Codice Civile art. 1049 - Somministrazione di acqua a un edificio.

Alberto Celeste

Somministrazione di acqua a un edificio.

[I]. Se a una casa o alle sue dipendenze manca l'acqua necessaria per l'alimentazione degli uomini o degli animali e per gli altri usi domestici, e non è possibile procurarla senza eccessivo dispendio, il proprietario del fondo vicino deve consentire che sia dedotta l'acqua di sopravanzo nella misura indispensabile per le necessità anzidette.

[II]. Prima che siano iniziati i lavori, deve pagarsi il valore dell'acqua, che si chiede di dedurre, calcolato per un'annualità. Si devono altresì sostenere tutte le spese per le opere di presa e di derivazione. Si applicano inoltre le disposizioni del primo comma dell'articolo 1038.

[III]. In mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità della derivazione e l'indennità dovuta [1032 2].

[IV]. Qualora si verifichi un mutamento nelle condizioni originarie, la derivazione può essere soppressa su istanza dell'una o dell'altra parte.

Inquadramento

Il codice civile, all'interno del capo II avente ad oggetto le servitù coattive, dedica un'apposita sezione, la III, alla servitù coattiva di somministrazione di acqua, a sua volta differenziata, negli artt. 1049 e 1050 di cui si compone tale sezione, a seconda che destinatario sia, rispettivamente, un edificio o un fondo. In particolare, la norma in commento prevede che, se ad una casa o alle sue dipendenze manca l'acqua necessaria per l'alimentazione degli uomini o degli animali e per gli altri usi domestici, e non è possibile procurarla senza eccessivo dispendio, il proprietario del fondo vicino deve consentire che sia dedotta l'acqua di sopravanzo nella misura indispensabile per le necessità anzidette. Prima che siano iniziati i lavori, deve pagarsi il valore dell'acqua, che si chiede di dedurre, calcolato per un'annualità. Si devono, altresì, sostenere tutte le spese per le opere di presa e di derivazione. Si applicano, inoltre, le disposizioni del comma 1 dell'art. 1038, relativo all'indennità per l'imposizione della servitù di acquedotto coattivo. Si stabilisce, poi, che, in mancanza di convenzione, la sentenza determina le modalità della derivazione e l'indennità dovuta.

L'art. 1049 disciplina, dunque, la somministrazione coattiva di acqua ad un edificio, e il contenuto di tale servitù coattiva è la deduzione dell'acqua che si esplica nella presa e conduzione mediante acquedotto.

Parte della dottrina ritiene che la parola “deduzione” possa essere interpretata in modo estensivo facendovi rientrare anche gli scoli, mentre vi è uniformità nel ritenere esclusa la servitù di attingimento (Grosso-Deiana; contra, Biondi, in Comm. S.B. 1979, 687). Il titolare di tale servitù ha diritto ad usufruire della quantità d'acqua che viene prestabilita nel contratto o nella sentenza costitutiva.

Qualora, infine, si verifichi un mutamento nelle condizioni originarie, la derivazione può essere soppressa su istanza dell'una o dell'altra parte. Pertanto, nell'ultimo comma della norma viene riconosciuto alle parti un diritto potestativo a che le stesse, venutesi a mutare le condizioni originarie, possano richiedere la soppressione della servitù; il giudice ha un potere discrezionale, per cui valuterà di volta in volta la sussistenza delle condizioni per la soppressione (Branca, in Comm. S.B. 1979, 151). Nel caso in cui il mutamento delle condizioni originarie comporti solo una riduzione della servitù, la dottrina ritiene che si debba avere, prima, la soppressione della vecchia servitù di somministrazione e, poi, la costituzione di una nuova servitù con oggetto più ridotto (Grosso-Deiana, 1679).

In argomento, si rinviene solo una remota pronuncia (Cass. II, n. 3/1969), ad avviso della quale il diritto di cedere a terzi l'utilizzazione delle acque private sussiste soltanto in favore dei proprietari dei fondi in cui si trovano le sorgenti di dette acque e non, quindi, in favore dei proprietari dei fondi per le acque fluenti naturalmente che lambiscono o attraversano i loro terreni, per cui il diritto alla somministrazione delle acque, da prelevare da quelle sopravanzate sul fondo vicino, si riferisce alle acque sorgenti su detto fondo, in quanto solo per esse il proprietario del fondo stesso ha la facoltà di cessione a favore dei terzi, nell'àmbito della quale va ricollegato il diritto, per il terzo, alla somministrazione delle acque residue.

Bibliografia

Biondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215.

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