Codice Civile art. 1026 - Applicabilità delle norme sull'usufrutto.Applicabilità delle norme sull'usufrutto. [I]. Le disposizioni relative all'usufrutto [978 ss.] si applicano, in quanto compatibili, all'uso e alla abitazione. InquadramentoCome norma di chiusura della disciplina del diritto d'uso e di abitazione, intesi come tipi limitati di usufrutto, la norma de qua stabilisce che le disposizioni relative all'usufrutto di cui agli artt. 978 — al cui commento si rinvia — si applicano all'uso e all'abitazione, con il limite della compatibilità, considerando soprattutto che trattasi di diritti maggiormente circoscritti sotto l'aspetto quantitativo e connotati dal carattere personale. Le cause estintive non sono diverse da quelle previste per l'usufrutto: uso ed abitazione cessano, quindi, per scadenza del termine, per morte del titolare (o, per la stessa ipotesi, per estinzione della persona giuridica), per prescrizione, per consolidazione, per abusi, ecc. In quest'ottica, ad esempio, si è affermato che, ai sensi dell'art. 1026, si applica al diritto d'uso, non essendovi ragione di incompatibilità, la disposizione relativa all'usufrutto di cui all'art. 979, secondo il quale la durata di questo non può eccedere la vita dell'usufruttuario (Cass. II, n. 17491/2012, la quale aggiunge che, in caso di morte dell'usuario di un immobile, con conseguente estinzione del diritto d'uso dovuta alla sua intrasferibilità mortis causa è inapplicabile, in favore degli eredi che siano subentrati nel godimento del bene, la successione nel possesso, agli effetti dell'art. 1146). Inoltre, in tema di diritto di abitazione, cui si applicano gli artt. 985 e 986 per effetto del rinvio operato dall'art. 1026, il momento al quale occorre fare riferimento per la valutazione delle addizioni operate da chi ne è titolare è quello della consegna del bene al proprietario (Cass. II, n. 19763/2011). E ancora, in tema di diritto di abitazione, il credito derivante dalle migliorie e dalle addizioni apportate è inesigibile prima della restituzione del bene al nudo proprietario, in quanto, in applicazione del principio del divieto di arricchimento ingiustificato, solo al momento della riconsegna è possibile verificare se sia residuata una differenza tra lo speso e il migliorato (Cass. II, n. 10065/2018). Nell'àmbito condominiale, si è chiarito che, con riferimento al pagamento degli oneri condominiali, ove un appartamento sia oggetto di diritto reale di abitazione, gravano sul titolare di quest'ultimo le spese di amministrazione e di manutenzione ordinaria, mentre cedono a carico del nudo proprietario quelle per le riparazioni straordinarie, trovando applicazione, giusta l'art. 1026, le disposizioni dettate dagli artt. 1004 e 1005 in tema di usufrutto (Cass. II, n. 9920/2017, però, in una fattispecie anteriore alla novella introdotta con la l. n. 220/2012). Sempre in àmbito di condominio, si è affermato che il diritto reale d'uso istituito in favore di una persona giuridica, a mente degli artt. 1026 e 979, non può superare il trentennio, né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l'ordinamento (Cass. II, n. 193/2020; in senso parzialmente difforme, v., però, Cass. II, n. 24301/2017). Data la tipicità dell'uso, la dottrina ha sottolineato che un problema importante è quello relativo all'interpretazione del negozio costitutivo, onde accertare se oggetto di esso sia stata la costituzione dell'uso o, invece, dell'usufrutto, attraverso il materiale interpretativo estraneo al negozio, non essendo sufficienti le espressioni abitualmente ricorrenti. Invero, la differenza dell'uso dall'usufrutto non risiede sulla limitazione quantitativa dell'esercizio di talune facoltà, bensì sulla mancanza delle facoltà relative allo sfruttamento economico, sull'esclusione del diritto a taluni frutti e sulla corrispondente riduzione delle pretese del titolare verso il proprietario ed i terzi (Pugliese, in Tr. Vas. 1972, 812). Da un punto di vista generale, si è rilevato che l'uso e l'abitazione costituiscono forme speciali e più ristrette del diritto d'usufrutto. All'usuario ed all'habitator spettano contro il proprietario, il terzo possessore ed i creditori le stesse azioni spettanti all'usufruttuario, salva la differenza della diversa estensione dei diritti. L'usuario, al pari dell'usufruttuario, non può modificare la destinazione economica della cosa di cui può legittimamente godere solo conservandola con la diligenza del buon padre di famiglia e per un tempo non superiore alla propria vita o, trattandosi di persone giuridiche, per non più di trent'anni (Bigliazzi Geri, in Tr. C. M. 1979, 301). BibliografiaCaterina, Usufrutto e proprietà temporanea, in Riv. dir. civ. 1999, II, 715; De Cupis, Usufrutto, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Di Bitonto, Usufrutto, in Enc. dir., XVI, Milano, 2008; Mazzon, Usufrutto, uso e abitazione, Padova, 2010; Musolino, L'usufrutto, Bologna, 2011; Plaia, Usufrutto, uso, abitazione, in Dig. civ., XIX, Torino, 1999; Ruscello, Origini ed evoluzione storica dell'usufrutto legale dei genitori, in Dir. fam. 2009, 1329. |