Codice Civile art. 1024 - Divieto di cessione.

Alberto Celeste

Divieto di cessione.

[I]. I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione.

Inquadramento

Atteso il loro carattere “personale”, a differenza dell'usufrutto, i diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione. Dunque, l'art. 1024 vieta, in primis, il trasferimento del diritto, e, poi, la c.d. cessione dell'esercizio e la locazione dello stesso diritto, e, infine, la locazione della cosa, il comodato e altre simili attribuzioni del godimento a terzi. L'unica disposizione, che può essere consentita all'usuario, è quella di valersi dell'opera di propri dipendenti, nonché di ammettere all'uso propri ospiti, ed all'habitator di ospitare persone a scopo di compagnia e di assistenza. Oltre a non poterlo cedere, l'usuario non dovrebbe neanche essere legittimato a costituire diritti di pegno o di ipoteca su di esso, nonché a dar vita a diritti reali di godimento o costituire a favore di terzi diritti personali di godimento diversi dalla locazione, siano essi tipici o atipici. Analogamente i beni oggetto dei diritti in esame non possono essere sottoposti a sequestro o a pignoramento, nemmeno dal proprietario creditore dell'usuario o dell'habitator. Questi atti sono possibili soltanto dopo che i frutti siano entrati nel patrimonio dell'usuario con la percezione; da quel momento, i creditori possono soddisfarsi su di essi delle loro ragioni.

Ad avviso della dottrina, la violazione del divieto non importa la decadenza dal diritto e, quindi, l'estinzione dell'uso, non essendo una siffatta sanzione prevista dalla legge, tuttavia, in qualche caso particolare, di fronte a trasgressioni di particolare gravità o prolungate o ripetute, può anche essere giustificata, ai sensi dell'art. 1015, richiamato dall'art. 1026, una pronuncia di decadenza, la quale ha funzione punitiva del titolare del diritto, oltre che funzione risarcitoria. Si discute, inoltre, se l'uso del terzo sia idoneo a impedire l'estinzione del diritto per non uso e, secondo l'opinione preferibile, bisogna distinguere l'uso dall'abitazione: per l'uso, la risposta deve essere affermativa, in quanto il godimento del terzo, anche se illegittimo, rappresenta sempre un esercizio dell'uso, compiuto in nome dell'usuario (l'uso, infatti, non è in relazione con i bisogni dell'usuario e della sua famiglia e perciò sussiste ugualmente anche se la cosa non serve all'usuario), mentre, per l'abitazione, invece, sembra più logica la risposta negativa, in considerazione della stretta inerenza di essa con i bisogni dell'habitator (se questi non ha abitato la casa per venti anni e l'ha fatta abitare ad un terzo significa che non ne ha avuto bisogno e che non l'ha utilizzata nell'unico modo possibile, destinandola cioè ad alloggio proprio e della propria famiglia); la prescrizione estintiva deve, pertanto, ritenersi ammissibile in questa seconda ipotesi (Pescatore-Albano-Greco, Della proprietà, in Commentario al codice civile, III, Torino 1968, 280).

In proposito, la giurisprudenza ha precisato che il divieto di cessione, sancito dall'art. 1024, non ha natura pubblicistica e, quindi, carattere di inderogabilità nei confronti del nudo proprietario, ma attiene piuttosto ai diritti patrimoniali di carattere disponibile, con la conseguenza che il nudo proprietario e l'usuario possono espressamente convenire di derogare al divieto, ed il relativo negozio è perfettamente valido ed operante in quanto riflette un diritto di cui i titolari possono liberamente disporre (Cass. II, n. 4599/2006; Cass. II, n. 2502/1963; cui adde Cass. II, n. 3565/1989, secondo la quale tale deroga non possa desumersi, implicitamente, per il solo fatto che quest'ultimo, violando la norma, ceda il suo diritto a terzi). Tale principio è stato ribadito dai magistrati di Piazza Cavour (Cass. II, n. 8507/2015), ad avviso dei quali il divieto di cessione sancito dall'art. 1024 non è inderogabile, non avendo natura pubblicistica e attenendo a diritti patrimoniali disponibili, sicché nell'atto costitutivo del diritto il nudo proprietario e l'usuario possono derogare al vincolo di incedibilità.

Si è, altresì, puntualizzato (Cass. II, n. 19940/2022) che il divieto di cessione del diritto reale di uso su una porzione di cortile condominiale attribuito ad uno dei condomini non comporta che non sia configurabile in favore del successore a titolo particolare nella proprietà individuale dell'unità immobiliare, al cui servizio essa è destinata, anche in difetto di espressa menzione dei diritto d'uso nel contratto di alienazione, l'accessione del possesso agli effetti dell'art. 1146, comma 2 - nella specie, allo scopo di suffragare una maturata usucapione - occorrendo, ai fini del cumulo dei distinti possessi del successore e del suo autore, unicamente la prova di un “titolo” astrattamente idoneo, ancorché invalido, a giustificare la traditio del medesimo oggetto del possesso.

Bibliografia

Caterina, Usufrutto e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ. 1999, II, 715; De Cupis, Usufrutto, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Di Bitonto, Usufrutto, in Enc. dir., XVI, Milano, 2008; Mazzon, Usufrutto, uso e abitazione, Padova, 2010; Musolino, L'usufrutto, Bologna, 2011; Plaia, Usufrutto, uso, abitazione, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999; Ruscello, Origini ed evoluzione storica dell'usufrutto legale dei genitori, in Dir. fam. 2009, 1329.

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