Codice Civile art. 732 - Diritto di prelazione.Diritto di prelazione. [I]. Il coerede, che vuole alienare [1542 ss.] a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel termine di due mesi dall'ultima delle notificazioni. In mancanza della notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria [230-bis 5, 1502 ss.]. [II]. Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è assegnata a tutti in parti uguali. InquadramentoLa norma riconosce un diritto di prelazione agli altri coeredi qualora uno di essi voglia cedere la propria quota. Il mancato rispetto della prelazione comporta la facoltà in capo ai coeredi pretermessi di riscattare la quota alienata dall'acquirente e da ogni successivo avente causa, finché dura la comunione ereditaria (c.d. retratto successorio). La norma trova applicazione solo in caso di comunione ereditaria, non anche di comunione ordinaria (Cass. n. 5754/2017 ; Cass. n. 12504/2018 ), vigendo per la comunione ordinaria il principio della libera disponibilità della quota di cui all'art. 1103. La prelazione del coeredeLa prelazione è il diritto di ciascun coerede di essere preferito a terzi estranei, a parità di condizioni, nell'acquisto della quota ereditaria che taluno degli altri coeredi voglia cedere. La ratio è, evidentemente, quella di evitare, ove possibile, il subentro di estranei nella comunione ereditaria, normalmente instaurantesi tra congiunti. La norma, tuttavia, non è applicabile quando la divisione sia stata fatta direttamente dal testatore, ancorché assegnando ad un gruppo di discendenti un bene in comunione, in quanto tale comunione è diversa da quella ereditaria, traendo la sua origine non dalla successione a causa di morte, ma dall'atto dispositivo-attributivo con effetti reali posto in essere dal testatore stesso (Cass. n. 15032/2015). Il diritto di prelazione attribuito dall'art. 732 a ciascun coerede è personale e intrasmissibile (Cass. n. 4277/2012), ma è anche disponibile, nel senso che il coerede non alienante può validamente rinunciarvi espressamente o tacitamente, senza l'osservanza di forme solenni, trattandosi di mera dimissione abdicativa di un diritto concesso dalla legge (Cass. n. 2159/2014; Cass. n. 900/1975). Secondo la Suprema Corte, peraltro, il coerede può rinunciare alla prelazione ex art. 732 c.c. non solo dopo la denuntiatio, che si traduce, più propriamente, nel mancato esercizio del diritto rispetto ad una specifica proposta notificatagli, ma anche preventivamente e, dunque, in epoca precedente rispetto ad un'alienazione solo genericamente progettata, giacché egli acquisisce il diritto di retratto unitamente alla qualità di erede (Cass. n. 16314/2016). Affinché il coerede non alienante possa essere messo in condizione di esercitare il proprio diritto di prelazione, il legislatore configura un meccanismo di denuntiatio, in forza del quale il coerede alienante deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri condividenti, che a quel punto hanno la facoltà di esercitare la prelazione nel termine di due mesi dall'ultima delle notificazioni. La denuntiatio ha valore di proposta contrattuale, nel senso e per gli effetti stabiliti dall'art. 1326 e, nel caso in cui la quota ereditaria comprenda beni immobili, deve, per poter produrre i suoi effetti, essere fatta per iscritto (Cass. n. 25041/2006), potendo altrimenti essa avere forma libera (Cass. n. 4537/1982). Essa deve consentire al destinatario di comprendere concretamente il tenore dell'offerta e valutarne in tutti i suoi elementi la convenienza, per stabilire se esercitare, o meno, il diritto di prelazione (Cass. n. 5874/2024). Si è tuttavia precisato che la denuntiatio dell'alienazione della quota al coerede, effettuata ai sensi dell'art. 732, ai fini dell'esercizio della prelazione va in ogni caso notificata con modalità idonee a documentarne il giorno della ricezione da parte del destinatario (Cass. n. 5865/2016). In caso di acquisto di quota di eredità avente ad oggetto, tra l'altro, un fondo agricolo, il diritto di prelazione del coerede, di cui all'art. 732 c.c.prevale sul diritto di prelazione, ex art. 8, l. n. 590 del 1965, del coltivatore diretto, mezzadro, colono o compartecipante (Cass. n. 25443/2024). Il retratto successorioQualora il coerede alieni la propria quota senza mettere gli altri coeredi in condizione di esercitare il proprio diritto di successione, questi ultimi possono riscattare la quota dall'acquirente e da ogni successivo avente causa fino a che perdura lo stato di comunione ereditaria. Il retratto successorio è un diritto potestativo ex lege, che assicura al coerede non alienante il potere di sostituirsi ex tunc al terzo acquirente della quota ove l'alienazione sia avvenuta in violazione della prelazione riconosciuta dall'art. 732 (Bonilini, Retratto successorio, in Dig. Civ., Torino, 1998, 430). Anche il diritto al riscatto configurato dall'art. 732 è personale e intrasmissibile. Esso spetta, tuttavia, anche a chi succeda per rappresentazione del coerede non alienante, facendo tale istituto subentrare il rappresentante nel luogo e nel grado dell'ascendente rappresentato che non possa o non voglia accettare l'eredità e, quindi, determinando una successione diretta al de cuius, che legittima all'esercizio del retratto successorio (Cass. n. 594/2015). Il diritto non spetta, invece, al soggetto che succede, fuori dei casi di rappresentazione, al soggetto retraente, ferma la possibilità per tale soggetto di proseguire il giudizio già introdotto da o nei confronti del suo de cuius (Cass. n. 24151/2015). Il retratto successorio è soggetto al termine di prescrizione di dieci anni, decorrenti dalla data della vendita della quota ereditaria compiuta in violazione del diritto di prelazione spettante ai coeredi, ancorché permanga lo stato di comunione ereditaria (Cass. n. 3465/2003). L'accoglimento della domanda di retratto successorio, togliendo causa, con effetto retroattivo, alle attribuzioni patrimoniali del contratto di vendita della quota, comporta la surrogazione legale del retrattante nella stessa posizione del retrattato e con efficacia ex tunc, vale a dire dalla data della conclusione del contratto, in modo che il primo sia considerato diretto acquirente rispetto al coerede alienante e fa si che tutte le eventuali successive alienazioni della stessa quota perdono ipso iure la loro efficacia, indipendentemente dalla trascrizione del primo atto dispositivo della quota o dalla priorità dell'eventuale trascrizione dei successivi atti di trasferimento (Cass. n. 4703/1999). Ove l’alienazione riguardi la quota indivisa dell'unico cespite ereditario, si presume che l'alienazione concerna la quota che riguarda l’alienante, intesa come porzione ideale dell'universum ius defuncti, sicché anche in questo caso il coerede può esercitare il diritto di prelazione ex art. 732, salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della fattispecie ed intrinseci al contratto (quali la volontà delle parti, lo scopo perseguito, la consistenza del patrimonio ereditario ed il raffronto con l'entità dei beni venduti), che la vendita ha, invece, ad oggetto un bene a sé stante, mentre non assume alcun rilievo il comportamento del retraente, estraneo al contratto medesimo (Cass. n. 8692/2016). Secondo un altro arresto della giurisprudenza di legittimità, l'azione di divisione giudiziale della comunione ereditaria proposta anche nei confronti degli acquirenti di una quota non osta alla proposizione nei confronti di costoro, nelle more del primo giudizio, anche della domanda di retratto ex art. 732, atteso che entrambe le azioni sottendono la validità dell'atto traslativo e l'eventuale giudicato formatosi sulla domanda divisoria non preclude l'esame dell'istanza del retrattante, il cui accoglimento determina un fenomeno di surrogazione soggettiva legale, con efficacia ex tunc, assimilabile quoad effectum, rispetto agli esiti del giudizio divisionale, ad una sorta di confusione, appartenendo i beni da dividere, in ragione dell'accoglimento della domanda di retratto, ad un unico soggetto (Cass. n. 17420/2016). BibliografiaBonilini, Divisione, in Dig. civ., Torino, 1990, 487 e ss.; Mora, Il contratto di divisione, Milano, 1994, 1 e ss.; Mora, La divisione. Effetti, garanzie e impugnative, Milano, 2014, 1 e ss.; Pischetola, La divisione contrattuale. Profili civilistici e fiscali, Roma, 1 ss. |