Codice Civile art. 937 - Opere fatte da un terzo con materiali altrui.Opere fatte da un terzo con materiali altrui. [I]. Se le piantagioni, costruzioni o altre opere sono state fatte da un terzo con materiali altrui, il proprietario di questi può rivendicarli, previa separazione a spese del terzo, se la separazione può ottenersi senza grave danno delle opere e del fondo. [II]. La rivendicazione non è ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione [2964 ss.]. [III]. Nel caso che la separazione dei materiali non sia richiesta o che i materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il proprietario del suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in solido [1292 ss.] al pagamento di una indennità pari al valore dei materiali stessi. Il proprietario dei materiali può anche esigere tale indennità dal proprietario del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse ancora dovuto. Può altresì chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia autorizzato l'uso. InquadramentoLa norma in commento prevede l'eventualità che le piantagioni, costruzioni o altre opere siano state fatte da un terzo con materiali altrui, sancendo che il proprietario di questi può rivendicarli, previa separazione a spese del terzo, se la separazione può ottenersi senza grave danno delle opere e del fondo. La rivendicazione non è, però, ammessa trascorsi sei mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell'incorporazione. Qualora, invece, la separazione dei materiali non sia richiesta o i materiali siano inseparabili, il terzo che ne ha fatto uso e il proprietario del suolo che sia stato in mala fede sono tenuti in solido al pagamento di un'indennità pari al valore dei materiali stessi. Il proprietario dei materiali può anche esigere tale indennità dal proprietario del suolo, ancorché in buona fede, limitatamente al prezzo che da questo fosse ancora dovuto, e può, altresì, chiedere il risarcimento dei danni, tanto nei confronti del terzo che ne abbia fatto uso senza il suo consenso, quanto nei confronti del proprietario del suolo che in mala fede abbia autorizzato l'uso. Resta inteso che tali disposizioni non si applicano quando le situazioni da tali norme disciplinate siano state regolate convenzionalmente fra le parti. Rapporti tra le partiLa fattispecie de qua si avvicina, dunque, a quella prevista nell'art. 935, solo che, nel presente caso i materiali altrui sono stati utilizzati da un terzo e non dal proprietario del fondo. Similmente all'art. 935, il proprietario dei materiali può rivendicarli se la loro separazione non arreca grave danno — ma qui si tiene anche presente il danno al fondo — o se non sono trascorsi ancora sei mesi dal momento in cui egli ha avuto notizia dell'incorporazione. Se si verifica accessione, il proprietario dei materiali avrà azione per il pagamento — anche in questo caso, pari al valore di mercato dei materiali — solo nei confronti del terzo che ha eseguito l'opera. Nessuna pretesa potrà invece avanzare nei confronti del proprietario, a meno che non ne dimostri la mala fede — nel qual caso potrà anche ottenere il risarcimento dei danni — con una sola eccezione: se il proprietario del fondo (pur in buona fede) deve ancora corrispondere (anche in parte) il prezzo al terzo che ha eseguito l'opera, il proprietario dei materiali avrà, nei limiti di tale somma, una pretesa nei suoi confronti. In proposito, la giurisprudenza ha rilevato che l'art. 937 (norma che disciplina i diritti del proprietario di materiali impiegati su suolo altrui), non richiede — diversamente dall'art. 936 — che il costruttore su suolo non proprio, e perciò terzo rispetto al proprietario degli uni e dell'altro, non sia legato da alcun rapporto con quest'ultimo, tant'è invece che il comma 3 prevede la pattuizione di un prezzo con il costruttore; pertanto, il proprietario di materiali con cui un appaltatore ha eseguito una costruzione su suolo altrui, se vuole, entro sei mesi chiederne la separazione, ha l'onere di rivendicarli (art. 948), nei confronti del proprietario del suolo, in un giudizio di cognizione — o in riconvenzionale nell'opposizione alla consegna, instaurata dal proprietario del suolo — non essendo all'uopo sufficiente notificargli il titolo esecutivo per la consegna, ottenuto nei confronti del costruttore (Cass. II, n. 603/1998). Si è, altresì, chiarito (Cass. II, n. 14021/2017) che non può essere considerato terzo, avente diritto all'indennità di cui all'art. 937, colui che abbia eseguito l'opera sul suolo altrui in adempimento di un contratto con persona diversa dal proprietario, atteso che egli entra in contatto con la cosa in via esclusivamente secondaria, a seguito o in ragione di un incarico conferitogli - non rileva a quale titolo - da diverso soggetto e si limita ad eseguire la sua volontà. BibliografiaAlpa, Accessione, in Dig. civ., I, Torino, 1987; Cimmino, Accessione e costruzione sul suolo comune, in Not. 2011, 634; Dell'Aquila, L'acquisto della proprietà per accessione, unione, commistione e specificazione, Milano, 1979; Dinacci, Accessione, in Enc. dir., I, Milano 2007; Messinetti, I fenomeni acquisitivi da eventi materiali (art. 934-940 c.c.), Padova, 2004; Musolino, L'accessione di opere fatte da un terzo con materiali propri: la nozione di terzo, in Riv. not. 2001, 1426; Paradiso, L'accessione al suolo - art. 934-938, Milano, 1994; Salaris, Accessione, in Enc. giur., I, Roma 1997; Santersiere, Accessione e rimozione di opera illegittima su fondo altrui, in Nuovo dir. 1999, 265; Terzago, La buona fede nell'accessione invertita, in Immob. & diritto 2005, n. 9, 94. |