Codice Civile art. 723 - Resa dei conti.Resa dei conti. [I]. Dopo la vendita, se ha avuto luogo, dei mobili e degli immobili si procede ai conti che i condividenti si devono rendere, alla formazione dello stato attivo e passivo dell'eredità e alla determinazione delle porzioni ereditarie e dei conguagli [728] o rimborsi che si devono tra loro i condividenti [263 ss. c.p.c.]. InquadramentoLa resa dei conti disciplinata dalla norma in commento soddisfa l'esigenza di determinare debiti e crediti di ciascun coerede in caso di compimento, da parte di taluno di essi, di atti di amministrazione dei beni comuni ovvero di atti di godimento separato. La norma è comunque derogabile da parte dei condividenti (Cass. n. 1221/1969), e l'azione di rendiconto costituisce un'azione autonoma e distinta rispetto alla domanda di scioglimento della comunione, sicché la domanda riconvenzionale con la quale si intende chiedere il rendiconto deve essere proposta, a pena di inammissibilità, con la comparsa di risposta ai sensi dell'art. 167 c.p.c. (Cass. n. 15182/2019). Dalla resa dei conti inizia, poi, a decorrere la prescrizione del diritto dei comunisti ai frutti dovuti loro dal comproprietario utilizzatore del bene, giacché è solo da tale momento che sorge l'esigenza dell'imputazione alla quota di ciascun comunista delle somme di cui è debitore verso i condividenti (Cass. n. 16700/2015). Le resa dei contiL'art. 723non stabilisce le modalità secondo cui la resa dei conti deve essere effettuata. Ciò secondo la dottrina, comporta l'applicabilità della disciplina generale di cui agli artt. 263 e ss. c.p.c. (Bonilini, n. 192). Tale impostazione non è condivisa dalla giurisprudenza, secondo cui l'art. 723, non stabilendo le modalità del rendiconto, non impone il ricorso a quelle degli artt. 263 e ss. c.p.c., la cui adozione, pertanto, è meramente facoltativa ed è affidata alle scelte discrezionali del giudice del merito, il quale può preferire indagini e prove di tipo diverso, come ad esempio il ricorso ad una consulenza tecnica (Cass. n. 1509/1997; Cass. n. 1319/2024). Il coerede che abbia goduto in via esclusiva dei beni ereditari è obbligato, in ogni caso, agli effetti dell'art. 723, sia al rendiconto che a corrispondere i frutti agli altri eredi a decorrere dalla data di apertura della successione (o dalla data posteriore in cui abbia acquisito il possesso dei beni stessi), senza che abbia rilievo la sua buona o mala fede (nella specie, indipendentemente dalla conoscenza della falsità del testamento), non trovando applicazione, in tal caso, gli artt. 535 e 1150 (Cass. n. 2148/2014). Alla resa dei conti, in ogni caso, fanno seguito la formazione dello stato attivo e passivo del patrimonio ereditario e la determinazione degli eventuali conguagli o rimborsi tra i condividenti, ivi compresa la restituzione dei frutti; ne consegue che la domanda di restituzione dei frutti è da ritenere ricompresa in quella di resa dei conti (Cass. n. 30552/2011). Più in generale si è chiarito chela domanda di rendimento del conto include la domanda di condanna al pagamento delle somme che risultano dovute, in quanto il rendiconto, ai sensi degli artt. 263, comma 2, e 264, comma 3, c.p.c., è finalizzato proprio all'emissione di titoli di pagamento; ne consegue che non viola l'art. 112 c.p.c. il giudice che, pur senza un'espressa domanda al riguardo, condanni chi rende il conto alla corresponsione delle somme dovute (Cass. n. 14324/2022). BibliografiaBonilini, Divisione, in Dig. Civ., Torino, 1990, 487 e ss.; Mora, Il contratto di divisione, Milano, 1994, 1 e ss.; Mora, La divisione. Effetti, garanzie e impugnative, Milano, 2014, 1 e ss.; Pischetola, La divisione contrattuale. Profili civilistici e fiscali, Roma, 1 ss. |