Codice Civile art. 1132 - Dissenso dei condomini rispetto alle liti.

Antonio Scarpa

Dissenso dei condomini rispetto alle liti.

[I]. Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione.

[II]. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa.

[III]. Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente [1138 4].

Inquadramento

L'art. 1132 attribuisce al singolo condomino il diritto di separare la propria responsabilità da quella dei restanti condomini in ordine alle conseguenze di una lite per il caso di soccombenza.

Condizioni e modalità del dissenso

Il regime condominiale poggia su un principio generale di obbligatorietà delle deliberazioni assembleari per tutti i condomini, anche dissenzienti. Ciò non di meno, il codice civile disciplina due specifiche ipotesi di dissenso — ovvero, quella relativa alle innovazioni gravose o voluttuarie (art. 1121) e quella relativa alle liti (art. 1132) — con norme di carattere derogatorio e, quindi, eccezionale.

In particolare, l'art. 1132, il quale non è stato modificato dalla Riforma introdotta con l. n. 220/2012, attribuisce al singolo condomino il diritto, da esercitare con le forme e nei termini espressamente previsti, di separare, all'interno del gruppo, la propria responsabilità da quella dell'assemblea dei condomini in ordine alle conseguenze di una lite per il caso di soccombenza. La ragione di questa disposizione sta nel fatto che, in caso di soccombenza, tutti i condomini si trovano ad essere obbligati al pagamento delle spese, per cui si consente al condomino, il quale abbia manifestato il proprio dissenso, di non essere tenuto a sopportare le conseguenze sfavorevoli di un'iniziativa dalla quale si è dissociato. Si tratta di una norma espressamente dichiarata inderogabile dall'art. 1138, comma 4, che, contemperando l'interesse del singolo con quello del gruppo, riconosce al primo il diritto di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle deliberazioni assunte con il principio maggioritario, le quali, notoriamente, vincolano anche i dissenzienti (Salis, in Tr. Vas., 1950, 354).

La dichiarazione del condomino dissenziente è atto giuridico recettizio di natura sostanziale, da portare perciò a tempestiva conoscenza dell'amministratore entro trenta giorni dalla notizia della deliberazione, senza, peraltro, richiedere forme solenni, né notificazioni secondo le regole della legge processuale (Cass. II, n. 2967/1978, ad esempio, riteneva valida la dichiarazione di dissenso comunicata mediante raccomandata con avviso di ricevimento). Il termine di trenta giorni, cui è sottoposto l'atto di estraniazione, è di decadenza, presidiando l'esigenza di certezza e rapidità dei rapporti condominiali, sicché esso non può essere rilevato d'ufficio dal giudice (Cass. II, n. 2453/1994). Il dissenso di cui all'art. 1132 è atto successivo alla deliberazione assembleare, non rilevando, a tali effetti, la contraria manifestazione di volontà espressa nel corso dell'assemblea: il dissenso del condomino rispetto alla delibera, esternato prima che essa venga adottata, incide, come voto contrario (e quindi come condizione di legittimazione all'impugnazione ex art. 1137), sulla sua formazione ed approvazione e va tenuto distinto da quello con il quale il condomino dichiara di non voler subire le conseguenze della deliberazione già presa (Cass. n. 2453/1994).

La decisione assembleare di promuovere il giudizio o di costituirsi in esso non è, del resto, altrimenti sindacabile tramite il rimedio di cui all'art. 1137, e pertanto la separazione della responsabilità consentita dall'art. 1132 rappresenta l'unico strumento di tutela della minoranza condominiale dissenziente. Diversi, sono, del resto, i presupposti di ammissibilità delle tutele ex artt. 1132 e 1137: dissentendo dalla lite, il singolo condomino porta a compimento una sua valutazione di opportunità, laddove l'impugnazione della delibera suppone un sindacato sulla volontà maggioritaria assembleare per contrarietà alla legge o al regolamento di condominio: non si mancato, peraltro, di assumere che le due forme di reazioni possano essere esperite pure in forma concorrente

Presupposto di attribuzione al singolo partecipante del diritto di dissenso è, dunque, la sussistenza di una delibera dell'assemblea di promuovere la lite o di resistere in giudizio: intanto, cioè, è ravvisabile la facoltà individuale di estraniarsi dalla responsabilità per soccombenza in quanto si verta in ambito di controversie non rientranti nella sfera di autonoma attribuzione della legittimazione processuale all'amministratore. Come infatti precisato da Cass. S.U., n. 18331/2010, la rappresentanza giudiziale riservata all'amministratore nei primi due commi dell'art. 1131 va interpretata, appunto, altresì in base al diritto di dissenso dei condomini rispetto alle liti: la giurisprudenza ha inteso, da ultimo, che il potere decisionale in materia di azioni processuali spetti, di regola non all'amministratore, ma all'assemblea, che deve valutare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente. Ove si riconoscesse all'amministratore, in forza della generale legittimazione passiva contemplata dall'art. 1132, comma 2, un indistinto potere al riguardo delle scelte sulle azioni giudiziarie, questi potrebbe sempre non soltanto costituirsi nel processo, quanto altresì impugnare un provvedimento senza il consenso dell'assemblea e così, in caso di ulteriore soccombenza, far sì che i condomini siano tenuti a pagare le spese di lite, senza aver in alcun modo assunto decisioni al riguardo. La mancata convocazione dell'assemblea per l'autorizzazione ovvero per la ratifica dell'operato dell'amministratore vanificherebbe, allora, ogni possibilità di esercizio del diritto al dissenso alla lite che l'art. 1132 espressamente riconosce ai condomini. Si sottolinea, peraltro, come proprio l'ampliamento delle ipotesi in cui viene imposta la necessaria autorizzazione o ratifica assembleare dell'attività processuale dell'amministratore implichi il correlativo ampliamento dell'ambito di esercitabilità della facoltà di dissenso dei condomini rispetto alle liti, con la conseguenza che ogni partecipante potrà far mancare la propria contribuzione alle spese di difesa in giudizio, a scapito delle esigenze di solidarietà su cui pure poggia il condominio.

In sostanza, l'esercizio da parte del condomino dissenziente del potere di estraniarsi dalla lite suppone che si debba promuovere dal condominio una lite contro altro partecipante o contro terzi, la quale non riguardi l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari, la cura dell'osservanza del regolamento, la riscossione dei contributi, il compimento di atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni di un edificio, ovvero che sia stata notificata all'amministratore una citazione contenente una domanda diversa da quelle elencate. In tali ipotesi, che sono poi quelle coincidenti con le attribuzioni ex art. 1130, i condomini sono altrimenti tenuti a sopportare gli effetti degli atti e delle scelte dell'amministratore, per il solo fatto del mandato che gli è stato a suo tempo attribuito e della fiducia sottesa al conferimento dell'incarico gestorio, non restando al singolo condomino che far ricorso all'assemblea a norma dell'art. 1133, in maniera da provocare una delibera, dalla quale, se confermativa dell'operato dell'amministratore, potrebbe poi dissentire (Cass. II, n. 2259/1998; in dottrina, v. Peretti Griva, 573; Salis, 5 in Tr. Vas., 1950, 32; Branca, in Comm. S. B., 1982, 611).

In dottrina si reputa che l'art. 1132 si applichi non solo alle controversie tra il condominio e i terzi, ma anche a quelle tra il condominio e un singolo condomino.

Per la giurisprudenza, invece, in ipotesi di lite tra condominio e condomino, non opera, nemmeno in via analogica, la disposizione dell'art. 1132, come neppure l'art. 1101, richiamato dall'art. 1139 (così Cass. II, n. 13885/2014).

Essendo l'esonero del condomino dissenziente dalle spese subordinato all'inerenza della lite alle parti comuni dell'edificio, ovvero all'area propria delle competenze assembleari, esso non può ovviamente riguardare i processi penali, come nel caso in cui i condomini, facendo uso della loro autonomia negoziale, intendano autorizzare l'amministratore a nominarsi un difensore nel procedimento penale che lo vede imputato per comportamenti afferenti al suo incarico (Cass. II, n. 5163/1997).

Effetti del dissenso

È nulla la delibera assembleare che ponga le spese processuali, in proporzione della rispettiva quota, a carico del condomino che avesse ritualmente manifestato il proprio dissenso rispetto alla lite (Cass. II, n. 11126/ 2006; Cass. II, n. 16092/2005). Si è in passato spesso affermato che l'operatività dell'art. 1132 fosse limitata al solo rapporto tra condominio e condomino dissenziente, nell'ambito del quale rapporto la stessa disposizione si esaurirebbe nell'effetto di esonerare il dissenziente dall'onere di partecipare alla rifusione delle spese del giudizio in favore della controparte nel caso d'esito della lite sfavorevole per il condominio, lasciando, tuttavia, immutato l'onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa, ove risultino irripetibili dalla controparte nell'inverso caso d'esito della lite favorevole per il condominio. Si aggiungeva, invece, che rimanesse regolato dalla normativa generale sulle obbligazioni solidali il rapporto tra la controparte del condominio e ciascun singolo condomino, compreso il dissenziente, cui soltanto si riconoscerebbe il diritto di rivalsa. Così, ancora ad avviso di Cass. III, n. 12459/2012, l'art. 1132 regolerebbe la posizione del condomino dissenziente verso i terzi implicitamente secondo un principio che rende indifferenti i terzi creditori del condominio rispetto alla manifestazione di dissenso, per cui quegli resterebbe esposto verso i terzi come gli altri condomini. Siffatta regola implicita si desumerebbe dalla previsione del meccanismo di rivalsa a favore del condomino dissenziente, di cui al comma 2 del medesimo art. 1132. Tale previsione implica, infatti, ad avviso della citata sentenza, che il condomino dissenziente sia esposto verso i terzi e possa subire le conseguenze negative della responsabilità del condominio nei loro confronti e, dunque nei limiti della sua quota di partecipazione. A ciò consegue che il terzo, che abbia conseguito un titolo esecutivo nei confronti del condominio, non può pretendere di utilizzare il titolo contro i condomini non dissenzienti, provvedendo di sua iniziativa ad addebitare la quota del condomino dissenziente, in proporzione, a ciascuno dei condomini non dissenzienti, perché il diritto di far valere la posizione di dissenso è attribuito al condomino dissenziente soltanto in via di rivalsa. Al più, potrebbe ipotizzarsi che il terzo ottenga dal condomino dissenziente, sulla base di un accordo convenzionale, di essere surrogato nelle ragioni che egli avrebbe verso gli altri condomini e, quindi, nella pretesa di rivalsa verso gli altri condomini, occorrendogli, tuttavia, per poter agire in executivis verso di essi, la previa formazione di un titolo esecutivo. Si dovrebbe, invece, escludere che, sulla sola base dell'accordo convenzionale di surrogazione nella rivalsa, il terzo, che abbia ottenuto il titolo esecutivo verso il condominio, possa utilizzarlo verso ciascun condomino non dissenziente, addebitando ad esso quanto di pertinenza del condomino dissenziente, sia pure proporzionatamente ad un riparto fra tutti i condomini non dissenzienti. In tal caso, infatti, si pretenderebbe di utilizzare il titolo verso il condomino non dissenziente non in dipendenza della posizione di responsabile parziario dell'obbligo consacrato nel titolo, bensì sulla base di un negozio del tutto estraneo al titolo.

E' altresì nulla la deliberazione dell'assemblea condominiale che, all'esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest'ultimo, pro quota, il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo; in tal caso, infatti, non può farsi applicazione, neanche in via analogica, degli artt. 1132 e 1101 c.c., trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino (Cass. II, n. 1629/2018).

Bibliografia

AA. VV., Il nuovo condominio, a cura di Triola, Torino, 2013; Basile, Regime condominiale ed esigenze abitative, Milano, 1979; Caruso, Gli obblighi dei condomini, in Il Condominio a cura di C.M. Bianca, Torino, 2007; Celeste - Salciarini L., Il regolamento di condominio e le tabelle millesimali, Milano, 2006; Celeste - Scarpa, La Riforma del Condominio, Milano, 2012; Colonna, Sulla natura delle obbligazioni del condominio. in Foro it. 1997, I, 872; Corona, Il regime di ripartizione delle spese nel condominio, in Studi economico-giuridici, Milano, 1969; Corona, Contributo alla teoria del condominio negli edifici, Milano, 1974; Peretti Griva, Il condominio di case divise in parti, Torino, 1960; Scarpa, “Condominio (Riforma del)”, Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, Appendice di aggiornamento VIII, Torino, 2013; Terzago G. - Terzago P., La ripartizione delle spese nel condominio, Milano, 1994; Triola, Il condominio, Milano, 2007.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario