Codice Civile art. 1109 - Impugnazione delle deliberazioni.

Antonio Scarpa

Impugnazione delle deliberazioni.

[I]. Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità giudiziaria [1107] le deliberazioni della maggioranza:

1) nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 1105, se la deliberazione è gravemente pregiudizievole alla cosa comune;

2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell'articolo 1105;

3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione è in contrasto con le norme del primo e del secondo comma dell'articolo 1108 [1137 2].

[II]. L'impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza [2964 ss.], entro trenta giorni dalla deliberazione. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. In pendenza del giudizio, l'autorità giudiziaria può ordinare la sospensione del provvedimento deliberato [1137 3].

Inquadramento

L'art. 1109 attribuisce ai partecipanti dissenzienti rispetto alla deliberazione della maggioranza la facoltà di proporre impugnazione davanti all'autorità giudiziaria in ipotesi di grave pregiudizio alla cosa comune, di inosservanza del comma 3 dell'art. 1105 o dei primi due commi dell'art. 1108.

È stabilito il termine di decadenza di trenta giorni per la proposizione dell'impugnazione.

Grave pregiudizio alla cosa comune

Il potere d'impugnazione delle delibere dei comproprietari si estende anche alla decisione approvata dalla maggioranza che rechi grave pregiudizio alla cosa comune, potendo entro questo limite essere valutato il merito, sotto il profilo dell'eccesso di potere, della decisione dell'assemblea (Cass. II, n. 25128/2008). Il riscontro esercitato dall'autorità giudiziaria sotto l'anzidetto profilo non può, tuttavia, mai riguardare il contenuto di convenienza ed opportunità della delibera, in quanto il giudice deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato di un legittimo esercizio dei poteri discrezionali della assemblea (Cass. II, n. 10611/1990).

Termine per l'impugnazione

La decadenza comminata dall'art. 1109 per l'inosservanza del termine entro il quale il comproprietario dissenziente può impugnare le deliberazioni prese dalla maggioranza non può essere rilevata ex officio dal giudice, attenendo a materia non sottratta alla disponibilità delle parti (Cass. I, n. 1770/1963).

A soddisfare l'esigenza della comunicazione della deliberazione assembleare al partecipante alla comunione assente, ai fini del decorso del termine per l'impugnazione della deliberazione stessa, è sufficiente che la comunicazione segua in modo tale che il destinatario, pur non avendo partecipato alla deliberazione, possa conoscerne ed apprezzarne il contenuto in maniera adeguata alla tutela delle sue ragioni (Cass. II, n. 1375/1966). La comunicazione della delibera assembleare di una comunione, essendo perciò atto preordinato a dare notizia agli assenti del contenuto della delibera stessa, è del tutto estranea al procedimento formativo della volontà collegiale. I suoi eventuali vizi, pertanto, possono avere rilevanza ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, ma non per derivarne l'invalidità della delibera (Cass. II, n. 1507/1974).

Bibliografia

Branca, Comunione. Condominio negli edifici, in Comm. S.B., artt. 1100 - 1139, Bologna-Roma, 1982; Fragali, La comunione, in Tr. C.M., XIII, t. 1, Milano, 1973; Palazzo, Comunione, in Dig. civ., III, Torino, 1988, 158 ss., 168 s.; Scozzafava, voce Comunione, in Enc. giur., VII, Roma, 1988, 2 ss.; Fedele, La comunione, Torino, 1986; Scarpa, Disciplina del “condominio minimo”: duo faciunt collegium?, in Immobili & diritto, 2005, 30 ss.; Busnelli, L'obbligazione soggettivamente complessa, Milano, 1974.

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