Codice Civile art. 1021 - Uso.

Alberto Celeste

Uso.

[I]. Chi ha il diritto d'uso di una cosa [540] può servirsi di essa e, se è fruttifera, può raccogliere i frutti [821] per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia [1023].

[II]. I bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto.

Inquadramento

Il capo II è dedicato all'uso e all'abitazione i quali, in buona sostanza, sono due tipi limitati di usufrutto: in particolare, l'uso consiste nel diritto di servirsi di un bene e, se fruttifero, di raccogliere i frutti limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia, specificando che tali bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto, mentre nell'abitazione si registra il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia. Tali diritti — e, in particolare, il primo che rileva in questa sede — si distinguono, quindi, dall'usufrutto soltanto sotto l'aspetto quantitativo, nel senso che l'usuario ha le stesse facoltà dell'usufruttuario, ma solo entro il suddetto limite. Atteso il loro carattere personale, a differenza dell'usufrutto, i diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione. Parimenti all'usufrutto, invece, gli stessi diritti si estinguono con la morte del relativo titolare, per cui non possono essere oggetto di disposizione testamentaria.

Contenuto del diritto reale d'uso

Una cosa per essere un valido oggetto di uso: a) deve essere utile, ossia soddisfare interessi socialmente apprezzabili mediante la semplice e diretta utilizzazione, a prescindere dalla raccolta di frutti, e b) se non è idonea alla pura utilizzazione, deve almeno produrre frutti, che possano soddisfare direttamente bisogni personali dell'usuario o della sua famiglia, sicché le cose che non possiedono nessuna delle due qualità dovrebbero considerarsi inidonee all'uso.

Per quanto concerne l'oggetto del diritto, esso può consistere sia in beni mobili che immobili, produttivi o di consumo, fruttiferi o no (Bigliazzi Geri, in Tr. C. M. 1979, 306). Non è possibile costituire un uso sull'azienda commerciale o industriale, su talune opere dell'ingegno (artistiche, letterarie, teatrali, cinematografiche, musicali). Più dubbia è la soluzione riguardo ai brevetti dati in uso ad un industriale. Ove, pertanto, nell'atto costitutivo si parli di uso relativo a siffatti beni, bisognerà procedere ad un'accurata indagine circa l'effettiva volontà delle parti, per accertare se non si sia inteso costituire, anziché l'uso, l'usufrutto. Tutte le altre cose sono suscettibili di vero e proprio uso: particolarmente idonee appaiono le suppellettili, le macchine, i vestiti, gli strumenti di lavoro, i veicoli, ma rientrano nella medesima categoria, per un'antichissima tradizione, gli edifici, i fondi, anche se adibiti a colture industriali, il gregge, nonché anche certi beni, come i boschi e le foreste, le cave e le torbiere, la cui pura utilizzazione è tuttavia assai meno importante dello sfruttamento.

Anche i giudici di legittimità hanno avuto modo di delineare i contorni del diritto di uso contemplato nella norma de qua.

In quest'ottica, si è affermato (Cass. II, n. 17320/2015) che il titolare del diritto reale d'uso ha diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, sì da poter ricavare dal bene, nel suo concreto esercizio, ogni utilità ricavabile, conseguendone che l'ampiezza di tale potere, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene, non può soffrire condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo (nella specie, si era cassata la sentenza di merito che aveva escluso l'esistenza di qualunque diritto d'uso su una corte circostante un immobile oggetto di alienazione, senza però tener conto della natura rurale del fabbricato, della specifica distinta individuazione anche dei dati catastali di tale corte, nonché della facoltà di utilizzo attribuita al bene).

Inoltre, la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d'uso e il diritto personale di godimento è costituita dall'ampiezza ed illimitatezza del primo, in conformità al canone della tipicità dei diritti reali, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto (Cass. II, n. 5034/2008).

E ancora, il diritto di uso non è limitato a soddisfare i bisogni personali del titolare, ma si estende a tutte le utilità che possono obiettivamente trarsi dal bene secondo la sua destinazione, potendo l'usuario — non diversamente dall'usufruttuario — servirsi della cosa in modo pieno, dovendo soltanto rispettare la destinazione economica di essa, conseguendone che la costruzione di un manufatto da adibire a garage rientra nell'ambito delle facoltà riconosciute dall'art. 1021 al titolare, in forza di convenzione scritta, di un diritto di uso su un'area nuda, salva la rilevanza che detta opera assume nella regolamentazione dei rapporti tra le parti al momento della cessazione del diritto (Cass. II, n. 7811/2006).

Sempre nell'ottica di delineare il corretto discrimen, si è chiarito (Cass. II, n. 24301/2017) che l'“uso esclusivo” su parti comuni dell'edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex artt. 1102 e 1117; tale diritto non è riconducibile al diritto reale d'uso previsto dall'art. 1021 e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unità immobiliare cui accede (nella specie, si era confermato la decisione di merito, che aveva respinto la domanda del condominio attore, tesa ad accertare che il diritto d'uso esclusivo su due porzioni del cortile, concesso con il primo atto di vendita dall'originario unico proprietario dell'intero edificio in favore di un'unità immobiliare e menzionato anche nell'allegato regolamento, non era cedibile, né poteva eccedere i trent'anni).

Un’interessante precisazione sul punto è intervenuta, di recente, da parte del supremo organo di nomofilachia (Cass. S.U., n. 28972/2020), secondo cui la pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del c.d. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102, è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi; ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà, o, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419, costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021, oppure ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424, per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente inter partes) di natura obbligatoria.

Bibliografia

Caterina, Usufrutto e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ. 1999, II, 715; De Cupis, Usufrutto, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Di Bitonto, Usufrutto, in Enc. dir., XVI, Milano, 2008; Mazzon, Usufrutto, uso e abitazione, Padova, 2010; Musolino, L'usufrutto, Bologna, 2011; Plaia, Usufrutto, uso, abitazione, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999; Ruscello, Origini ed evoluzione storica dell'usufrutto legale dei genitori, in Dir. fam. 2009, 1329.

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