Codice Civile art. 1073 - Estinzione per prescrizione.

Alberto Celeste

Estinzione per prescrizione.

[I]. La servitù si estingue per prescrizione quando non se ne usa per venti anni [2934 ss.].

[II]. Il termine decorre dal giorno in cui si è cessato di esercitarla; ma, se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui esercizio non è necessario il fatto dell'uomo, il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l'esercizio.

[III]. Nelle servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre dal giorno in cui la servitù si sarebbe potuta esercitare e non ne fu ripreso l'esercizio.

[IV]. Agli effetti dell'estinzione si computa anche il tempo per il quale la servitù non fu esercitata dai precedenti titolari.

[V]. Se il fondo dominante appartiene a più persone in comune, l'uso della servitù fatto da una di esse impedisce l'estinzione riguardo a tutte.

[VI]. La sospensione o l'interruzione della prescrizione [2941 ss.] a vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri.

Inquadramento

Un altro modo di estinzione della servitù è in virtù della prescrizione ventennale per non uso. Al riguardo, è importare distingue le servitù affermative e negative: nelle prime, si attribuisce al proprietario del fondo dominante il potere di fare qualche cosa o di svolgere un'attività nel fondo servente, cui corrisponde un pati da parte del proprietario di quest'ultimo (si pensi alla servitù di passaggio), mentre, nelle seconde, si attribuisce al proprietario del fondo dominante il potere di vietare qualche cosa al proprietario del fondo servente, il quale è tenuto ad un non facere (si pensi alla servitù altius non tollendi). Nelle servitù affermative, occorre ulteriormente distinguere tra servitù continue e discontinue: nelle prime, l'attività dell'uomo è antecedente all'esercizio della servitù, e, nelle seconde, il fatto dell'uomo è concomitante con l'esercizio della servitù. Ne consegue che, nella prima ipotesi, la prescrizione comincia a decorrere allorché si è verificato un fatto contrario all'esercizio della servitù, mentre, nella seconda, la decorrenza è correlata all'ultimo atto di esercizio della medesima servitù. Nelle servitù negative, il proprietario del fondo dominante non deve fare nulla per esercitare la servitù, nel senso che, posto il divieto, gli resta solo di vigilare che l'altro non lo violi, per cui la prescrizione inizia a decorrere soltanto allorché il proprietario del fondo servente ha violato il divieto, sicché spetta al proprietario di quello dominante reagire citando in giudizio il primo: se tale reazione manca, l'inerzia protratta per venti anni comporta l'estinzione del diritto di servitù. La norma in commento aggiunge, alla fine, che, se il fondo dominante appartiene a più persone in comune, l'uso della servitù fatto da una di esse impedisce l'estinzione riguardo a tutte, e che la sospensione o l'interruzione della prescrizione a vantaggio di uno dei comproprietari giova anche agli altri.

Presupposti del non uso

Non è del tutto pacifico se il “non uso” di cui alla norma in commento sia qualcosa di diverso o meno dalla prescrizione, ritenendosi — a fronte della discordante opinione che ne sottolinea la specificità relativa a tutti i diritti reali minori, incidendo l'inerzia piuttosto sulla (mancanza di) utilitas che sulla prescrizione del diritto — la piena sovrapponibilità del fatto estintivo alla prescrizione, consistente propriamente nel non esercizio dei poteri rientranti nel diritto di servitù. In quest'ottica, sono stati considerati applicabili al non uso, in quanto compatibili, taluni princìpi tipici della prescrizione: a) generalità ed inderogabilità della disciplina legale (art. 2936); b) non rilevabilità d'ufficio; c) rilevabilità da chiunque vi abbia interesse (art. 2939); d) decorrenza dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935); e) rinunciabilità, ma solo dopo il suo compimento (art. 2937, comma 2), restando intesi che L'estinzione del diritto di servitù per rinuncia del titolare deve risultare da atto scritto, ex art. 1350, e non può essere desunta indirettamente da fatti concludenti (Cass. II, n. 2316/2021).

Ad ogni buon conto, il non uso è riferibile alla sola servitù, e non già alle relative facoltà accessorie che, se esercitate autonomamente, non ne impediscono tuttavia l'estinzione in quanto ad essa strumentali, mentre non vale la reciproca.

In argomento, i giudici di legittimità hanno puntualizzato (Cass. II, n. 4412/2001) che la materia dell'estinzione per non uso delle servitù prediali ha la sua disciplina nell'art. 1073, che collega tale effetto esclusivamente all'inerzia del titolare che si sia protratta per venti anni sicché non basta che il proprietario del fondo servente, avendolo acquistato in buona fede come esente dal peso, lo abbia altresì posseduto per dieci anni dopo la trascrizione del titolo, non essendo prevista nel nostro ordinamento l'usucapio libertatis.

Il diritto, nascente dalla sentenza di condanna all'abbattimento delle opere realizzate in contrasto con la servitù, è assoggettato all'ordinario termine di prescrizione decennaleex art. 2946, e non al più lungo termine ventennale previsto dall'art. 1073 in tema di non uso della servitù, configurandosi come diritto ad ottenere una prestazione di fare, determinata giudizialmente nei modi indicati dall'art. 612 c.p.c., e suscettibile di esecuzione diretta. Siffatto diritto non si riferisce, infatti, alle facoltà attinenti alla cosa, né si esprime come potere erga omnes rispetto ad essa, configurandosi, invece, come un diritto riconosciuto verso un soggetto determinato, inadempiente rispetto ad una prestazione altrettanto determinata, contro il quale esso può essere fatto valere nel termine proprio dei rapporti obbligatori (Cass. III, n. 9727/2000).

Servitù apparenti

Anche le servitù apparenti e permanenti possono prescriversi per non uso, atteso che il mancato esercizio della servitù protratto per venti anni, dipendente dall'inerzia del titolare attivo, comporta, al pari dell'impossibilità di fatto di usare la servitù o del venire meno della sua utilità, l'estinzione della medesima alla scadenza del termine suddetto (Cass. II, n. 7887/1999).

In particolare, la servitù di passaggio è, per sua natura, una servitù discontinua, in relazione alla quale ogni episodio di transito costituisce esercizio del diritto; ne consegue che, ai fini della prescrizione, non assumono rilievo la visibilità delle opere nei confronti del fondo servente ed il carattere sporadico e non apparente dell'esercizio, se la situazione dei luoghi lo consente (Cass. II, n. 22579/2020); ne consegue, altresì, che qualora la servitù sia stata costituita in virtù di titolo idoneo, ai fini della prescrizione, non assumono rilievo, ove la situazione dei luoghi lo permetta, né la mancanza del requisito dell'apparenza — necessario per la costituzione della servitù per usucapione o per destinazione del buon padre di famiglia — né il carattere sporadico dell'esercizio (Cass. II, n. 26636/2011).

Servitù a vantaggio di edificio da costruire

Dalla convenzione diretta a costituire una servitù a vantaggio o a carico di un edificio da costruire scaturisce un rapporto obbligatorio suscettibile di tramutarsi in un rapporto di natura reale soltanto al momento in cui l'edificio è costruito. I diritti fondati su quel vincolo finché esso rimane di natura obbligatoria, si prescrivono secondo le norme ordinarie in materia di obbligazioni, decorrendo la prescrizione dal momento costitutivo del vincolo stesso (Cass. II, n. 1622/1987).

Servitù negative

In proposito, si è, da ultimo, sottolineato (Cass. II, n. 3857/2016) che Il termine di prescrizione delle servitù negative e di quelle continue, accomunate dalla peculiarità per cui il loro esercizio non implica lo svolgimento di alcuna specifica attività da parte del relativo titolare, decorre dal giorno in cui è stato compiuto un fatto impeditivo dell'esercizio del diritto medesimo.

Inoltre, nelle servitù negative nelle quali l'esercizio del diritto non si esplica mediante un comportamento positivo sul fondo servente, il non uso si identifica nella mancata osservanza dell'onere di riattivazione del diritto successivamente ad un evento che lo abbia violato e tale evento si produce per il solo verificarsi di un fatto che ne ha impedito l'esercizio; pertanto, qualora sia stata convenzionalmente costituita una servitus altius non tollendi con precisa determinazione del suo limite di altezza, il mancato uso dello ius prohibendi da parte del proprietario del fondo dominante, per un periodo di oltre venti anni, nonostante la costruzione sul fondo servente di un edificio di altezza superiore al limite convenzionalmente fissato, comporta l'estinzione della servitù per prescrizione, nei limiti segnati dalla dimensione della costruzione eseguita e mantenuta (Cass. II, n. 10280/2010; Cass. II, n. 326/1998; Cass. II, n. 12350/1997).

Impossibilità di uso

Interessante la puntualizzazione offerta dai magistrati di Piazza Cavour (Cass. II, n. 16861/2013), nel senso che, in tema di estinzione delle servitù prediali, i termini stabiliti dagli artt. 1073 e 1074 concernono quantità omogenee, tra loro cumulabili, sicché il non uso per volontaria inerzia del proprietario del fondo dominante può sommarsi, ai fini del compimento della prescrizione ventennale, con la susseguente impossibilità di uso della servitù per fatto riconducibile al proprietario del fondo servente.

Quando, ai sensi dell'art. 1074, venga a cessare l'utilitas della servitù o la concreta possibilità di usarne, il vincolo rimane allo stato di quiescenza, ma non si estingue se non per effetto della prescrizione nel termine di cui all'art. 1073, per cui, fino al momento in cui sia possibile il ripristino, la servitù deve essere tutelata al fine di impedire un mutamento irreversibile dello stato dei luoghi che ne impedisca definitivamente l'esercizio (Cass. II, n. 1854/2006; Cass. II, n. 10018/1997).

Eccezione di prescrizione per non uso

Sul versante processuale, si è precisato (Cass. II, n. 7562/2019Cass. II, n. 4413/1989) che la prescrizione per non uso delle servitù prediali ai sensi dell'art. 1073, formando oggetto di una eccezione in senso proprio deve essere specificamente opposta, anche senza l'uso di forme sacramentali, dalla parte che intenda avvalersene.

La proposizione dell'eccezione di prescrizione di un determinato tipo non consente al giudice di applicare d'ufficio una prescrizione di tipo diverso; pertanto, in relazione a domanda diretta alla declaratoria di una servitù di passaggio il giudice non può ritenere sussistente la prescrizione decennale del diritto dell'attore di prescegliere il locus servitutis quando il convenuto abbia eccepito esclusivamente la diversa prescrizione del diritto di servitù per non uso ventennale (Cass. II, n. 3310/1984).

Onere della prova

In tema di prescrizione delle servitù (art. 1073), la ripartizione dell'onere della prova va risolto applicando il generale principio secondo cui, essendo quella di prescrizione una eccezione in senso proprio (art. 2939), la prova dei fatti su cui l'eccezione si fonda (art. 2697, comma 2), deve darsi da chi l'ha proposta, con la dimostrazione che il titolare della servitù non l'ha esercitata per almeno un ventennio (Cass. II, n. 6647/1991; più di recente, v. Cass. II, n. 11054/2022).

Interruzione della prescrizione

In argomento, si è ritenuto (Cass. II, n. 16861/2013) che, in tema di estinzione per prescrizione delle servitù prediali, l'interruzione del termine ventennale stabilito dall'art. 1073, oltre che dal riconoscimento del proprietario del fondo servente, può essere determinata soltanto dalla proposizione della domanda giudiziale, essendo inidonea, a tal fine, la costituzione in mora o la diffida stragiudiziale, il cui effetto interruttivo è circoscritto ai diritti di obbligazione e non concerne i diritti reali.

Si è, altresì, chiarito (Cass. II, n. 10916/2023) che, in tema di servitù di non edificare, la prescrizione, che comincia a decorrere al momento della realizzazione dell'opera edilizia sul fondo servente in violazione del divieto di costruzione, non è interrotta dalla successiva demolizione seguita da ricostruzione del manufatto (nella specie un tunnel) e ciò in quanto i due momenti, demolizione e ricostruzione, vanno unitariamente considerati, essendo entrambi tesi a consolidare la violazione della servitù di non edificare, sempre che la demolizione non sia conseguenza dell'esercizio dello ius prohibendi da parte del titolare del fondo dominante, manifestato con domanda giudiziaria, in tal caso producendosi, per converso, l'effetto interruttivo.

Comunque, l'esercizio, ostativo all'estinzione per prescrizione della servitù, non deve necessariamente consistere in atti compiuti dal titolare: invero, quanti godano di un diritto, reale o personale, di godimento del fondo dominante o anche il semplice possesso, poiché la servitù è inerente al fondo, esercitano anch'essi la servitù, al fine di escluderne la prescrizione (Grosso — Deiana, 1036).

Bibliografia

Biondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215.

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