Codice Civile art. 909 - Diritto sulle acque esistenti nel fondo.

Alberto Celeste

Diritto sulle acque esistenti nel fondo.

[I]. Il proprietario del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in esso esistenti, salve le disposizioni delle leggi speciali per le acque pubbliche e per le acque sotterranee.

[II]. Egli può anche disporne a favore d'altri, qualora non osti il diritto di terzi; ma, dopo essersi servito delle acque, non può divertirle in danno d'altri fondi.

Inquadramento

Deve evidenziarsi, preliminarmente, la scarsa importanza delle acque private, in quanto, a decorrere dall'art. 1 r.d. n. 1775/1933 (ora abrogato dal d.P.R. n. 238/1999) , sono pubbliche non solo quelle acque che abbiano, ma anche quelle che acquistino attitudine ad usi di pubblico interesse, per cui, in un paese come il nostro che ricorre frequentemente all'uso dell'acqua segnatamente per gli impianti elettrici nonché per soddisfare i bisogni idrici e irrigatori, sovente l'acqua viene classificata come pubblica. Si tenga presente, in argomento, anche la l. n. 319/1976 (abrogata dal d.lgs. n. 152/2006), e successive integrazioni, che ha dettato nuove norme per la tutela delle acque dall'inquinamento e per il regolamento degli scarichi di qualsiasi tipologia. In quest'ordine di principi, la norma in commento stabilisce che il proprietario del suolo ha il diritto di utilizzare le acque in esso esistenti, salve le disposizioni delle leggi speciali per le acque pubbliche e per le acque sotterranee; peraltro, tale proprietario può anche disporne a favore di altri, qualora non osti il diritto di terzi ma, dopo essersi servito delle acque, non può divertirle in danno di fondi altrui. La legge tende, quindi, ad assicurare a ciascuno, salvi gli eventuali diritti dei terzi, il massimo godimento possibile, in rapporto alle esigenze e possibilità di utilizzazione più varie, agricole e industriali, evitando però inutili sprechi o dispersioni dell'acqua residua.

Diritto di utilizzazione

In argomento, la giurisprudenza ha solo chiarito che, allorquando i proprietari di due fondi contigui abbiano proceduto all'escavazione di pozzi per utilizzare ai fini di irrigazione una stessa falda di acqua sotterranea, non pubblica e non soggetta a disposizioni di leggi speciali, ciascun proprietario ha, all'utilizzazione dell'acqua un diritto pari a quello del vicino indipendentemente dalla priorità dello scavo (Cass. II, n. 9350/1987).

Inoltre, il proprietario del fondo il cui sottosuolo sia attraversato da falde acquifere non pubbliche, non estende il suo diritto di proprietà anche su tali acque, ma ha soltanto la facoltà di utilizzarle, come previsto dall'art. 909, con la tutela, qualora abbia realizzato opere di sfruttamento delle falde acquifere a scopo domestico, agricolo o industriale, salvo il contemperamento degli opposti interessi, ai sensi dell'art. 912 (Cass. II, n. 101/1981).

Divieti

Ad avviso della dottrina (Astuti, Acque private, in Enc. dir., I, Milano 1958, 393), il diritto di godimento del proprietario incontra un preciso limite nel divieto di “divertire” le acque, dopo l'uso, in danno di altri fondi. Tale divieto è stato ritenuto funzionale ad evitare un inutile spreco delle acque non utilizzate. Per l'applicazione del divieto non si richiede l'animus nocendi, essendo sufficiente la semplice incuria del proprietario del fondo, ma anche una dispersione colposa è da ritenersi vietata. Al danneggiato compete azione risarcitoria, purché in presenza di danno effettivo e con la prova del pregiudizio arrecato. Possono chiedere che l'acqua non venga dispersa tutti coloro ai quali essa può essere utile, proprietari o titolari di un diritto reale di godimento sui fondi stessi, mentre sono invece legittimati i titolari di semplici diritti personali, poiché la legge tutela l'utilità fondiaria e non l'interesse personale di coloro che abbiano rapporti con il fondo.

Bibliografia

Azzaro, Scoli e avanzi d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XVIII, Torino, 1998; Calabrese, Diritto sulle acque private e limiti nel loro uso, in Giur. agr. it. 1982, 39; Costantino, Acque private, in Dig. civ., I, Torino, 1987; Gaggero, Presa o derivazione d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XIV, Torino, 1996; La Rocca, Problemi pratici derivanti dalla normativa in materia di deflusso delle acque per la pendenza del terreno, in Giur. agr. it. 1983, 474; Lipari, Alterazione del deflusso naturale di acque e risarcimento del danno, in Giur. agr. it. 1987, 486; Pescatore - Albano - Greco, Commentario del codice civile, III, Della proprietà, Torino, 1968; Taldone, Lavori nell'alveo di un fiume e necessità di preventiva autorizzazione, in Dir. e giur. agr. e ambiente 2005, 601.

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