Codice Civile art. 1074 - Impossibilità di uso e mancanza di utilità.Impossibilità di uso e mancanza di utilità. [I]. L'impossibilità di fatto di usare della servitù e il venir meno dell'utilità della medesima non fanno estinguere la servitù, se non è decorso il termine indicato dall'articolo precedente. InquadramentoL'impossibilità di fatto di usare la servitù (ad esempio, per crollo dell'edificio da cui si esercitava la servitù di veduta) e la cessazione dell'utilità (si pensi all'inaridirsi della sorgente nella servitù di attingere acqua) non provocano l'estinzione della medesima servitù, in quanto lo stato dei luoghi potrebbe nuovamente mutare e la servitù de qua risorgere (ad esempio, la servitù di veduta persiste anche se l'edificio da cui era esercitata è demolito, potendo questo esser ricostruito). In tali ipotesi, si verifica una sospensione o quiescenza della servitù, la cui estinzione è correlata soltanto al decorso del termine di prescrizione dell'art. 1073. In quest'ottica, la norma in commento prevede che l'impossibilità di fatto di usare della servitù ed il venir meno dell'utilità della medesima non fanno estinguere la servitù, se non è decorso il non uso ventennale. Il principio enunciato dall'art. 1074 è operante qualunque sia la causa dell'impossibilità di fatto di usare della servitù, sia che essa dipenda da eventi naturali, sia che dipenda da fatti o comportamenti attribuibili allo stesso proprietario del fondo dominante o a quello del fondo servente: ne consegue che, fin quando dura la possibilità del ripristino dell'esercizio della servitù, questa deve essere tutelata, e ciò anche per la ragione che l'esercizio effettivo della servitù non è condizione della sua esistenza. Nozione di impossibilità di usoLa giurisprudenza ha delineato, ai fini della corretta applicazione della norma in commento, il concetto di “impossibilità di uso” della servitù. È stato, infatti, affermato che (Cass. II, n. 12035/2010) che, in tema di servitù prediali, in presenza di una situazione dei luoghi rimasta immutata, ove l'utilitas della servitù sia stata prevista in funzione di una specifica modalità di utilizzazione del fondo dominante, la quale sia rimasta sospesa per un apprezzabile lasso di tempo, si verifica una situazione di quiescenza del diritto di servitù, il quale non si estingue se non per prescrizione nel termine di cui all'art. 1073; in tale periodo, le facoltà di esercizio del diritto reale restano sospese, giacché, se il titolare potesse continuare ad usare il diritto senza la specifica utilitas, verrebbe di fatto ad esercitare un diritto diverso da quello originario. Ai fini dell'interpretazione dell'art. 1074, la modificazione dello stato dei luoghi, determinante l'impossibilità di fatto di usare della servitù ed il venir meno dell'utilità della medesima, rileva qualunque sia la causa dell'impossibilità di fatto di usare della servitù, sia che essa dipenda da comportamenti attribuibili allo stesso proprietario del fondo servente, sia che essa provenga da fatti posti in essere da un terzo, divenuto soltanto successivamente titolare del fondo servente (Cass. II, n. 13263/2009). In tema di estinzione della servitù, l'impossibilità di fatto di goderne e il venir meno dell'utilitas che ne costituisce il contenuto non ricorrono quando, come nel caso di espropriazione per pubblica utilità, si sia verificata la sola modificazione della titolarità della proprietà del fondo servente o, permanendo l'utilitas, non si frapponga un ostacolo materiale all'esercizio del diritto (Cass. II, n. 17394/2004). In una peculiare fattispecie, i giudici di legittimità (Cass. II, n. 7485/2011) hanno rilevato che la sopravvenuta mancanza dell'utilitas, che ne determina la quiescenza ai sensi dell'art. 1074, può derivare anche dal contrasto tra il contenuto del diritto reale minore e la normativa urbanistica di piano applicabile al fondo servente (allorché questa faccia venir meno la giustificazione e la rilevanza funzionale del contenuto della servitù), ma perché si determini l'estinzione della servitù è necessario che l'impossibilità di realizzare le opere necessarie all'esercizio del diritto perduri per il tutto il periodo, ventennale, di prescrizione previsto dal codice. In dottrina, riguardo alla possibilità di esercizio della servitù e delle sue facoltà accessorie durante questa fase di quiescenza, si sono venuti a creare diversi orientamenti: secondo alcuni, la facoltà di esercizio della servitù e delle sue facoltà accessorie permane fino a quando dura il relativo diritto (Biondi, 606); altri sono dell'avviso che, durante la quiescenza, la servitù non possa essere esercitata se non in quanto l'esercizio risulti in concreto, e non solo in astratto, utile al fondo dominante (Grosso — Deiana, 875). Più in generale, si tende ad ammettere che l'ipotesi della distruzione totale del fondo, dominante o servente, non rientri nel caso disciplinato nell'art. 1074 e comporti, pertanto, l'estinzione immediata del diritto (Vitucci, 509). Impossibilità di uso ed esercizio limitatoSi è, al riguardo precisato che, in relazione ad una servitù di passaggio, l'accertata impossibilità di uso ai fini del transito carrabile non consente di ritenere, per questo solo fatto, automaticamente accertata anche l'impossibilità di uso in termini di passaggio pedonale, poiché l'art. 1075 stabilisce che la servitù esercitata in modo da trarne un'utilità minore di quella indicata dal titolo si conserva per intero (Cass. II, n. 4794/2008 la quale, in relazione all’abilità del terreno, aveva ritenuto di poter desumere da ciò l'estinzione della servitù di passaggio per impossibilità di uso, ai sensi dell'art. 1074, senza verificare se le condizioni del terreno fossero così impervie da non consentire neppure il transito a piedi: nella specie, si era cassata la sentenza di merito che, sulla base dell'accertata impossibilità di transito carrabile in conseguenza del mancato compimento di lavori di costruzione e della naturale impraticabilità). Distruzione del fondo dominante o serventeAd avviso di una remota pronuncia (Cass. II, n. 3888/1974) perché una servitù possa ritenersi estinta per distruzione del fondo dominante o servente, è necessario che si tratti di distruzione totale ed irreversibile, che incida sul diritto reale corrispondente con la perdita od il perimento irrimediabile della cosa. L'impossibilità di fatto di usare della servitù determina non l'estinzione della servitù, ma uno stato di quiescenza suscettibile di produrre l'effetto della estinzione per prescrizione secondo la norma dell'art. 1073. BibliografiaBiondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215. |