Codice Civile art. 816 - Universalità di mobili.Universalità di mobili. [I]. È considerata universalità di mobili la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria [771 2, 994, 1010, 1156, 1160, 1170]. [II]. Le singole cose componenti la universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici. InquadramentoL'universalità di mobili suppone una pluralità di cose, materialmente distinte tra loro, dotate di una loro individualità anche sotto il profilo giuridico e di un loro valore economico (tant'è che possono formare oggetto di separati atti e rapporti), ma unitariamente destinate ad una funzione comune dal loro unico proprietario. Numerose sono le norme del Codice Civile che fanno riferimento all'universalità di mobili quale autonomo oggetto del diritto o quale complesso unitario distinto dalla pluralità dei suoi elementi: così gli artt. artt. 1156, 1160, 1170, in materia di possesso e di usucapione, assimilandone il regime a quello dei beni immobili; l'art. 2784, in tema di pegno, che invece ne uniforma il trattamento normativo ai beni mobili; l'art. 994, in tema di usufrutto della mandria o del gregge; l'art. 2914, n. 3, circa l'opponibilità al creditore pignorante dell'alienazione di «universalità di mobili». NozioneLa nozione di universalità di beni, anche definita “cosa collettiva”, intesa come complesso di cose materiali con destinazione unitaria ed unite da una sola denominazione, si trae anche per differenza dalla “cosa semplice”, che è la cosa singola, unitaria, definita ed omogenea (la quale forma, perciò, oggetto di rapporti giuridici nella sua individualità), nonché dalla “cosa composta”, la quale risulta dalla combinazione di più cose fra loro funzionalmente e strutturalmente congiunte per opera dell'uomo. Si assume, peraltro, che l'universalità di mobili, pur definita dall'art. 816, costituisce non un modo d'essere delle cose, quanto un loro modo di essere considerate con valenza costitutiva dalla legge (Scozzafava, in Comm. S., 1999, 116; Trimarchi, 820). L'universitas rerum, similmente alla cosa composta, si connota per la pluralità dei suoi elementi compositivi, seppur, rispetto a quella, il collegamento fra i suoi “pezzi” è meno forte, tant'è che le singole cose possono «formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici». L'universalità, proprio per l'individualità che conservano le sue parti, somiglia al rapporto pertinenziale, ma quest'ultimo è caratterizzato da una preminenza della cosa principale, laddove nell'universalità le cose sono poste su uno stesso piano. Condizioni per ravvisare l'universitas rerum, da sottoporre al suo peculiare regime giuridico, sono, dunque, l'esistenza di una quantità di cose, ciascuna autonoma dall'altra, appartenenti allo stesso proprietario e site nello stesso luogo, ed avvinte da un legame consistente nella comune destinazione economica, la quale ne delinea, perciò, l'unitarietà (La Torre, 267). Se la pluralità di cose che si trovano in un certo luogo non rivela la destinazione unitaria, sotto il profilo economico-sociale, che connota le universalità di mobili, esse possono comunque formare oggetto, globalmente considerate, di atti giuridici unitari di carattere negoziale, anche con effetti reali (si veda, ad esempio, la vendita di massa ex art. 1377), ma chi voglia provare di esserne proprietario dovrà dare la relativa dimostrazione per ciascuna di esse (Cass. n. 738/1964). Nonostante la norma in commento supponga, in via di principio, la separata disponibilità delle singole cose componenti l'universalità, l'art. 727, comma 2, in tema di divisione ereditaria, afferma che si deve «evitare, per quanto è possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno una importanza storica, scientifica o artistica», disposizione che lascia pensare che qualsiasi universalità, anche se priva di rilievo culturale, vada intesa come non divisibile allorquando il suo valore unitario superi la somma dei valori dei beni che la compongono. CasisticaSecondo l'elaborazione giurisprudenziale, costituiscono ipotesi di universalità di mobili: l'azienda, sottratta, in quanto tale, agli effetti dell'art. 1156, dall'applicabilità della regola « possesso vale titolo» (Cass. n. 11531/ 1995); una collezione di francobolli, sicché la prova della proprietà dell'intera raccolta esime il collezionista dal dover provare il modo ed il tempo di acquisto di ogni singolo francobollo che la integra (Cass. n. 1409/1966); una pinacoteca o biblioteca (Cass. n. 1782 /1977); la mandria posta in dotazione di un fondo (Cass. n. 3582/1979). Non costituisce invece universalità di mobili un'enciclopedia in più volumi, non sussistendo l'individualità economica dei suoi componenti, né la destinazione giuridica unitaria (Cass. n. 593/1976). BibliografiaBiondi, voce Cosa mobile ed immobile (diritto civile), in Nss. D.I., IV, Torino 1959, 1024 ss.; La Torre, Il bene «duale» nella teoria delle cose, in Giust. civ. 2008, 267 ss.; Scozzafava, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, 90; Trimarchi, Universalità di cose, in Enc. dir., XLV, Milano 1992, 820. |