dell'erede, che non l'ha mai avuta. Nel primo caso, l'erede già detentore della scheda, sempre che non agisca in litisconsorzio con altri eredi non detentori, deve dare, anzitutto, la prova che la perdita della scheda è avvenuta per caso fortuito − nel quale concetto rientra anche il fatto colpevole del terzo, con esclusione del concorso di colpa da parte del detentore −, ovvero di essere esente da colpa nell'avere affidato la scheda ad un terzo, che l'abbia, a sua volta, perduta per una qualsiasi causa. Nel secondo caso, l'erede, che non abbia mai avuto la detenzione della scheda, è senz'altro ammesso a provare per testimoni la preesistenza della scheda ed il suo contenuto. L'onere della prova di non essere stato detentore della scheda è a carico dell'erede interessato, il quale, però, e da ritenersi assolto da ogni ulteriore onere, quando abbia positivamente provato che il documento era nella detenzione di un terzo e che egli non era particolarmente tenuto a procurarsene la detenzione, mentre non occorre che egli dia anche la prova negativa che il documento non è venuto successivamente in suo possesso (Cass. n. 952/1967).

È stato precisato che la prova per testi ex artt. 2724, n. 3, e 2725, non è ammissibile qualora la distruzione della scheda testamentaria sia avvenuta dopo l'apertura della successione con il concorso dell'erede testamentario che possedeva la scheda. È stato altresì escluso che le limitazioni di prova possano essere fatte gravare su chi succeda alla persona colpevole della distruzione per diritto di rappresentazione.

Condotte di distruzione, lacerazione, cancellazione del testamento olografo

La giurisprudenza ha escluso che possano ritenersi verificate le ipotesi di distruzione o lacerazione o cancellazione del testamento quando rimangono in vita nella scheda disposizioni testamentarie le quali abbiano da sole un senso logico e giuridico, sì da poter essere concepite come vere e complete disposizioni di ultima volontà (Cass. n. 1524/1965).

La distruzione può essere totale o parziale. É parziale se non ne risulta compromessa l'esistenza del documento (es. testamento olografo composto da più fogli, di cui soltanto uno sia stato soppresso). La parte residua deve in tal caso costituire sufficiente espressione della volontà testamentaria. La revoca potrà dirsi soltanto parziale, non potendosi presumere travolgimento dell'intero testamento, qualora restino integre disposizioni che da sole abbiano un senso logico-giuridico. Qualora il testamento sia stato redatto in più esemplari, la distruzione di uno di essi è rilevante.

Anche la lacerazione può essere totale o parziale. Valgono in proposito le considerazioni fatte con riguardo alla distruzione. La lacerazione, per comportare l'effetto di revoca, deve essere tale da alterare la consistenza materiale della scheda, così da far presumere la volontà di revocare il testamento. Non è revoca il semplice logorio per usura.

La S.C. ha in argomento affermato che l'ipotesi della lacerazione del testamento olografo — posto dall'art. 684 a fondamento della presunzione della volontà del testatore di revocare il testamento lacerato — ricorre sol che siano venute meno le normali caratteristiche di integrità con cui suole presentarsi la scheda testamentaria dum fragmenta supersint e prescinde dalle multiformi accidentalità che possono accompagnare la disintegrazione della scheda medesima. Se, peraltro, nel modo di presentarsi di quest'ultima si ravvisino elementi tali da escludere la congruenza della lacerazione con la volontà del testatore di revocare il testamento, il giudice del merito può tenerne conto nel quadro della prova contraria alla presunzione legale (nella specie, il foglio sul quale era stato scritto il testamento olografo si presentava diviso a metà nel senso perpendicolare allo scritto ed aveva una linea di frattura, non comportante il distacco totale, in senso parallelo allo scritto stesso. I consulenti tecnici d'ufficio avevano espresso l'avviso che, secondo un giudizio ‹di massima probabilità, i fenomeni riscontrati erano caratteristici di un foglio piegato in quattro e tenuto addosso per lungo tempo in tale condizione›. I giudici del merito — fondandosi sul parere dei consulenti e sulla considerazione che il testatore, qualora avesse prescelto una cosi anormale modalità di attuazione del proprio intento di revoca, ben difficilmente avrebbe perpetuato le ragioni di equivoco in essa insite, continuando a conservare e custodire la scheda disintegrata — avevano ritenuto raggiunta la prova che la lacerazione fosse stata causata da un fatto naturale (Cass. n. 10/1973).

Occorre aggiungere che lacerazione e distruzione differiscono, poiché solo nel secondo caso la scheda viene meno nella sua consistenza fisica, mentre nell'altro caso ne restano almeno i frammenti.

A differenza della distruzione e della lacerazione, che incidono sulla materialità della scheda, mediante la cancellazione si agisce sui segni grafici della stessa, lasciandone intatta la consistenza materiale. Anche nell'ipotesi di cancellazione, la revoca può essere totale o soltanto parziale. Laddove la cancellazione abbia avuto ad oggetto la data del testamento o la firma in calce allo stesso, la revoca è da ritenere totale.

Si è posto il problema di stabilire quale valenza debba essere data alle scritture «revocato», «non vale» od equivalenti inserite nel corpo della scrittura testamentaria. Secondo un orientamento, deve essere escluso che tali scritture possano avere un qualsiasi effetto allorché non incidano sul corpo della scrittura, venendo, in tal caso, a costituire delle semplici dichiarazioni che non ottemperano ai requisiti posti dall'art. 602 per il testamento olografo.

Secondo un altro orientamento, invece, la dicitura «annullato», apposta ai margini della scheda testamentaria e sulla busta che la racchiude senza essere sovrapposta al testo, pur non dando luogo ad un'ipotesi di revoca espressa, può ritenersi comportamento idoneo a realizzare la ‹cancellazione› del testo, inquadrandosi nell'ambito della previsione dell'art. 684, salva, in ogni caso, la prova dell'assenza della volontà di revoca (Cass. n. 1739/1979).

Con riguardo alle condotte ad effetto revocatorio rilevante (che non necessariamente devono essere personalmente tenute dal testatore, ad esse equivalendo quelle tenute dal terzo su incarico del testatore: Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 148), la giurisprudenza ritiene che l'elencazione contenuta nella disposizione in commento abbia carattere di tassatività.

I casi di revoca tacita del testamento previsti dall'art. 684 sono cioè di stretta interpretazione e non possono essere estesi per analogia. Ciò non esclude, peraltro, la varietà dei comportamenti e delle circostanze che in concreto possono condurre alla revoca del testamento, sempreché quei comportamenti possano ricondursi agli schemi tipici contemplati dallo stesso art. 684 (Cass. n. 834/1965; Cass. n. 1739/1979, secondo cui «la tassatività delle ipotesi di revoca del testamento olografo, previste dall'art. 684, non si estende alle modalità empiriche con cui ciascuna di esse — distruzione, lacerazione o cancellazione — può essere realizzata, attesa la molteplicità e diversità dei mezzi atti a conseguire lo stesso risultato»).

In applicazione dei ricordati principi, si ritiene che laddove vengano in rilievo condotte di appallottolamento o di accartocciamento o di getto della scheda testamentaria tra i rifiuti (Trib. Viterbo 14 aprile 1987, Giur. mer., 1988, 767, secondo cui il rinvenimento del testamento tra le carte di rifiuto non è motivo per dedurne la sua intervenuta revoca), è da escludere che le medesime siano sussumibili nelle fattispecie previste dalla norma.

Manca, invero, in tutti tali casi «un comportamento che abbia portato ad incidere sul valore rappresentativo del documento, anche se, soprattutto per quanto riguarda il gettito tra i rifiuti, il testatore abbia iniziato un processo causale che, nella maggior parte dei casi, porterà alla distruzione, in senso stretto, del documento» (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 144).

Bibliografia

Azzariti, Le successioni e le donazioni, II, Padova, 1982; Bonilini, La successione testamentaria, in Tratt. dir. succ. e don., II, Milano, 2009; Capozzi, Successioni e donazioni, a cura di A. Ferrucci-C. Ferrentino, I, Milano, 2009; Cicu, Testamento, Milano, 1951; D'Amico, Revoca delle disposizioni testamentarie, in Enc. dir., XL, Milano, 1989; Palazzo, Le successioni, Milano, 2000.

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