Codice Civile art. 942 - Terreni abbandonati dalle acque correnti (1).

Alberto Celeste

Terreni abbandonati dalle acque correnti (1).

[I]. I terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio pubblico, senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto.

[II]. Ai sensi del primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi, i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.

[III]. Quanto stabilito al primo comma vale anche per i terreni abbandonati dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico.

(1) Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 5 gennaio 1994, n. 37. Il testo precedente recitava: «Terreno abbandonato dall'acqua corrente. [I]. Il terreno abbandonato dall'acqua corrente, che insensibilmente si ritira da una delle rive portandosi sull'altra, appartiene al proprietario della riva scoperta, senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto. [II]. Questo diritto non ha luogo per i terreni abbandonati dal mare».

Inquadramento

La norma in commento è stata sostituita dall'art. 1 della l. 5 gennaio 1994, n. 37, recante norme per la tutela ambientale delle aree demaniali. L'attuale testo dispone che i terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio pubblico, senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto. Pertanto, si attribuisce in via esclusiva al demanio pubblico, e non più ai proprietari dei fondi posti lungo le rive del fiume, la proprietà dei terreni abbandonati dalle acque (art. 942) degli alvei abbandonati (art. 946) e delle isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi (art. 945), e ciò anche al fine di consentire una migliore utilizzazione e gestione di tali beni, rilevanti sul piano di un corretto equilibrio idrogeologico del territorio. Si specifica che, ai sensi del comma 1, si intendono per acque correnti i fiumi, i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia. Si aggiunge, infine che, quanto stabilito sopra vale anche per i terreni abbandonati dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico. Ad ogni buon conto, si era previsto che, in tema di accessione fluviale, il presupposto perché potesse originarsi il diritto di accessione in favore dei proprietari confinanti dell'alveo derelitto di un fiume o torrente, secondo il disposto degli artt. 942-947 — nel testo precedente alla novella introdotta con l. n. 37/1994 e applicabile ratione temporis qualora la situazione ambientale cui si faceva riferimento si fosse verificata prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina — era che il corso d'acqua avesse abbandonato il letto per una forza spontanea, e non per l'opera dell'uomo.

Alluvione impropria

Il fenomeno di incremento fluviale disciplinato, nella particolare forma di accessione denominata alluvione impropria, dall'art. 942, consiste nell'acquisto, da parte del proprietario o dei proprietari dei fondi posti lungo una delle due rive del fiume, della proprietà del terreno abbandonato dall'acqua corrente che ritirandosi insensibilmente e per cause naturali da una delle rive, si è spostata insensibilmente impercettibilmente ma definitivamente verso l'altra, privando la riva abbandonata dalle acque della originaria funzione di pubblico interesse dalla quale dipendeva la sua demanialità necessaria; tale fenomeno si distingue, quindi, da quello affine dell'alveo abbandonato di cui all'art. 946, che consiste nel repentino abbandono, da parte del fiume, del proprio letto originario per aprirsi un nuovo corso (Cass. II, n. 9376/1994). 

Per l'acquisto a titolo originario dei proprietari latistanti alle rive di un corso d'acqua, sia ai sensi dell'art. 941 (alluvione c.d. propria, consistente nell'incremento dei fondi posti lungo le rive dei fiumi con particelle di terra staccate da altri fondi lentamente e impercettibilmente dalla forza naturale dell'acqua), sia ai sensi dell'art. 942 (alluvione c.d. impropria), consistente nell'abbandono lento da parte del fiume di una parte del terreno facente parte dell'alveo, con ritiro da una riva e incremento dell'altra), nella formulazione anteriore alla l. n. 37/1994, l'incremento di superficie della proprietà rivierasca è escluso se costituisce effetto, ancorché lento, di attività antropica, in quanto, pur se a causa del tempo trascorso sia cessata la funzione pubblica di protezione delle aree golenali e di supporto e contenimento del fiume (ma non il rischio di aumento della velocità dell'acqua e d'impoverimento delle falde acquifere), è rimesso al titolare del demanio idrico il potere di disporre la sdemanializzazione del terreno già appartenente all'alveo per acquisirlo al patrimonio disponibile (Cass. S.U., n. 4013/2016; nel senso che presupposto per l’applicabilità della norma de qua è che il corso d'acqua abbia abbandonato il letto per una forza spontanea, e non per l'opera dell'uomo, più di recente, Cass. II, n. 3854/2020).

Sul versante della competenza, si è affermato (Cass. II, n. 16807/2014) che la controversia avente ad oggetto la titolarità di un terreno che, pacificamente, faceva un tempo parte dell'alveo di un fiume, ma che risulta abbandonato dalle acque da molti anni, non ponendo alcuna questione, ai fini del decidere, in ordine alla determinazione dei limiti dell'alveo e delle sponde, o alla qualificazione dello stesso come alveo, sia con riferimento al passato che al presente, appartiene alla competenza per materia del tribunale ordinario e non a quella del tribunale regionale delle acque pubbliche.

Inalveamento

Un'ulteriore precisazione è intervenuta dai giudici di legittimità (Cass. II, n. 15006/2000), nel senso che il fenomeno dell'inalveamento e quello dell'inondazione differiscono profondamente perché il primo, che è fenomeno definitivo e stabile, ancorché non irreversibile, comporta l'estinzione del diritto di proprietà privata sul fondo inalveato, questo entrando a far parte del demanio idrico, mentre l'inondazione per i suoi caratteri di temporaneità e transitorietà, lascia inalterata la condizione giuridica del fondo inondato portando soltanto una temporanea compressione del diritto dominicale del privato il quale torna ad espandersi in tutta la sua pienezza ed effettività quando, cessata l'inondazione siasi ripristinata la situazione precedente all'inondazione stessa; la natura di inondazione delle vicende fluviali rispetto alle parti di fondo contese fra le parti, imponendo di ritenere immutata la condizione giuridica di dette parti, comporta l'esclusione della competenza del tribunale regionale delle acque pubbliche.

Terreno abbandonato e beni demaniali

Qualora un terreno abbandonato da un corso d'acqua perda la qualità di bene demaniale e venga acquistato a titolo originario dal proprietario del fondo rivierasco, ai sensi dell'art. 942, la successiva riacquisizione di detto bene, per effetto di usucapione, al patrimonio dello Stato, postula un possesso esercitato dalla amministrazione con la cosciente volontà di godere dell'immobile altrui, e, pertanto, non è ravvisabile in un comportamento che, nell'erroneo presupposto della persistente demanialità del bene medesimo, si esaurisca in atti di gestione del demanio (Cass. I, n. 232/1987: nella specie, concessione a terzi e percezione del relativo canone).

In tema di accertamento della natura demaniale di un terreno abbandonato dalle acque correnti, ai sensi dell'art. 942, nella formulazione anteriore alle modifiche di cui alla l. n. 37/1994, anche il ritiro di una sola sponda, non transitorio e non dovuto a fenomeni naturali, comporta la perdita della demanialità del relativo terreno, in quanto a seguito della deviazione o spostamento del corso d'acqua una porzione di terreno che prima costituiva parte integrante dell'alveo cessa di appartenervi (Cass. S.U., n. 14645/2017).

Opposizione di terzo

Il terzo, che, sulla base della posizione “frontistante” del proprio fondo all'alveo fluviale, faccia valere il suo diritto ad incrementi di superficie del fondo stesso per effetto di accessione, è legittimato a proporre opposizione ordinaria ex art. 404, comma 1, c.p.c., avverso la sentenza che, nella causa fra altro proprietario e l'amministrazione pubblica, accerti l'esistenza di “terreni fermi” — che, cioè, non sono stati erosi né hanno fatto parte dell'alveo — siti tra il fiume ed il fondo suddetto, atteso che quel diritto, ancorché autonomo e distinto rispetto all'altro oggetto di tale giudicato, è suscettibile di essere inciso nella sua consistenza e nel suo esercizio (Cass. S.U., n. 9674/1993).

Bibliografia

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