Codice Civile art. 706 - Divisione da compiersi dall'esecutore testamentario.

Mauro Di Marzio

Divisione da compiersi dall'esecutore testamentario.

[I]. Il testatore può disporre che l'esecutore testamentario, quando non è un erede o un legatario, proceda alla divisione tra gli eredi dei beni dell'eredità. In questo caso si osserva il disposto dell'articolo 733.

[II]. Prima di procedere alla divisione l'esecutore testamentario deve sentire gli eredi.

Inquadramento

Il testatore può affidare all'esecutore l'incarico di procedere alla divisione dei beni dell'eredità tra gli eredi, previa audizione dei medesimi, osservato il disposto dell'art. 733. Il secondo comma di quest'ultima disposizione, in particolare, consente al testatore di disporre che la divisione si effettui secondo la stima di persona da lui designata che non sia erede o legataria.

Si pone dunque il quesito se la divisione dell'esecutore testamentario — il quale in conformità al dettato dell'art. 733 può procedervi solo ove non sia anch'egli erede o legatario — sia un caso particolare della divisione prevista dal citato art. 733. Alcuni autori propendano per quest'ultima soluzione (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 515; Capozzi, 1982, 609), ritenendo così la norma superflua. La dottrina prevalente, invece, distingue tra la divisione prevista dall'art. 733 e quella prevista dall'art. 706. L'esecutore testamentario, infatti, a differenza del terzo di cui all'art. 733, comma 2, «non integra, ma attua la volontà testamentaria» (Natoli, 1954, 4), sicché può affermarsi che l'art. 706 si affianca agli artt. 703-705 nell'individuare i compiti demandabili all'esecutore, compiti che, in vista dell'esatta esecuzione della volontà testamentaria, si estendono alla divisione dell'eredità. In tal senso si è posto l'accento non soltanto sull'obiettiva connessione del potere di procedere alla divisione con altri poteri propri dell'esecutore (alienare beni dell'eredità, ritenerne altri), ma anche sulla previsione dell'audizione degli eredi, non prevista dall'art. 733, nonché sull'osservazione che l'esecutore testamentario «procede» alla divisione, e cioè la attua in concreto, mentre essa è semplicemente «proposta» dal terzo di cui all'art. 733 (Cuffaro, in Tr. Res. 1997, 383 s.).

Una volta riconosciuta l'autonomia della divisione prevista dall'art. 706 rispetto a quella prevista dall'art. 733, diviene irrilevante la questione della natura reale od obbligatoria da attribuirsi a quest'ultima, e può prestarsi adesione all'opinione prevalente secondo cui la divisione dell'esecutore testamentario ha efficacia reale (Natoli,1954, 3; Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 515; Trimarchi,1966, 401; Migliori, 1970, 260; Cuffaro, in Tr. Res. 1997, 385). L'esecutore, cioè, non si limita a fare una proposta di divisione, ma compie la stessa in luogo del testatore, procede alla divisione come se questa fosse stata fatta dallo stesso testatore, il che avvicina piuttosto l'ipotesi prevista dall'art. 706 a quella dell'art. 734, tanto che la giurisprudenza ha riconosciuto il «pieno parallelismo fra la divisione compiuta dal testatore e quella da lui deferita all'esecutore testamentario» (App. Milano 21 aprile 1953, Foro pad., 1953, I, 500). Si è, così, affermato che il compito dell'esecutore è quello di esplicare una volontà del de cuius attributiva dei beni e rimasta inespressa per motivi che possono essere i più vari (Vicari, 1994, 1335 s.).

In giurisprudenza si è chiarito che, quando si parla di «divisione da compiersi» o di «procedere alla divisione tra gli eredi dei beni dell'eredità» si intende far riferimento a tutti gli atti necessari per giungere allo scioglimento della communio incidens e quindi anche alla fase conclusiva delle operazioni divisionali che si concreta appunto nella attribuzione delle singole quote (Cass. n. 844/1956; App. Milano 21 aprile 1953).

Quanto all'audizione degli eredi, non v'è dubbio che il loro parere, ammesso che sia concorde, non sia vincolante. È sufficiente che l'esecutore abbia interpellato gli eredi, anche se gli stessi siano rimasti in silenzio. Se gli eredi non siano interpellati la divisione è invalida, nulla secondo alcuni (Manca 1941, 650), inefficace secondo altri (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 521; Trimarchi, 1966, 401; Bonilini,1991, 545; Cuffaro, in Tr. Res. 1997, 386).

Si ritiene che l'esecutore non sia tenuto al rispetto delle norme divisionali di cui all'art. 727 se non per quanto la loro violazione possa riflettersi sull'osservanza della volontà del testatore ovvero tradursi in manifesta iniquità (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 522).

Impugnazione della divisione dell'esecutore

Attraverso il rinvio dell'art. 706 all'art. 733 c.c. si desume la possibilità di impugnazione della divisione effettuata dall'esecutore per contrarietà alla volontà del testatore o per manifesta iniquità. Difatti, la norma dell'art. 706 ha una propria autonomia e il richiamo dell'art. 733 va inteso con riguardo alla tutela concessa agli eredi nelle due ipotesi previste dalla disposizione testé citata, che cioè la divisione dell'esecutore testamentario sia contraria alla volontà del testatore o manifestamente iniqua (Cass. n. 844/1956).

L'impugnazione in esame attiene ai vizi dipendenti «da un cosciente e colposo atteggiamento psicologico dell'esecutore, ma che non trovino la loro origine in un comportamento, dolo o violenza, di uno dei soggetti interessati, dal punto di vista sostanziale, alla divisione» (Talamanca, in Comm. S.B. 1965, 522).

La giurisprudenza ha chiarito che l'impugnazione della divisione fatta dall'esecutore per violazione della volontà del testatore o per manifesta iniquità non presuppone la lesione oltre il quarto di cui all'art. 763 (App. Milano 21 aprile 1953).

Bibliografia

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