Codice Civile art. 980 - Cessione dell'usufrutto.Cessione dell'usufrutto. [I]. L'usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo [1350 n. 2, 2643 n. 2, 2810]. [II]. La cessione dev'essere notificata al proprietario; finché non sia stata notificata, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario [1292]. InquadramentoLa norma in commento prevede che l'usufruttuario possa cedere, a fronte di un corrispettivo o mediante donazione, il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo (qualora abbia ad oggetto beni immobili, tale cessione deve avvenire per iscritto ed è soggetta a trascrizione). Tale cessione deve, però, essere notificata al proprietario e, finché non sia stata notificata, l'usufruttuario è solidalmente obbligato con il cessionario verso il proprietario. Dunque, quale espressione della facoltà di disposizione che caratterizza, con quella di godimento, il contenuto dell'usufrutto, la norma consente all'usufruttuario di trasferire il proprio diritto mediante atto inter vivos, ferma restando la intrasferibilità dello stesso mortis causa. Poiché l'oggetto di tale trasferimento è un diritto essenzialmente temporaneo o commisurato alla vita dell'originario titolare, la durata dell'usufrutto conseguito dall'acquirente rimane comunque legata alla vita del dante causa o al termine originariamente fissato. Una parte della dottrina (De Martino, in Comm. S.B. 1978, 179) riconosce a tale divieto — contrariamente a quanto previsto, per il patto di non alienare, dall'art. 1379 — efficacia reale: si ritiene, infatti, che esso, se regolarmente trascritto, sia opponibile erga omnes, con conseguente inefficacia dell'eventuale cessione effettuata in violazione dello stesso, Comunque, il divieto de quo riguarda la cessione vera e propria dell'usufrutto, non anche quella del mero esercizio del diritto, che rimane pienamente libera, a meno che non sia anch'essa vietata dal titolo In proposito, la giurisprudenza ha precisato che, mentre non è configurabile la cessione temporanea del diritto di usufrutto a favore del nudo proprietario, in quanto ciò comporta la estinzione per consolidazione ai sensi dell'art. 1014, n. 2), senza possibilità che, allo spirare del pattuito termine della cessione, si verifichi la reviviscenza dell'usufrutto ormai estinto, é ben possibile, invece, la cessione temporanea dell'esercizio del diritto di usufrutto, poiché esso comporta il conferimento al cessionario delle sole facoltà di uso e di godimento della cosa, senza trasferimento del diritto, dando luogo ad un rapporto obbligatorio — costituito dall'impegno del cedente (che conserva la titolarità dell'usufrutto) di lasciare esercitare al cessionario tutti i poteri inerenti a tale diritto che, pur presentando delle affinità, si distingue dall'affitto di fondo rustico, sicché è da escludere, trattandosi di un negozio atipico, l'assoggettabilità del rapporto, al regime vincolistico previsto per i contratti di affitto di fondo rustico le cui norme, stante il loro carattere cogente, non sono suscettibili di interpretazione analogica (Cass. III, n. 172/1981). BibliografiaCaterina, Usufrutto e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ. 1999, II, 715; De Cupis, Usufrutto, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Di Bitonto, Usufrutto, in Enc. dir., XVI, Milano, 2008; Mazzon, Usufrutto, uso e abitazione, Padova, 2010; Musolino, L'usufrutto, Bologna, 2011; Plaia, Usufrutto, uso, abitazione, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999; Ruscello, Origini ed evoluzione storica dell'usufrutto legale dei genitori, in Dir. fam. 2009, 1329. |