Codice Civile art. 1165 - Applicazione di norme sulla prescrizione.

Alberto Celeste

Applicazione di norme sulla prescrizione.

[I]. Le disposizioni generali sulla prescrizione [2934 ss.], quelle relative alle cause di sospensione e d'interruzione [2941 ss.] e al computo dei termini [2962 ss.] si osservano, in quanto applicabili, rispetto all'usucapione.

Inquadramento

Occorre distinguere l'istituto dell'usucapione dalla prescrizione estintiva, nel senso che, in entrambi, rivestono rilevanza il fattore tempo, ma, nella seconda, questi elementi danno luogo all'estinzione, mentre nella prima realizzano l'acquisto del diritto (tanto che si parla di prescrizione acquisitiva); inoltre, la prescrizione ha una portata generale perché si riferisce a tutti i diritti tranne la proprietà, mentre la seconda concerne invece proprio la proprietà (oltre i diritti reali di godimento). Atteso, dunque, che l'usucapione ha in comune con la prescrizione i requisiti del decorso del tempo e dell'inerzia del titolare, la norma in commento si dispone che le disposizioni generali sulla prescrizione (artt. 2934 ss.), quelle relative alle cause di sospensione e di interruzione e al computo dei termini si osservano, in quanto applicabili, rispetto all'usucapione. Dunque, la norma può dirsi integrativa della disciplina dell'usucapione mediante il riferimento a disposizioni generali in materia di prescrizione: si pensi alle norme relative alle nullità dei patti di modifica della disciplina legale della prescrizione (art. 2936), alla rinuncia (art. 2937), alla non rilevabilità d'ufficio (art. 2938), all'opponibilità da parte dei creditori (art. 2939), alla sospensione (artt. 2941, 2942), al computo dei termini (artt. 2962, 2963). Tuttavia, Il rinvio non va inteso come limitato alle norme del codice civile, ma deve ritenersi esteso anche alle disposizioni eventualmente contenute in leggi speciali (come nel caso della sospensione dei termini prevista dal r.d.l. n. 1/1944, in relazione allo stato di guerra).

Applicabilità della disciplina della prescrizione

Il vaglio della “compatibilità” è stato scrutinato attentamente dalla giurisprudenza con riferimento a tutti i possibili aspetti, segnatamente con riferimento agli atti di valenza interruttiva.

In tema di usucapione, il rinvio dell'art. 1165 alle norme sulla prescrizione in generale e, in particolare, a quelle relative alle cause di sospensione ed interruzione, incontra il limite della compatibilità di queste con la natura stessa dell'usucapione, con la conseguenza che non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa oppure ad atti giudiziali diretti ad ottenere, ope iudicis, la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente; ne consegue che non può riconoscersi l'anzidetta efficacia interruttiva alla domanda di rendiconto, il cui eventuale accoglimento è compatibile con il protrarsi del possesso dei beni oggetto della domanda di usucapione da parte del possessore stesso (Cass. II, n. 26018/2010; Cass. II, n. 7847/2008).

Resta fermo che, in costanza di matrimonio, non maturano i termini utili all'usucapione da parte di un coniuge sui beni appartenenti all'altro coniuge, essendo irrilevante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 781 c.c., concernente il divieto di donazioni fra coniugi, poiché la riproposizione della medesima regola nella l. n. 76/2016 sulle unioni civili dimostra che per il legislatore il maturare dei termini utili alla prescrizione - e all'usucapione, in virtù del rinvio operato dall'art. 1165 - sia contrario allo spirito di armonia che caratterizza l'unione coniugale o civile (Cass. I, n. 8931/2024).

Per il disposto dell'art. 1165, l'applicabilità alla prescrizione acquisitiva delle disposizioni relative alla sospensione ed alla interruzione della prescrizione estintiva ha come limite la compatibilità di tali disposizioni con la peculiare natura dell'istituto; ne discende che, ai fini dell'interruzione del decorso del termine utile per l'usucapione, sono inidonei quegli atti dispositivi del proprietario che non siano diretti al recupero del possesso, tanto nel caso in cui siano del tutto ignorati dal possessore, quanto nel caso in cui gli siano a qualsiasi titoli notificati o comunicati; pertanto, nessuna rilevanza possono assumere ai fini della decisione sulla domanda di accertamento dell'avvenuta usucapione gli atti di costituzione di ipoteche compiuti dal proprietario del bene, non comportando questi alcun trasferimento dello ius possessionis che il possessore continua ad esercitare, né può riconoscersi effetto interruttivo al processo di esecuzione promosso dai creditori nei confronti del proprietario del bene, restando escluso che il decreto di aggiudicazione emesso in questa sede possa prevalere sull'usucapione maturata in favore del possessore (Cass. II, n. 14733/2000).

L'aspetto della sospensione dell'usucapione è stato scrutinato soprattutto da parte della dottrina. Invero, qualora il possesso passi all'acquirente prima del verificarsi della condizione sospensiva e l'acquirente possiede la cosa senza esserne proprietario, il suo diritto rimane sospeso e potrà anche non realizzarsi, se la condizione non si verificherà; di conseguenza, il possesso idoneo per l'usucapione decorre dal giorno in cui la condizione avrebbe dovuto verificarsi e non si è verificata. Diversamente, in presenza di condizione sospensiva, quando il possesso rimane presso l'alienante, questi, fino a quando non si verifica la condizione, è proprietario e come tale possiede legittimamente; in seguito al verificarsi della condizione, qualora l'alienante continui a possedere, egli inizia un possesso senza titolo di proprietà, idoneo ad usucapionem, a decorrere retroattivamente dal momento della conclusione del negozio e pertanto non si ha sospensione dell'usucapione (De Martino, in Comm. S.B. 1984, 100). È stato da altri osservato che il negozio sospensivamente condizionato non fornisce un giusto titolo ad usucapionem, fino a quando la condizione non si avveri; e che anche il verificarsi della condizione sospensiva, malgrado la sua efficacia retroattiva, non potrebbe trasformare in possesso vero e proprio una situazione pregressa di semplice detenzione (Mengoni, Acquisto a non domino, in Dig. civ., I, Torino, 1987, 187).

Riconoscimento del diritto

Le trattative volte all'acquisto di un bene, tra il proprietario dello stesso e chi materialmente lo possiede, comportano da parte di quest'ultimo un implicito riconoscimento dell'altruità del diritto, incompatibile con la volontà di ulteriore godimento uti dominus, con conseguente interruzione del possesso ai sensi dell'art. 1165 in relazione all'art. 2944 (Cass. II, n. 17858/2008).

In tema di usucapione, quando l'interruzione del termine necessario ad usucapire derivi, ai sensi dell'art. 1165, dal riconoscimento del diritto del proprietario della cosa su cui il possesso è esercitato, siffatto riconoscimento, per essere operante a tali fini, deve provenire direttamente dal soggetto che lo manifesta o da soggetto abilitato ad agire in nome e per conto di quest'ultimo (Cass. II, n. 7847/2008).

Ai fini dell'interruzione del termine utile per l'usucapione, ai sensi dell'art. 2944, richiamato dall'art. 1165, il riconoscimento del diritto altrui da parte di colui contro il quale il diritto può essere fatto valere non deve necessariamente essere recettizio, potendo risultare anche da una manifestazione tacita di volontà, purché univoca, senza richiedere per la sua efficacia di essere indirizzato all'avente diritto, né tantomeno di essere da lui accettato (Cass. II, n. 23420/2019).

Ai sensi dell'art. 1165 in relazione all'art. 2944, il riconoscimento del diritto altrui da parte del possessore, quale atto incompatibile con la volontà di godere il bene uti dominus, interrompe il termine utile per l'usucapione (Cass. II, n. 19706/2014; Cass. II, n. 2319/2010; Cass. II, n. 25250/2006).

Ai fini della configurabilità del riconoscimento del diritto del proprietario da parte del possessore, idoneo ad interrompere il termine utile per il verificarsi dell'usucapione, ai sensi degli artt. 1165 e 2944, non è sufficiente un mero atto o fatto che evidenzi la consapevolezza del possessore circa la spettanza ad altri del diritto da lui esercitato come proprio, ma si richiede che il possessore, per il modo in cui questa conoscenza è rivelata o per fatti in cui essa è implicita, esprima la volontà non equivoca di attribuire il diritto reale al suo titolare (Cass. II, n. 14654/2006; Cass. II, n. 2520/1993 ;  v., altresì, Cass. II, n. 9100/2018, secondo la quale, costituendo la c.d. volontà attributiva del diritto un requisito normativo del riconoscimento, questa può normalmente desumersi dall'essere state intavolate trattative con i titolari del diritto di proprietà ai fini dell'acquisto in via derivativa, restando invece esclusa quando tali iniziative siano ispirate dalla diversa volontà di evitare lungaggini giudiziarie per l'accertamento dell'usucapione, ovvero di prevenire in via conciliativa la relativa lite).

Gli atti di riconoscimento del diritto altrui, da parte del possessore, interruttivi del termine utile per l'usucapione (artt. 1165 e 2944) possono essere provati anche per testimoni, in mancanza di specifica disposizione normativa contraria o limitativa al riguardo (Cass. II, n. 18207/2004).

Atti di diffida e messa in mora

Appare oramai ius receptum (per tutte, Cass. II, n. 15927/2016; Cass. II, n. 15199/2011) che gli atti di diffida e di messa in mora sono idonei ad interrompere la prescrizione dei diritti di obbligazione, ma non anche il termine per usucapire, potendosi esercitare il possesso anche in aperto e dichiarato contrasto con la volontà del titolare del diritto reale.

In tema di usucapione, non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure ad atti giudiziali diretti ad ottenere ope iudicis la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente (Cass. II, n. 22599/2010).

Il rinvio dell'art. 1165 alle norme sulla prescrizione in generale e in particolare a quelle relative alle cause di sospensione e interruzione, incontra il limite della compatibilità di queste con la natura stessa dell'usucapione, con la conseguenza che non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino per il possessore la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa oppure ad atti giudiziali, siccome diretti a ottenere ope iudicis la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente, tal che non rivestono la idoneità a interrompere il termine utile per la prescrizione acquisitiva, diversamente da quanto avviene in tema di prescrizione estintiva dei diritti di obbligazione, la diffida o la messa in mora, per la ragione che può esercitarsi il possesso anche in aperto contrasto con la volontà del titolare (Cass. II, n. 7847/2008; Cass. II, n. 9845/2003; Cass. II, n. 14917/2001; Cass. I, n. 9025/1998).

Il precetto contenuto nell'art. 1165, sull'applicabilità all'usucapione delle disposizioni relative alle cause di interruzione della prescrizione estintiva, ha come limite la compatibilità di queste con la natura di quella, e, in particolare, comporta che la prescrizione acquisitiva può essere interrotta solo da atti giudiziali, di cognizione, ovvero di conservazione od esecuzione, ma non anche da atti di diffida e di costituzione in mora, non configurabili in difetto di un debitore (Cass. S.U., n. 1016/1980).

Domanda giudiziale

A mente dell'art. 2943, comma 1, richiamato dall'art. 1165 in tema di usucapione, la domanda giudiziale ha efficacia interruttiva del decorso del termine utile per usucapire, qualora sia diretta a far valere una pretesa incompatibile con gli effetti derivanti dal trascorrere del termine; pertanto, tale effetto non è prodotto dalla domanda con cui il proprietario del suolo chieda, ai sensi dell'art. 938, il pagamento del doppio del valore del terreno occupato in buona fede dalla costruzione eretta sul fondo attiguo, in quanto è diretta a dismettere il bene, non già a recuperarne il possesso (Cass. II, n. 7509/2006).

In tema di possesso ad usucapione, con il rinvio fatto dall'art. 1165 all'art. 2943 la legge ne elenca tassativamente gli atti interruttivi; ne consegue che, non essendo compresa in tale elenco, la comparsa di risposta con cui il convenuto nel giudizio possessorio contesta semplicemente l'altrui possesso senza proporre, a sua volta, alcuna specifica domanda diretta a rivendicare la proprietà o il possesso dello stesso bene, non è idonea ad interrompere il decorso del termine utile ad usucapire; ed in contrario non rileva il divieto di proporre giudizio petitorio nel giudizio possessorio, previsto dall'art. 705 c.p.c. antecedentemente alla sentenza della Corte Cost. n. 25/1992, giacché l'esercizio di tale azione, ancorché irritualmente esperita, sul piano sostanziale è idoneo ad interrompere l'usucapione, costituendo esercizio del diritto di proprietà e manifestazione della volontà del suo titolare di evitarne la perenzione (Cass. II, n. 4892/2003).

Sulla base degli stessi presupposti, atteso che la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti, si è statuito che non può costituire atto interruttivo dell'usucapione l'opposizione alla domanda di usucapione abbreviata, né l'atto di intervento nel procedimento, non implicando tali atti una domanda diretta al concreto recupero del godimento del bene, in tesi posseduto e goduto in via esclusiva dai comproprietari che chiedono la declaratoria di usucapione contro gli altri comproprietari esclusi dal possesso (Cass. II, n. 14659/2012 ;    cui adde, di recente, Cass. II, n. 6029/2019, la quale ha cassato la sentenza gravata che aveva riconosciuto efficacia interruttiva del possesso, rilevante ai fini dell'usucapione, all'inserimento del bene controverso nella denuncia di successione).

Il possesso ad usucapione è interrotto dall'attività giudiziale del proprietario diretta ad ottenere ope iudicis il recupero del possesso e la sua privazione da parte del possessore usucapiente e non già dalla pretesa esercita in giudizio da parte di quest'ultimo (Cass. II, n. 6647/2001).

Per il disposto dell'art. 1165, l'applicabilità alla prescrizione acquisitiva delle disposizioni relative alla sospensione ed alla interruzione della prescrizione estintiva ha come limite la compatibilità di tali disposizioni con la peculiare natura dell'istituto; ne discende che ai fini dell'interruzione del decorso del termine utile per l'usucapione sono inidonei quegli atti dispositivi del proprietario che non siano diretti al recupero del possesso, tanto nel caso in cui siano del tutto ignorati dal possessore, quanto nel caso in cui gli siano a qualsiasi titoli notificati o comunicati; pertanto, nessuna rilevanza possono assumere ai fini della decisione sulla domanda di accertamento dell'avvenuta usucapione gli atti di costituzione di ipoteche compiuti dal proprietario del bene, non comportando questi alcun trasferimento dello ius possessionis che il possessore continua ad esercitare, né può riconoscersi effetto interruttivo al processo di esecuzione promosso dai creditori nei confronti del proprietario del bene, restando escluso che il decreto di aggiudicazione emesso in questa sede possa prevalere sull'usucapione maturata in favore del possessore (Cass. II, n. 14733/2000).

In tema di usucapione, il rinvio dell'art. 1165 alle norme sulla prescrizione in generale e, in particolare, a quelle dettate in tema di sospensione ed interruzione, incontra il limite della compatibilità di queste con la natura stessa dell'usucapione, con la conseguenza che non è consentito attribuire efficacia interruttiva del possesso se non ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, oppure ad atti giudiziali siccome diretti ad ottenere, ope iudicis, la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapente, con la conseguenza che, mentre può legittimamente ritenersi (come nel caso di specie) atto interruttivo del termine della prescrizione acquisitiva la notifica dell'atto di citazione con il quale venga richiesta la materiale consegna di tutti i beni immobili dei quali si vanti un diritto dominicale, atti interruttivi non risultano, per converso, né la diffida né la messa in mora, potendosi esercitare il possesso anche in aperto contrasto con la volontà del titolare del corrispondente diritto reale (Cass. II, n. 9845/2003).

In tema di possesso ad usucapionem, la domanda giudiziale diretta ad ottenere il rilascio di un immobile, proposta dal proprietario esclusivamente contro il detentore materiale, non vale ad interrompere il decorso del termine di usucapione nei confronti del possessore del bene rimasto estraneo al relativo giudizio, atteso che gli atti o i fatti interruttivi, per incidere negativamente sul decorso del termine richiesto dalla legge per usucapire, devono essere necessariamente diretti contro il possessore (Cass. II, n. 28721/2013). Di contro, la domanda giudiziale proposta dal proprietario, contenente la richiesta di rilascio dell'immobile nei confronti del possessore, pur se dichiarata inammissibile (nella specie, atto di appello contenente una domanda nuova), costituisce atto idoneo a produrre effetti interruttivi del termine per usucapire, ex artt. 1165 e 2943 (Cass. II, 27989/2022).

L'azione di reintegrazione è idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem, anche qualora venga respinta per tardività, atteso che, per l'effetto interruttivo, non rileva l'esito dell'azione, ma la volontà di riacquistare il possesso mediante un atto valido ad instaurare il giudizio (Cass. II, n. 23850/2018;Cass. II, n. 18353/2013).

La domanda di regolamento dei confini ha efficacia interruttiva della prescrizione acquisitiva del diritto di proprietà della porzione di fondo indebitamente occupata dal confinante, in quanto nell'azione volta ad eliminare l'incertezza oggettiva sul confine è implicitamente contenuta la domanda di rilascio della porzione oggetto di indebita occupazione (Cass. II, n. 4084/2024).

L'atto introduttivo del giudizio di divisione ereditaria non interrompe il decorso del tempo utile all'usucapione da parte del convenuto, tale atto non essendo rivolto alla contestazione diretta ed immediata del possesso ad usucapionem (Cass. II, n. 6785/2014).

Si è opinato che non ha effetto interruttivo la proposizione del ricorso al giudice amministrativo contro la concessione edilizia rilasciata dal possessore per l'opera da cui deriva l'occupazione dell'immobile (Cass. II, n. 20815/2015).

Estinzione del processo

Per il disposto dell'art. 2945, applicabile anche in tema di usucapione giusta il richiamo fatto dall'art. 1165, in caso di estinzione del processo resta fermo l'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dagli atti indicati nei primi due commi dell'art. 2943 e, quindi, dalla notificazione dell'atto di citazione o di una domanda proposta nel corso di un giudizio (Cass. II, n. 4906/1998).

Ai fini dell'interruzione del termine per usucapire, la trascrizione della domanda giudiziale, in quanto priva d'efficacia sua propria sotto tale profilo, non determina effetti diversi da quelli della stessa domanda trascritta e, pertanto, in ipotesi d'estinzione del processo, con conseguente efficacia interruttiva istantanea della domanda, non possono attribuirsi effetti interruttivi permanenti alla trascrizione della stessa, senza che possa rilevare l'omessa pronuncia dell'ordine di cancellazione della trascrizione ex art. 2668 (Cass. II, n. 1682/1982).

Compossesso

Per completezza, si è evidenziato che gli atti interruttivi dell'usucapione eseguiti nei confronti di uno dei compossessori non hanno effetto interruttivo nei confronti degli altri, in quanto il principio di cui all'art. 1310, secondo cui gli atti interruttivi contro uno dei debitori in solido interrompono la prescrizione contro il comune creditore con effetto verso gli altri debitori, trova applicazione in materia di diritti di obbligazione e non di diritti reali, per i quali non sussiste vincolo di solidarietà, dovendosi, invece, fare riferimento ai singoli comportamenti dei compossessori, che giovano o pregiudicano solo coloro che li hanno (o nei cui confronti sono stati) posti in essere (Cass. II, n. 11657/2018; Cass. II, n. 5338/2012; Cass. II, n. 6942/1999).

Gli atti interruttivi dell'usucapione eseguiti nei confronti di un compossessore non hanno effetto nei confronti degli altri compossessori, in quanto il principio di cui all'art. 1310, secondo cui gli atti interruttivi contro uno dei debitori in solido interrompe la prescrizione contro il comune creditore, con effetto verso gli altri debitori, trova applicazione in materia di diritti di obbligazione e non di diritti reali, per i quali non sussiste vincolo di solidarietà dovendosi, invece, fare riferimento ai singoli comportamenti dei compossessori, che giovano o pregiudicano solo coloro che li hanno posti in essere (Cass. II, n. 6668/1982).

Bibliografia

Botta, Acquisto per usucapione e validità dell'atto di trasferimento dell'immobile, in Not. 2007, 6; Guerinoni, L'usucapione, in Trattato dei diritti reali, diretto da Gambaro e Morello, I, Milano, 2008; Montel-Sertorio, Usucapione, in Nss. D.I., XX, Torino, 1975; Natali, L'acquisto di servitù per usucapione, in Immob. & proprietà 2006, 212; Peratoner, Usucapione e trascrizione, in Giur. it. 2005, I; Ruperto, Usucapione (diritto vigente), in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Vitucci, Acquisto per usucapione e legittimazione a disporre, in Giust. civ. 2004, II.

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