Codice Civile art. 686 - Alienazione e trasformazione della cosa legata.

Mauro Di Marzio

Alienazione e trasformazione della cosa legata.

[I]. L'alienazione che il testatore faccia della cosa legata o di parte di essa, anche mediante vendita con patto di riscatto [1500], revoca il legato riguardo a ciò che è stato alienato, anche quando l'alienazione è annullabile per cause diverse dai vizi del consenso [1427], ovvero la cosa ritorna in proprietà del testatore [657].

[II]. Lo stesso avviene se il testatore ha trasformato la cosa legata in un'altra, in guisa che quella abbia perduto la precedente forma e la primitiva denominazione [667 2].

[III]. È ammessa la prova di una diversa volontà del testatore.

Inquadramento

La disposizione in commento regola un'ulteriore ipotesi di revocazione tacita, operante con riguardo alle sole disposizioni a titolo particolare, revocazione che in questo caso è riconnessa alla alienazione o trasformazione. Le disposizioni a titolo universale non sono assoggettabili a revoca con tale mezzo (Cass. n. 8780/1987).  Ergo, in tema di successione testamentaria, l'institutio ex re certa ha ad oggetto un bene determinato e solo di riflesso la quota, sicché l'alienazione successiva del bene attribuito implica la revoca della istituzione di erede o l'attribuzione di una quota maggiore rispetto a quella assegnata a favore di altro coerede, senza che possa trovare applicazione l'art. 686 c.c. in materia di legato in quanto l'art. 588, comma 2, consente di determinare la quota spettante all'erede sulla base del valore dei beni assegnati ed in rapporto al valore del restante patrimonio eventualmente assegnato ad altri coeredi (Cass. n. 6972/2017).

Neppure la norma può trovare applicazione con riguardo ai legati di somme di denaro o di quantità o di cose indicate solo nel genere, dal momento che non è possibile supporre che vi sia identità fra le cose legate e quelle alienate (Cass. n. 1768/2007).

Con il termine «alienazione» il legislatore ha inteso fare riferimento a tutte le ipotesi in cui venga compiuto dal testatore un qualsiasi negozio giuridico di trasferimento della titolarità della cosa (vendita, donazione, permuta etc.).

La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la presunzione di revoca del legato di cui all'art. 686 in caso di alienazione della cosa legata, riguarda esclusivamente l'ipotesi di trasferimento della proprietà della cosa. Deve pertanto escludersi la revoca in caso di preliminare di vendita al quale si riconnettono effetti meramente obbligatori e non traslativi (Trib. Firenze 18 settembre 1999, Nuova giur. civ. comm., 2000, I, 142).

Alienazione

L'alienazione comporta la revoca del legato anche nell'ipotesi in cui la cosa torni successivamente in proprietà del testatore (Cass. n. 21685/2007).

L'effetto revocatorio non consegue ad una vendita nulla o annullata per vizi del consenso (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 179).

In tal senso per la nullità, in giurisprudenza, v. Cass. n. 1768/2007).

Tra i vizi del consenso (dolo, violenza psichica mirata a far concludere il contratto, errore sul motivo unico e determinante, errore sull'identità dell'oggetto), la giurisprudenza colloca, con interpretazione estensiva della disposizione, anche l'incapacità di intendere e di volere di cui all'art. 428 (Cass. n. 2212/1990; Cass. n. 2763/1968).

La legittimazione ad esercitare l'azione di annullamento per vizi del consenso spetta al legatario (Cass. n. 2212/1990).

Con riguardo all'ipotesi di atto di trasferimento contenente una condizione sospensiva o risolutiva, si è sostenuto che anche l'alienazione condizionata produrrebbe la revoca del legato, «non potendo ritenersi che la volontà condizionata di alienare importi una volontà altrettanto condizionata di revocare, posto che anche in tal caso l'alienazione non può non significare che il testatore non vuole mantener fermo il legato» (Azzariti, 593). In senso opposto si è negata l'operatività della presunzione di revoca, eccezion fatta per le ipotesi in cui l'alienazione condizionata abbia acquistato definitiva efficacia (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 185).

Non danno luogo ad alienazione, per i fini dell'applicazione della norma, i casi di trasferimento non riconducibili alla libera determinazione del testatore (ad es. espropriazione per pubblico interesse), trovando in tal caso applicazione la disciplina del legato di cosa non esistente nell'asse (art. 654).

Trasformazione

La trasformazione, che deve essere volontaria, consiste non in una semplice modificazione non sostanziale della cosa legata, occorrendo che la cosa legata abbia perso «la sua individualità, anche nel senso del mutamento della sua funzione economico-sociale» (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 193).

Prova contraria

Accertata l'avvenuta alienazione o trasformazione della cosa oggetto del legato, diviene operativa la presunzione di revocazione, ma è ammessa la prova di una diversa volontà del testatore.

Si sostiene che il comma 3 della disposizione in esame abbia carattere interpretativo e che la prova riuscire a dimostrare l'assenza di volontà di revoca del testatore (Talamanca, in Comm. S. B., 1978, 196 ss.).

In giurisprudenza, è stato affermato che l'art. 686 pone soltanto una presunzione iuris tantum che, come tale, può essere vinta dalla prova contraria. Tuttavia dalla prova della diversa volontà del testatore che abbia alienato l'oggetto del legato, ammessa dall'art. 686, comma 3, non consegue la trasformazione del legato da legato di cosa di proprietà del testatore in legato di cosa altrui, e, pertanto, la prova stessa spiega efficacia soltanto nel caso che il testatore, prima della morte, abbia riacquistato la proprietà della cosa, secondo la previsione dell'art. 654 (Cass. n. 3129/1973).

Una volta raggiunta la prova di una volontà del testatore contraria alla revoca, non sono però univoche, in caso di alienazione, le opinioni in ordine alla sorte del legato, prospettandosi le ipotesi che il legato sopravviva, ma ha ad oggetto il corrispettivo ottenuto dall'alienazione; che il legato rimanga inefficace, non esistendo la cosa nell'asse ereditario; che il legato sia inefficace rispetto alla disposizione testamentaria originaria e riacquista efficacia solo se il bene rientri nel patrimonio del testatore per effettuato riacquisto (Cass. n. 3129/1973).

Bibliografia

Azzariti, Le successioni e le donazioni, II, Padova, 1982; Bonilini, La successione testamentaria, in Tratt. dir. succ. e don., II, Milano, 2009; Capozzi, Successioni e donazioni, a cura di A. Ferrucci-C. Ferrentino, I, Milano, 2009; Cicu, Testamento, Milano, 1951; D'Amico, Revoca delle disposizioni testamentarie, in Enc. dir., XL, Milano, 1989; Palazzo, Le successioni, Milano, 2000.

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