Codice Civile art. 911 - Apertura di nuove sorgenti e altre opere.Apertura di nuove sorgenti e altre opere. [I]. Chi vuole aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e in genere eseguire opere per estrarre acque dal sottosuolo o costruire canali o acquedotti, oppure scavarne, profondarne o allargarne il letto, aumentarne o diminuirne il pendio o variarne la forma, deve, oltre le distanze stabilite nell'articolo 891, osservare le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano necessarie per non recare pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi o aste di fonte, canali o acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione dei terreni o agli usi domestici o industriali. InquadramentoLa norma in commento disciplina l'attività del soggetto che intenda aprire sorgenti, stabilire capi o aste di fonte e, in genere, eseguire opere per estrarre acque dal sottosuolo o costruire canali o acquedotti, oppure scavarne, profondarne o allargarne il letto, aumentarne o diminuirne il pendio o variarne la forma, stabilendo che, in tal caso, oltre a rispettare le distanze stabilite nel precedente art. 891, è tenuto ad osservare le maggiori distanze ed eseguire le opere che siano necessarie per non recare pregiudizio ai fondi altrui, sorgenti, capi o aste di fonte, canali o acquedotti preesistenti e destinati all'irrigazione dei terreni o agli usi domestici o industriali. A ben vedere, gli artt. 889 e 891, da un lato, e l'art. 911, dall'altro, sono preordinati alla tutela di interessi diversi. I primi due sono preordinati a regolare la distanza che deve intercorrere tra le opere in essi contemplate ed il confine, per assicurare l'integrità del contiguo fondo del vicino dai pericoli e dai pregiudizi che possono derivare dalla costruzione e dall'esistenza di esse, riguardo all'ipotesi che sorgano in prossimità del confine, e ciò secondo una presunzione iuris et de iure di danno, ricorrente in tutte le norme sulle distanze legali con riferimento alla possibilità di immissioni (infiltrazioni, trasudamenti, ecc.) o di attentati alla stabilità del fondo medesimo. L'art. 911 è inteso, invece, ad impedire l'apertura di sorgenti o l'esecuzione di opere dirette ad estrarre acqua dal sottosuolo, che possano influire, riducendolo, sul volume dell'acqua già assorbita dal vicino; esso è preordinato a tutelare, quindi, indipendentemente dalla distanza a cui le predette opere sorgano rispetto al confine del fondo contiguo, un interesse del tutto diverso, qual è, appunto, la precostituita utilizzazione delle acque sotterranee, già fatta dal vicino per uso di irrigazione o per usi industriali o domestici. Disciplina dell'estrazione delle acqueLa dottrina ha evidenziato che le principali innovazioni rispetto al corrispondente art. 578 del codice abrogato sono due: l'aver aggiunto alle altre opere (apertura di sorgenti, stabilimenti di capi o aste di fonte) anche l'esecuzione in genere di opere per estrarre acqua dal sottosuolo, e l'aver aggiunto alle altre due utilizzazioni (quella irrigua e quella industriale) anche quella per usi domestici (Pescatore — Albano — Greco, 439). La prima innovazione convalida, data l'ampiezza della formulazione, l'estensione del divieto sia agli emungimenti sia ai tagli di vene, mentre la seconda limita ancor più il diritto del proprietario che voglia eseguire nel proprio fondo opere per l'utilizzazione delle acque sotterranee, estendendo le possibilità di utilizzazione dell'acqua da parte del vicino. Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato (Cass. II, n. 7469/1997) che chi esegue opere per estrarre acque dal sottosuolo, oltre a rispettare la distanza di cui all'art. 889, deve astenersi da attività che determinino l'emungimento o la recisione della vena acquifera oggetto dello sfruttamento già in atto, salvo che per l'abbondanza dell'acqua di falda rispetto all'utilizzazione fattane non sussista il pericolo di limitarla o di comprometterla. Inoltre, chi esegue opere per estrarre acque dal sottosuolo, oltre a rispettare la distanza di cui all'art. 889 c.c., deve osservare anche l'art. 911, diretto a tutelare il proprietario del fondo che già usi delle acque (non pubbliche) di falda, accordando protezione all'utilizzazione cronologicamente prioritaria che questi ne abbia fatto, mediante il divieto, imposto al proprietario del fondo vicino, di eseguire opere che determinino l'emungimento o la recisione della vena acquifera oggetto dello sfruttamento già in atto, sicché l'opera del vicino può essere consentita solo allorché, pur insistendo sulla stessa vena, non rechi nocumento al precedente utente, ossia in quanto, per l'abbondanza dell'acqua di falda rispetto all'utilizzazione fattane dal medesimo, non arrechi pericolo di limitarla o di comprometterla (Cass. II, n. 9398/2019: nella specie, si è ritenuto che la disciplina convenzionale con la quale i danti causa delle parti avevano regolamentato le modalità di utilizzo turnario dell'acqua di un pozzo a fini irrigui, contribuisse a comprovare il giudizio di contrarietà al disposto dell'art. 911 della condotta posta in essere da una di esse, consistita nella creazione di un altro pozzo che attingeva acqua dalla medesima sorgente, consentendole un prelievo di acqua eccedente rispetto a quanto, in proporzione, le sarebbe spettato in base all'originaria convenzione). Applicabilità ai pozziIl richiamo alle distanze prescritte dall'art. 891 per i canali ed i fossi, contenuto nel successivo art. 911 in relazione all'apertura di nuove sorgenti, va interpretato nel senso che tali distanze non debbono essere osservate sempre ed in ogni caso, in base ad una presunzione iuris et de iure di danno, bensì nel senso che esse debbono essere osservate solo in presenza dei presupposti contemplati dall'art. 911 citato; ne consegue che, siccome i pozzi non sono menzionati nell'art. 891, essendo disciplinati in maniera del tutto autonoma dal precedente art. 889, non è necessario osservare per l'apertura dei pozzi di acqua viva una distanza dal confine pari alla misura della loro profondità, salva l'ipotesi in cui un concreto pregiudizio alle contigue prese d'acqua già esistenti nel fondo del vicino imponga una distanza maggiore di quella prevista dal menzionato art. 889 (Cass. II, n. 6059/1981). Responsabilità per i danni arrecatiResta inteso che, l'apertura di sorgenti, quale legittima esplicazione del diritto di proprietà, deve essere effettuata non solo con il rispetto delle distanze indicate dall'art. 891, ma anche con l'osservanza delle maggiori distanze e con l'esecuzione delle opere necessarie per evitare il pregiudizio ai fondi e sorgenti altrui (art. 911), con la conseguenza che, nel caso di dolosa o colposa inosservanza di queste maggiori distanze e cautele, il proprietario che ha eseguito le opere assume la responsabilità (extracontrattuale) dei danni arrecati, ai sensi dell'art. 2043, e non il mero obbligo di pagamento dell'indennizzo previsto dall'art. 912, che si riferisce alle estrazioni ed utilizzazioni dell'acqua legittimamente eseguite nell'esercizio del diritto di proprietà e non ha, quindi, natura risarcitoria ma solo funzione di corrispettivo da liquidare con criteri equitativi in modo da compensare gli opposti interessi (Cass. II, n. 10401/1994). Il possesso di acqua sorgivaÈ stata ritenuta esperibile l'azione di reintegra a tutela del compossesso di acqua privata sorgiva, se il confinante, scavando un pozzo nel suo terreno a monte, ha prosciugato la vena che alimentava quello a valle, alterando lo stato di fatto preesistente ed impedendo al vicino di continuare ad utilizzare l'acqua (Cass. II, n. 7628/1998). BibliografiaAzzaro, Scoli e avanzi d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XVIII, Torino, 1998; Calabrese, Diritto sulle acque private e limiti nel loro uso, in Giur. agr. it. 1982, 39; Costantino, Acque private, in Dig. civ., I, Torino, 1987; Gaggero, Presa o derivazione d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XIV, Torino, 1996; La Rocca, Problemi pratici derivanti dalla normativa in materia di deflusso delle acque per la pendenza del terreno, in Giur. agr. it. 1983, 474; Lipari, Alterazione del deflusso naturale di acque e risarcimento del danno, in Giur. agr. it. 1987, 486; Pescatore - Albano - Greco, Commentario del codice civile, III, Della proprietà, Torino, 1968; Taldone, Lavori nell'alveo di un fiume e necessità di preventiva autorizzazione, in Dir. e giur. agr. e ambiente 2005, 601. |