Codice Civile art. 1144 - Atti di tolleranza.

Alberto Celeste

Atti di tolleranza.

[I]. Gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso.

Inquadramento

L'acquisto del possesso può avvenire, oltre che a titolo “derivativo”, anche in modo “originario”, ossia con l'apprensione della cosa o con l'esercizio di fatto del diritto, ma questa apprensione o questo esercizio non fanno acquistare il possesso se si verificano per mera tolleranza altrui. In questa prospettiva, la norma in commento dispone che gli atti compiuti con l'altrui tolleranza non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso. D'altronde, è ragionevole ritenere che colui che potrebbe vietare tale situazione, non lo fa per spirito di amicizia, di gentilezza, di buon vicinato, ecc. (se, ad esempio, un ospite si trattiene in un appartamento per mera condiscendenza del proprietario, non per questo diventa possessore). Va rammentato, in proposito, che non dà luogo all'acquisto del possesso l'astensione del proprietario da una facoltà che rientra nel diritto di proprietà (si pensi al caso del proprietario che si astiene dall'edificare nel suo terreno e, per ciò solo, non nasce, in capo al proprietario del fondo attiguo, il possesso di una servitutis altius non tollendi).

Nozione

I giudici di legittimità hanno avuto modo di perimetrare il concetto di “atti tolleranza”.

Invero, in materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, poiché l'uso prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la mera tolleranza, essendo quest'ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed occasionalità, in presenza di un esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto sulla cosa, spetta a chi lo abbia subìto l'onere di dimostrare che lo stesso è stato dovuto a mera tolleranza (Cass. II, n. 3404/2009).

Ai sensi dell'art. 1144, gli atti di tolleranza, che non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso, sono quelli che, implicando un elemento di transitorietà e saltuarietà, comportano un godimento di modesta portata, incidente molto debolmente sull'esercizio del diritto da parte dell'effettivo titolare o possessore e soprattutto traggono la loro origine da rapporti di amicizia o familiarità (o da rapporti di buon vicinato sanzionati dalla consuetudine), i quali, mentre a priori ingenerano e giustificano la permissio, conducono per converso ad escludere nella valutazione a posteriori la presenza di una pretesa possessoria sottostante al godimento derivatone (Cass. II, n. 13443/2007).

Gli atti di tolleranza, che secondo l'art. 1144 non possono servire da fondamento del possesso sono quelli che, implicando un elemento di transitorietà e saltuarietà, comportano un godimento di modesta portata incidente molto debolmente sull'esercizio del diritto da parte dell'effettivo titolare o possessore, e soprattutto traggono la loro origine da rapporti di amicizia o familiarità o da consueti rapporti di buon vicinato i quali, mentre a priori ingenerano e giustificano la permissio, conducono, per converso, ad escludere nella valutazione a posteriori la presenza di una pretesa possessoria sottostante al godimento derivatone; peraltro, il vincolo di stretta parentela intercorrente tra i soggetti consente di configurare la sussistenza della tolleranza anche in mancanza delle suindicate caratteristiche della breve durata e della limitata incidenza del godimento assentito (Cass. II, n. 23289/2005; Cass. II, n. 18360/2004; Cass. II, n. 8194/2001).

Al fine di stabilire se la relazione di fatto con il bene costituisca una situazione di possesso ovvero di semplice detenzione dovuta a mera tolleranza di chi potrebbe opporvisi, come tale inidonea, ai sensi dell'art. 1144, a fondare la domanda di usucapione, la circostanza che l'attività svolta sul bene abbia avuto durata non transitoria e sia stata di non modesta entità, cui normalmente può attribuirsi il valore di elemento presuntivo per escludere che vi sia stata tolleranza, è destinata a perdere tale efficacia nel caso in cui i rapporti tra le parti siano caratterizzati da vincoli particolari, quali quelli di parentela o di società, in forza di un apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito (Cass. II, n. 9661/2006).

Gli atti di tolleranza che vanno eccepiti e provati dal dominus che li invochi per contrastare il possesso dedotto dall'attore postulano una permissio domini, ricollegabile a rapporti di amicizia o di buon vicinato, un elemento di transitorietà e di saltuarietà nel godimento permesso e la consapevolezza da parte del beneficiario che il godimento può essere fatto cessare in qualsiasi momento con un atto di proibizione del dominus (Cass. II, n. 2520/1993; Cass. II, n. 6976/1983; Cass. II, n. 3655/1981).

L'attività svolta su una cosa per tolleranza di chi ha la facoltà di impedirla non costituisce, ai sensi dell'art. 1144, una situazione possessoria, di guisa che colui che la esercita non può giovarsi della presunzione di possesso utile ad usucapionem, di cui all'art. 1141, comma 1, che non opera quando la relazione con la cosa non consegua ad un atto volontario di apprensione, potendo il detentore non qualificato, per mancanza di titolo alla detenzione, divenire possessore soltanto se compia un atto di impossessamento, e cioè un'attività materiale che, sconfinando nella sfera giuridica altrui, abbia determinato un rapporto con la cosa corrispondente all'esercizio di un diritto reale (Cass. II, n. 18360/2004; Cass. II, n. 12493/1995).

Gli atti di tolleranza, ai sensi dell'art. 1144, rilevano solo come ragione ostativa dell'acquisto del possesso, ma non incidono su di un possesso già costituito (Cass. II, n. 16956/2002).

Non è configurabile quale possesso ad usucapionem il comportamento consistente nell'uso di una striscia di terreno ricoperta di ghiaia come parcheggio e spazio di manovra, non essendo detta condotta di per sé espressione di un'attività materiale incompatibile con l'altrui diritto di proprietà e non avendo la relativa esteriorizzazione la valenza inequivoca di una signoria di fatto sul bene, in quanto la copertura dell'area con ghiaia non integra un'opera permanente di trasformazione, idonea a precludere la potestà dominicale del proprietario, mentre l'utilizzo a scopo di parcheggio può risultare transitoriamente consentito per mera tolleranza (Cass. II, n. 10894/2013).

In proposito, la dottrina non appare univoca. Per un verso, si registra chi ha ritenuto — peraltro, in linea con l'orientamento prevalente in giurisprudenza — che elementi caratterizzanti gli atti di tolleranza siano la transitorietà e la saltuarietà, e che essi traggano la loro origine da rapporti di cortesia, di amicizia e familiarità o, comunque, da rapporti di buon vicinato (Barassi 183); per altro verso, c'è chi ha sostenuto che la cortesia, l'amicizia o il buon vicinato esulino dal concetto di tolleranza (Levoni, 227); per altro verso ancora, si sostiene che la figura della tolleranza debba essere svestita dei connotati della liberalità, della cortesia e dell'ospitalità, per farvi rientrare le ingerenze subite controvoglia, atteso che tollerato è quasi sinonimo di sopportato, e sopportato è quasi sinonimo di subìto (Sacco, in Tr. C. M., 1988, 136).

Rilevanza della durata

Risulta importante, tuttavia, verificare anche la durata dei summenzionati atti di tolleranza.

In tema di acquisto del possesso ad usucapionem, al fine di valutare se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale sia compiuta con l'altrui tolleranza, e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso, la lunga durata di tale attività può integrare un elemento presuntivo in favore dell'esclusione di una semplice tolleranza qualora si verta in rapporti di mera amicizia o di buon vicinato e non di parentela, tenuto conto che in relazione ai primi, di per sé labile e mutevoli, è più improbabile il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo (Cass. II, n. 4327/2008, cui adde Cass. II, n. 11277/2015). 

In materia di possesso, non è configurabile un atteggiamento di tolleranza del proprietario, che, come tale, esclude una situazione possessoria a favore del terzo, allorché l'uso del bene da parte di quest'ultimo sia prolungato nel tempo o, avvenendo contro la volontà del proprietario, non possa fondarsi sull'altrui compiacenza (Cass. II, n. 17876/2003).

Nell'indagine diretta a stabilire, alla stregua di ogni circostanza del caso concreto, se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e quindi sia inidonea all'acquisto del possesso, la lunga durata dell'attività medesima può integrare un elemento presuntivo, nel senso dell'esclusione di detta situazione di tolleranza, qualora si verta in tema di rapporti non di parentela, ma di mera amicizia o buon vicinato, tenuto conto che nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile il mantenimento di quella tolleranza per un lungo arco di tempo (Cass. II, n. 8194/2001; Cass. II, n. 4631/1990; Cass. II, n. 1042/1988; Cass. II, n. 1620/1984).

Gli atti di tolleranza traendo origine dall'altrui condiscendenza, da rapporti di familiarità, amicizia o buon vicinato, integrano un elemento di transitorietà e di saltuarietà, per cui in mancanza di una prova contraria specifica deve escludersi che sia stato esercitato per tolleranza il passaggio sul fondo altrui, praticato per parecchi anni (Cass. II, n. 1015/1996; Cass. II, n. 5191/1994).

Onere della prova

In base al principio fissato dall'art. 2697, una volta dimostrata la sussistenza del possesso, spetta a coloro che contestano il fatto del possesso l'onere di provare che esso derivi da atti di tolleranza, i quali hanno fondamento nello spirito di condiscendenza, nei rapporti di amicizia o di buon vicinato ed implicano una previsione di saltuarietà e di transitorietà (Cass. II, n. 2706/2019 Cass. II, n. 17339/2009).

In tema di acquisto di servitù per usucapione, rientra nei normali poteri di valutazione probatoria del giudice la qualificazione degli atti che vengono invocati come esercizio di fatto della servitù, quali atti di mera tolleranza, in considerazione della strutturale saltuarietà degli stessi, senza che la controparte sia gravata dell'onere di provare tale specifica inidoneità ad integrare il possesso ad usucapionem mentre nelle azioni esclusivamente possessorie la natura giuridica dell'esercizio degli atti di tolleranza deve essere eccepita e provata dalla parte che la deduce (Cass. II, n. 21016/2008).

Poiché colui che esercita il potere di fatto sulla cosa si presume possessore, spetta a chi contesti il possesso medesimo l'onere di provare che esso deriva da atti di tolleranza i quali hanno fondamento nello spirito di condiscendenza, nei rapporti di amicizia o di buon vicinato ed implicano una previsione di saltuarietà o di transitorietà (Cass. II, n. 2994/2004; Cass. II, n. 6738/2000; Cass. II, n. 4810/2000; Cass. II, n. 2598/1997).

Si presume possessore del bene colui che esercita il potere di fatto su esso perché l'animus possidendi è normalmente insito nell'esercizio di tale potere, che lo rende manifesto, e pertanto spetta a chi contesta tale potere provare gli atti di tolleranza o i titoli giustificativi della detenzione, quali la locazione, la mezzadria, l'affitto, il comodato et similia (Cass. II, n. 6589/2006; Cass. II, n. 6944/1999).

Sul versante processuale, si è chiarito (Cass. II, n. 31638/2018) che, in materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, la deduzione del proprietario che il bene sia stato goduto dal preteso possessore per mera tolleranza costituisce un'eccezione in senso lato e, pertanto, essa è proponibile per la prima volta anche in grado di appello, sempre che la dimostrazione dei relativi fatti emerga dal materiale probatorio raccolto nel rispetto delle preclusioni istruttorie, concernendo il divieto di cui all'art. 345 c.p.c. le sole eccezioni in senso stretto, ossia quelle riservate in esclusiva alla parte e non rilevabili d'ufficio.

Bibliografia

Barassi, Diritti reali e possesso, II, Milano, 1952; Caterina, Il possesso, in Trattato dei diritti reali, diretto da Gambaro e Morello, I, Milano 2008; Fedele, Possesso ed esercizio del diritto, Torino, 1950; Gentile, Possesso e azioni possessorie, Napoli, 1974; Levoni, La tutela del possesso, II, Milano, 1979; Natoli, Il possesso, ristampa, Milano, 1992; Tenella Sillani, Possesso e detenzione, in Dig. civ., XIV, Torino 1996.

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