Codice Civile art. 1110 - Rimborso di spese.InquadramentoL'art. 1110 detta le condizioni per il diritto del singolo partecipante ad ottenere il rimborso delle spese anticipate per la conservazione della cosa comune Condizioni del diritto al rimborsoL'art. 1110 prevede due condizioni per il diritto al rimborso del comproprietario che abbia sostenuto spese per la cosa comune: deve trattarsi di spese necessarie per la conservazione della cosa comune, e deve sussistere la trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore. Costituiscono spese necessarie alla conservazione del bene comune quelle necessarie per custodire, mantenere la cosa e in modo che duri a lungo senza deteriorarsi, ovvero occorrenti per l'integrità della res da distinguere dalle spese per il godimento, che riguardano le utilità che il bene in comproprietà può offrire. Restano esclusi dal diritto al rimborso, pertanto, gli oneri occorrenti soltanto per la migliore fruizione della cosa comune, come le spese per l'illuminazione dell'immobile, ovvero per l'adempimento di obblighi fiscali, come l'accatastamento del bene (Cass. II, n. 33158/2019; Cass. II, n. 253/2013). Le spese per il godimento debbono essere sopportate solamente da chi concretamente gode della cosa comune, e perciò il rimborso non è previsto, in quanto il singolo comunista le ha anticipate per un godimento soggettivo, che è suo personale, e non riguarda anche gli altri partecipanti alla comunione (Cass. II, n. 11747/ 2003). Un'interpretazione più lata, ma rimasta minoritaria, ha tuttavia affermato che vanno considerate alla stregua di spese necessarie al mantenimento della funzionalità della cosa comune destinata ad abitazione (e vanno, dunque, rimborsate al condomino antistatario) le spese relative non solo alla conservazione degli impianti elettrico, idrico, di riscaldamento e di videocitofono, ma altresì quelle intese al mantenimento della continuità nell'erogazione dei relativi servizi, non essendo più condivisibile un'interpretazione degli artt. 1104 e 1110 che configuri come godimento, piuttosto che come conservazione della funzione essenziale d'un immobile ad uso abitativo, l'ordinaria erogazione dei servizi in questione, connaturati all'idoneità stessa dell'edificio a svolgere la sua funzione non altrimenti che le sue componenti strutturali (Cass. II, n. 12568/2002). L'art. 1110 esclude ogni rilievo dell'urgenza o meno dei lavori; altra condizione del diritto al rimborso è che il partecipante che abbia anticipato le spese di conservazione abbia precedentemente interpellato o, quantomeno, preventivamente avvertito gli altri comunisti o l'amministratore, sicché solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il la restituzione, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l'onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori (Cass. II, n. 20652/2013). È stato precisato come rimanga del tutto estraneo all'ambito di operatività dell'art. 1110, che attiene alle sole spese necessarie per la conservazione della cosa comune, la domanda di rimborso delle spese derivanti dalla prestazione di un servizio condominiale di fornitura di acqua potabile a vantaggio di un'unità immobiliare di proprietà esclusiva ed alla conseguente ripartizione interna del consumo unitario dell'intero complesso, come fatturato dall'ente erogatore, sulla base dei contatori di sottrazione installati nelle singole porzioni ovvero dei rispettivi valori millesimali (Cass. II, n. 10864/2016). Le differenze dall'art. 1134Sono, dunque, evidenti le differenze dei presupposti oggettivi dell'urgenza, prevista nei rapporti di condominio edilizio dall' art. 1134, e della trascuranza, ex art. 1110, giacché la prima nozione sottende la stretta necessità, l'impellenza, laddove la seconda espressione è volta a censurare la negligenza, la trascuratezza, l'inerzia dei comproprietari. Già con riguardo ai poteri dei singoli nell'amministrazione delle parti comuni emerge la duplice sostanza della espressione “condominio”, la quale, da una parte, delinea la mera situazione soggettiva di natura reale, ma evidenzia pure, dall'latra, la consistenza organizzativa del gruppo dei condomini, composta essenzialmente dalle figure dell'assemblea e dell'amministratore, e finalizzata alla gestione delle cose, degli impianti e dei servizi (Cass. II, n. 21015/2011). Nei rapporti tra condomini, il timore di una parcellizzazione dell'amministrazione delle cose comuni aggrava, in sostanza, la posizione di colui che abbia effettuato opere non autorizzate rispetto alla condizione di cui beneficiano addirittura i soggetti che siano del tutto estranei ai beni gestiti, in forza degli artt. 936 e 1150 Né il condomino, che abbia sostenuto spese per le cose comuni, potrà intentare l'azione di arricchimento senza causa, la quale postula la non esperibilità di altra azione per conseguire l'indennizzo del pregiudizio subito, laddove al condomino sono consentite le strade dell'art. 1134 (se la spesa è urgente), o del ricorso all'assemblea o all'autorità giudiziaria ex artt. 1133, 1137 e 1105 (se la spesa non lo è) (cfr. Cass. II, n. 9629/1994; in dottrina, Branca, 617). La condizione che l'amministratore o gli altri partecipanti trascurino di provvedere è soddisfatta anche nel caso di opposizione del compartecipante, implicando essa la volontà di non provvedere ai lavori (Cass. II, n. 5664/1988). BibliografiaBranca, Comunione. Condominio negli edifici, in Comm. S.B., artt. 1100 - 1139, Bologna-Roma, 1982; Fragali, La comunione, in Tr. C.M., XIII, t. 1, Milano, 1973; Palazzo, Comunione, in Dig. civ., III, Torino, 1988, 158 ss., 168 s.; Scozzafava, voce Comunione, in Enc. giur., VII, Roma, 1988, 2 ss.; Fedele, La comunione, Torino, 1986; Scarpa, Disciplina del “condominio minimo”: duo faciunt collegium?, in Immobili & diritto, 2005, 30 ss.; Busnelli, L'obbligazione soggettivamente complessa, Milano, 1974. |