Codice Civile art. 1068 - Trasferimento della servitù in luogo diverso.Trasferimento della servitù in luogo diverso. [I]. Il proprietario del fondo servente non può trasferire l'esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente. [II]. Tuttavia, se l'originario esercizio è divenuto più gravoso per il fondo servente o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo un luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo. [III]. Il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù si può del pari concedere su istanza del proprietario del fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole vantaggio e non reca danno al fondo servente. [IV]. L'autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca egualmente agevole al proprietario del fondo dominante. InquadramentoCon una disciplina alquanto dettagliata, la norma in commento prevede che il proprietario del fondo servente, di regola, non possa trasferire l'esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente. Tuttavia, qualora l'originario esercizio sia divenuto più gravoso per il fondo servente o se impedisca di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, lo stesso proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell'altro fondo dominante un luogo egualmente comodo per l'esercizio dei suoi diritti, e quest'ultimo non può ricusarlo. Si precisa, poi, che il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù si può del pari concedere su istanza del proprietario del fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole vantaggio e non reca danno al fondo servente. In ogni caso, l'autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, purché l'esercizio di essa riesca egualmente agevole al proprietario del fondo dominante. In quest'ultimo caso, nel giudizio instaurato dal proprietario del fondo servente, per il mutamento del luogo di esercizio della servitù a norma dell'art. 1068, sussiste il litisconsorzio necessario tra tutti i comproprietari e usufruttuari del fondo dominante, in quanto tale mutamento, importando variazioni al contenuto della servitù stessa, è attuato con sentenza costitutiva la quale deve produrre i suoi effetti nei confronti di tutti i titolari di diritti reali sul fondo dominante. Condizioni del trasferimentoI giudici di legittimità hanno avuto modo di approfondire i presupposti che giustificano o meno il trasferimento di cui sopra. Al riguardo, si è puntualizzato (Cass. II, n. 15988/2013) che, nel caso in cui la servitù di passaggio risulti, dall'atto costitutivo e dalle modalità di esercizio, gravare su una parte determinata del fondo servente, l'impossibilità di fatto del suo esercizio in tale luogo non attribuisce al proprietario del fondo dominante la facoltà ex art. 1068 di spostare il luogo di esercizio della servitù su altra parte del fondo servente, comportando soltanto, a norma dell'art. 1074, la quiescenza della servitù stessa con la conseguente sua estinzione, ai sensi dell'art. 1073, dopo il decorso del ventennio di non uso (in senso conforme, v., più di recente, Cass. II, n. 7619/2019). Inoltre, in tema di trasferimento della servitù in luogo diverso, ai sensi dell'art. 1068, comma 2, mentre la maggiore gravosità dell'esercizio della servitù per il fondo servente — quale ragione della richiesta di spostamento — deve necessariamente essere determinata da fatti sopravvenuti rispetto al momento di costituzione del vincolo, va escluso che tale requisito occorra anche nel caso in cui il proprietario del fondo servente abbia l'obiettiva esigenza di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, essendo tali facoltà consentite dal criterio di esercizio del minor aggravio del fondo servente, di cui all'art. 1065, senza alcuna necessità di comparazione tra la situazione esistente all'epoca in cui fu creata la servitù e la situazione, invece, esistente quando il trasferimento venga chiesto (Cass. II, n. 4336/2013). Il trasferimento di una servitù (nella specie, di scolo delle acque reflue) in altro luogo per unilaterale iniziativa del proprietario del fondo servente, in assenza di accordo preventivo con il possessore di essa, integra gli estremi dello spoglio violento, rimanendo riservate all'eventuale giudizio petitorio la valutazione delle ragioni addotte dal proprietario convenuto in possessoria circa la esistenza di un suo diritto al trasferimento della servitù (Cass. II, n. 3031/2011). A norma dell'art. 1068, comma 3, il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitù richiede cumulativamente la prova che il cambiamento risulti, per il proprietario del fondo dominante, di notevole vantaggio e che lo stesso non rechi danno al fondo servente; la sussistenza dell'aggravio per il fondo servente, ostativo al trasferimento della servitù, ex art. 1068, comma 3, ultima parte, costituisce un apprezzamento discrezionale, riservato al giudice di merito (Cass. II, n. 7822/2006). L'art. 1068 subordina il trasferimento di una servitù prediale in un luogo diverso o su un fondo diverso da quello originario alla duplice condizione che l'originario esercizio sia divenuto più gravoso per il fondo servente ovvero impedisca al proprietario di questo di fare lavori, riparazioni o miglioramenti, e che venga offerto al proprietario del fondo dominante un luogo egualmente comodo; in tal caso, il proprietario del fondo dominante non può rifiutare il trasferimento della servitù, rimanendo altrimenti esposto all'accertamento giudiziale del trasferimento in ragione dell'esercizio da parte del proprietario del fondo servente del relativo diritto potestativo spettantegli, ovvero, in caso di mancato esercizio di tale diritto, al rigetto della propria domanda, con l'ulteriore corollario di vedersi impossibilitato ad utilizzare sia il vecchio tracciato che il nuovo percorso offerto in sostituzione e non accettato (Cass. II, n. 20204/2004). La maggiore gravosità, per il fondo servente, dell'esercizio della servitù, prevista dall'art. 1068, comma 2, come condizione per il trasferimento del peso in luogo diverso da quello originariamente fissato, può dipendere, oltre che da un fatto estraneo all'attività dei proprietari dei fondi interessati, anche dalla utilizzazione del fondo servente da parte del suo proprietario; ne consegue che anche la costruzione sul fondo servente, a ridosso del punto in cui si esercita una servitù di passaggio, di un fabbricato destinato ad abitazione può costituire una nuova situazione di fatto che determina la maggiore gravosità, quando i proprietari di quel fondo lamentino immissioni moleste o limitazioni al godimento dell'immobile edificato; nella valutazione, rimessa al suo apprezzamento, della maggiore gravosità, il giudice di merito dove tenere conto di quella umana e ragionevole tolleranza che dovrebbe presiedere all'esercizio di ogni diritto (Cass. II, n. 8444/2000). Le condizioni di fatto che giustificano il trasferimento di una servitù da un luogo ad un altro del fondo servente a norma dell'art. 1068 sono di natura oggettiva e perciò, anche se accertate giudizialmente, non possono dare luogo al risarcimento del danno a favore del proprietario del fondo servente, salvo che il proprietario del fondo dominante si sia infondatamente opposto al trasferimento della servitù (Cass. II, n. 14365/1999). In proposito, si è ritenuto (Cass. II, n. 18660/2015) che l'aggravio che consente il trasferimento della servitù ex art. 1068, comma 2, non riguarda solo le esigenze del fondo servente, ma anche le esigenze delle persone che su quel fondo vivono, come nel caso in cui il transito veicolare evidenzi rischi sopravvenuti (nella specie, per la presenza abitativa di un bambino in tenera età). Resta inteso (ad avviso di Cass. II, n. 24618/2018) che l'art. 1068, comma 2, autorizza il mutamento del luogo della servitù, a richiesta di chi ne è gravato, ma esige che le opere necessarie a tale mutamento siano eseguite nell'esclusivo ambito del fondo servente, dovendosi ritenere abusive quelle che dovessero insistere nel fondo dominante poiché le opere siffatte verrebbero a ledere la sfera dominicale altrui. Ad avviso di una parte della dottrina, muovendo da un'analisi complessiva della disposizione, si ritiene che il trasferimento previsto dal comma 1 debba riguardare altra porzione dello stesso fondo di cui fa parte la porzione sulla quale la servitù gravava originariamente (Grosso-Deiana, 816). Altra parte della dottrina è, invece, dell'opinione secondo cui, attraverso la norma de qua, il legislatore codicistico abbia voluto enunciare la regola generale dell'impossibilità del trasferimento dell'esercizio della servitù dal luogo nel quale è stato originariamente stabilito, precisando, poi, che i primi tre commi riguardano il trasferimento del luogo di esercizio, che è solo un elemento della servitù, mentre l'ultimo comma riguarda il trasferimento della servitù vera e propria ad altro fondo (Biondi, 431). Trasferimento disposto dall'autorità giudiziariaIn ordine all'ultimo comma della norma de qua, si è statuito (Cass. II, n. 12919/2012) che, nella controversia tra i proprietari dei fondi servente e dominante, relativa al trasferimento della servitù di passaggio in luogo diverso, la valutazione del giudice di merito, in base ai criteri di cui al comma 2 dell'art. 1068, deve essere globale e comparativa, essendo nella realtà impossibile che qualsiasi nuovo passaggio comporti caratteristiche strutturali e di uso assolutamente identiche a quelle del percorso anteriore; pertanto, è incensurabile la decisione del giudice di merito, ove lo stesso abbia correttamente considerato che, per effetto del nuovo passaggio offerto in sostituzione, posto a confronto col vecchio tracciato, avendo riguardo alla loro pendenza, ampiezza, sinuosità ed alla conformazione del piano del suolo, non si è avuta una diminuzione della comodità del fondo dominante e si è, piuttosto, evitato, o rimosso, l'aggravio del fondo servente, o, quanto meno, lo si è ridotto al minimo compatibile con il pieno esercizio della servitù. La maggiore gravosità, per il fondo servente, dell'esercizio della servitù, prevista dall'art. 1068, comma 2, come condizione per il trasferimento del peso in luogo diverso da quello originariamente fissato, può dipendere, oltre che da un fatto estraneo all'attività dei proprietari dei fondi interessati, anche dall'utilizzazione del fondo servente da parte del suo proprietario e dal modificarsi della percezione di gravosità che sia obbiettivamente verificabile, attribuendo rilievo la norma, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata, principalmente alla condizione del proprietario del fondo servente; nella valutazione, rimessa al suo apprezzamento, della maggiore gravosità, il giudice di merito deve tenere conto di quella umana e ragionevole tolleranza che dovrebbe presiedere all'esercizio di ogni diritto (Cass. II, n. 9031/2016). Al riguardo, si è avuto modo di puntualizzare (Cass. II, n. 31456/2018) che i commi 2 e 3 dell'art. 1068, che regolano il trasferimento del luogo di esercizio della servitù, fanno riferimento rispettivamente all'offerta del proprietario del fondo servente e all'istanza del proprietario di quello dominante, mentre il comma 4, invece, che disciplina lo spostamento della servitù su altro fondo, non contempla alcuna richiesta, ma riconosce al giudice un'ampia discrezionalità, ponendo quale espresso presupposto che l'esercizio della servitù riesca ugualmente agevole al proprietario del fondo dominante. Rimane fermo che, per il trasferimento della servitù di passaggio su un fondo servente di proprietà di un terzo si richiede, ai sensi dell'art. 1068, comma 4, il consenso di quest'ultimo, che, però, non può ritenersi implicito nel fatto che il proprietario già consenta il passaggio a taluni, essendo invece necessario, al fine della costituzione del rapporto intersoggettivo tra il titolare del fondo dominante ed il titolare del nuovo fondo servente, che il consenso sia non solo esplicito, ma, considerata la natura del diritto, manifestato per iscritto (Cass. II, n. 17869/2019; Cass. II, n. 6130/2012; in questi termini, v., altresì, Cass. II, n. 18137/2023, secondo cui l'accordo per la modifica del tracciato di servitù di passaggio costituita per contratto deve - come per quello di costituzione - essere concluso per iscritto ai sensi dell'art. 1350, n. 4, c.c. e tale requisito può ritenersi soddisfatto anche nel caso in cui le sottoscrizioni delle parti siano contenute in documenti distinti, ma a condizione che il giudice di merito accerti il collegamento inscindibile tra i documenti tale da evidenziare in modo inequivocabile la formazione dell'accordo in forma scritta, occorrendo, altrimenti, che il contratto per la suddetta modifica si sostanzi autonomamente in un'apposita diversa convenzione stipulata sempre in forma scritta). BibliografiaBiondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215. |