Codice Civile art. 1170 - Azione di manutenzione.

Alberto Celeste

Azione di manutenzione.

[I]. Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili [816] può, entro l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo [8 n. 1, 21 2, 703 ss. c.p.c.].

[II]. L'azione è data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente. Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

[III]. Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni indicate dal comma precedente.

Inquadramento

L'azione di manutenzione — disciplinata dalla norma in commento — ha lo scopo di far cessare le molestie e le turbative arrecate al possesso di un immobile (oltre che di un diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili); trattasi di un'inibitoria contro gli attentati all'integrità del possesso, attraverso qualsiasi apprezzabile modificazione o limitazione del suo precedente esercizio, in modo da mantenere nel possesso colui che in esso si trovava prima della turbativa. Quindi, a differenza dello spoglio, che priva il possessore della possibilità di esercitare il possesso su tutta o parte della cosa ed implica la modifica, in modo duraturo se non definitivo, della consistenza della cosa stessa, sicché il possessore non può ripristinarla se non mediante una reazione a sua volta fisicamente modificatrice, la molestia turba, ossia rende meno comodo o più difficile, l'esercizio del possesso altrui e non incide sulla consistenza della cosa, onde il possessore può tornare ad esercitare il possesso nelle identiche condizioni di prima, senza a sua volta modificare la consistenza materiale della cosa. Le azioni di reintegrazione e di manutenzione non sono cumulabili, nel senso che la medesima situazione di fatto non può dar luogo ad entrambe le forme di tutela, essendo inconcepibile che spoglio e turbativa del possesso coesistano, perché lo spoglio include la nozione di molestia che rappresenta qualcosa di meno e la molestia dal canto suo non raggiunge lo spoglio; tuttavia, ciò non osta alla proposizione simultanea di entrambe le azioni in via alternativa, restando demandato al giudice di merito qualificare esattamente la situazione di fatto che gli sia stata prospettata dal ricorrente e dare, quindi, il rimedio giuridico più acconcio (contenendo la domanda di reintegra quella di manutenzione, il giudice che, fermi i fatti allegati, accolga la domanda possessoria sotto il profilo della manutenzione anziché dello spoglio, non ricorre nel vizio di ultra o extra petizione, trattandosi per la parte di mera emendatio libelli). La molestia può anche essere costituita dallo spoglio non violento e non clandestino (art. 1170, comma 3), e in tal caso l'azione di manutenzione ha anche funzione “recuperatoria” nel senso che serve a recuperare il possesso perduto; quindi, la fattispecie mutua dall'azione di manutenzione i presupposti di fatto e di diritto per la sua proponibilità (possesso ultrannale, continuo, non interrotto), ma se ne differenzia, ravvicinandosi a quella di reintegrazione, perché tende a restituire nel possesso della cosa che sia stato spogliato.

Nozione di molestia

La ricostruzione delle due situazioni giuridiche sopra delineate è stata sottoposta a critica da una parte della dottrina, che rifiuta, sotto diversi profili, la distinzione, considerandola frutto di confusione tra molestia, tentato spoglio e spoglio (Sacco, in Tr. G. S.-P. 1960, 83). Tuttavia, gli stessi autori hanno operato uno sforzo definitorio, giungendo a indicare, pur se con diverse doverose puntualizzazioni, come molestia di fatto quella sussistente ove un terzo si ingerisca nella cosa in modo che sarebbe illecito se il possessore fosse titolare del diritto corrispondente al suo possesso, sempre che tale ingerenza non costituisca un vero e proprio spoglio (SaccoCaterina, in Tr. C. M. 2000, 289); e per molestia di diritto la mera contestazione del possesso, e non del diritto altrui, oppure la pretesa del rispetto del proprio asserito possesso: sicché in tale categoria rientrerebbe propriamente la notifica al possessore con cui il terzo estraneo si proclami a sua volta possessore, mentre altre situazioni dovrebbero essere diversamente inquadrate).

In quest'ordine di concetti, la giurisprudenza ha chiarito che si debba ritenere atto di turbativa, tutelabile ex art. 1170 con l'azione di manutenzione, qualsiasi comportamento del compossessore che ponga in essere un'innovazione nella cosa comune comportante una modificazione delle concrete modalità di godimento della stessa, dalla quale derivi ad altro compossessore un'apprezzabile limitazione delle sue concorrenti facoltà di godimento (Cass. II, n. 22227/2006)

Al fine della configurabilità della molestia possessoria — la quale al pari dello spoglio, costituisce un atto illecito che lede il diritto del possessore alla conservazione della disponibilità della cosa e obbliga chi lo commette al risarcimento del danno — con l'atto materiale deve coesistere, anche in caso di molestia provocata da inosservanza delle distanze legali, il dolo o la colpa, la cui prova incombe su chi propone la domanda di manutenzione (art. 2697), senza che il possessore debba provare anche la consapevolezza dell'autore della lesione di aver violato l'altrui diritto (Cass. S.U., n. 9871/1994).

Integra gli estremi di uno spoglio, e non quelli di una semplice molestia, la privazione anche soltanto parziale del possesso, la quale può manifestarsi con un atto che restringa o riduca le facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa, oppure diminuisca o renda meno comodo l'esercizio del possesso medesimo, come nell'ipotesi di eliminazione di una conduttura e di procurata inutilizzabilità di una fossa biologica, facente parte di una fognatura, tale da incidere negativamente sulla possibilità di esercizio di una servitù di scarico (Cass. II, n. 1494/2013).

In tema di possesso, l'ipotesi della molestia o turbativa si configura solo attraverso un comportamento dell'autore che abbia un congruo ed apprezzabile contenuto di disturbo del possesso altrui e che renda in tal modo più gravoso e notevolmente difficoltoso l'estrinsecarsi della posizione del possessore (Cass. II, n. 1743/2005; Cass. II, n. 11036/2003).

L'astratto pericolo di pregiudizio al possesso è inidoneo a fondare la molestia possessoria, la quale, ove l'azione di manutenzione sia esercitata in via preventiva, postula in ogni caso un comportamento che ponga in serio e concreto pericolo il preesistente stato di fatto (Cass. II, n. 2291/2016).

Non ogni attività materiale posta in essere dal terzo sulla cosa da altri posseduta configura necessariamente una molestia del possesso, ma solo quella che rispetto ad esso abbia un congruo ed apprezzabile contenuto di disturbo e denoti di per sé una pretesa dell'agente in contrasto con la posizione del possessore, così da rendere il suo estrinsecarsi impossibile, gravoso oppure notevolmente difficoltoso, con la conseguenza che ne restano fuori quei comportamenti che, non compromettendo né limitando apprezzabilmente l'esercizio del potere di fatto, ma siano con questo compatibili (Cass. II, n. 15788/2002).

Ad integrare una molestia suscettibile di legittimare l'esercizio dell'azione possessoria di manutenzione è sufficiente un'attività materiale o giuridica, consapevolmente posta dall'agente, direttamente o indirettamente e con un apprezzabile contenuto di disturbo che comporti un diverso modo di essere del possesso o del suo esercizio, senza che occorra che detta attività si sostanzi in una specifica violazione di legge; né si richiede una condotta colposa dell'agente, come nel caso dell'illecito aquiliano, essendo diretta la tutela possessoria non a colpire il contegno riprovevole tenuto dall'aggressore in violazione del precetto del neminem laedere bensì a salvaguardare lo stato di fatto esistente (Cass. II, n. 12080/2000).

In tema di azioni possessorie, le domande di reintegrazione e di manutenzione possono proporsi insieme qualora siano denunciati distinti fatti di spoglio e di molestia, atteso che la semplice turbativa costituisce un minus rispetto alla privazione del possesso (Cass. II, n. 8287/2005).

La domanda di reintegrazione contiene anche quella di manutenzione perché la molestia è meno ampia dello spoglio; in conseguenza, il giudice di merito, avvalendosi del potere di meglio qualificare i fatti dedotti, può, anche in grado di appello, ritenere azione di manutenzione quella che fu proposta come azione di reintegrazione, se i fatti dedotti rimangono fermi (Cass. II, n. 3941/1994).

Non viola il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, nell'esercizio del potere di interpretazione della domanda, senza mutare gli elementi obiettivi fissati dall'attore, dispone la cessazione della turbativa anziché la reintegrazione nel possesso, dato che la mera turbativa costituisce un minus rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione nel possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso (Cass. II, n. 23718/2011).

In tema di azioni a difesa del possesso, la distinzione tra spoglio e molestia va posta non già sul piano della quantità, bensì su quello della natura della aggressione all'altrui possesso, nel senso che lo spoglio incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si risolve contro l'attività di godimento del possessore, disturbandone il pacifico esercizio, ovvero rendendolo disagevole e scomodo; al fine di stabilire se sussistano gli estremi dello spoglio o della molestia non può prescindersi dalle modalità anche temporali, del comportamento dell'aggressore, le quali hanno rilievo per stabilire se si tratti di un impedimento duraturo, anche se non permanente, integrante lo spoglio, o di un impedimento soltanto transitorio parificabile alla mera turbativa (Cass. II, n. 6415/1984; Cass. II, n. 2298/1981; Cass. II, n. 738/1980).

Azione di manutenzione recuperatoria

Sempre tenendo presente il discrimen tra spoglio e molestia, i magistrati di Piazza Cavour hanno esaminato la fattispecie contemplata nell'ultimo capoverso della norma de qua.

Nel caso di spoglio c.d. semplice (non violento, né clandestino), il possessore è ammesso ad agire con l'azione di manutenzione recuperatoria ex art. 1170, comma 3, soltanto entro il termine annuale di decadenza dal sofferto spoglio, come stabilito dagli artt. 1168 e 1170 giacché per il riferimento fatto dal detto terzo comma al comma precedente l'azione di manutenzione recuperatoria mutua dalla comune azione di manutenzione i relativi presupposti di fatto e di diritto per la sua proponibilità (Cass. II, n. 4939/1992).

La lesione possessoria consistente nel rifiuto della restituzione di un fondo opposto dal detentore qualificato al possessore mediato, accompagnato dall'opposizione fatta contro quest'ultimo e perciò dalla manifestazione dell'avvenuta interversione, configura uno spoglio semplice, riconducibile alla previsione di cui all'art. 1170, comma 3, il quale disciplina la c.d. azione di manutenzione recuperatoria, idoneamente esperibile in presenza delle condizioni soggettive e temporali contemplate dal comma precedente (Cass. II, n. 13417/2013).

L'azione di manutenzione del possesso, oltre ad avere carattere non meramente conservativo, ma restitutorio, nel caso di spoglio non violento né clandestino (art. 1170, comma 2), tende in ogni altro caso alla cessazione della molestia, e quindi a far cessare le turbative già avvenute e ad impedire le future, sì da mantenere nel possesso colui che si trovava in tale situazione rispetto alla cosa prima della turbativa; ne consegue che il giudice, ove riconosca fondata l'azione di manutenzione, ha il potere-dovere di ordinare la distruzione dell'opera mediante la quale sia stata arrecata la denunciata molestia, derivandone, in mancanza, che la lamentata turbativa, anziché essere eliminata, continuerebbe a produrre i suoi effetti (Cass. II, n. 7978/1990). Resta inteso che la riduzione in pristino, cui è diretta l'azione di manutenzione, può consistere non già nella mera riproduzione della situazione dei luoghi modificata o alterata da una determinata azione lesiva dell'altrui possesso, ma anche nell'esecuzione di un quid novi, qualora il rifacimento puro e semplice sia inidoneo a realizzare il ripristino stesso (Cass. II, n. 20726/2018).

Sul versante dottrinale, è controverso se lo spoglio semplice di cui al comma 3 sia un tertium genus di lesione possessoria o meno. Sul punto, alcuni ritengono che le azioni possessorie siano solo a carattere recuperatorio o di manutenzione, e che la norma prevista nell'ultimo comma sia effettivamente un'azione di spoglio, in cui la difesa del possesso è attuata con le norme dell'azione di manutenzione (Protettì, 1). Si sostiene, pertanto, che lo spogliato possa chiedere di essere rimesso nel possesso, purché sussistano le condizioni poste dal comma 2, che concerne i requisiti del possesso tutelabili con l'azione di manutenzione (Giusti — Scarpa, in Comm. S. 2015, 230). Parte della dottrina ritiene tutelabile, con l'azione di manutenzione recuperatoria, anche il possesso di beni mobili, in quanto la limitazione della tutela manutentoria agli immobili è contenuta nel primo comma, non espressamente richiamato nel comma 3 (Levoni, 1407).

Requisiti del possesso tutelabile

I giudici di legittimità hanno, poi, compiutamente perimetrato tutti i requisiti — oggettivi, soggettivi e temporali — per l'esperimento dell'azione de qua. Sotto il primo aspetto, si è rilevato che l'azione di manutenzione presuppone nel soggetto passivo della molestia un possesso in senso tecnico, come definito dall'art. 1140, cioè un potere di fatto sulla cosa che si manifesti in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale; non è, pertanto, tutelabile con l'azione di manutenzione la detenzione della cosa, nell'interesse proprio, ma in nome del concedente, in virtù di un mero rapporto obbligatorio, giacché in tale ipotesi, con l'esercizio immediato e diretto di un potere sulla cosa, che si estrinseca nel godimento esclusivo della cosa stessa, non può concorrere l'animus possidendi e lo stesso esercizio del potere di fatto trova limitazione e norma (quanto al modo di esercizio) in un titolo particolare, cioè in un'autolimitazione del concedente, il quale, appunto, mantiene per sé il possesso della cosa anche se non esercita sulla stessa altro potere di fatto (Cass. II, n. 533/1960).

In materia di tutela possessoria, il possesso tutelabile con l'azione di manutenzione deve essere qualificato da determinati requisiti, tra i quali vi è quello della durata (pacifica e non interrotta) fissata nel minimo di un anno ed un giorno, che attestino una situazione di esercizio del diritto corrispondente, socialmente non contestata (Cass. II, n. 10343/2002).

Ai fini dell'esercizio delle azioni possessorie, previste dagli artt. 1168, 1169, 1170, non si richiede che il possesso abbia gli stessi requisiti del possesso ad usucapionem, essendo le dette azioni destinate ad assicurare la immediata tutela contro la privazione violenta e clandestina o la menomazione del possesso inteso come esercizio di fatto del potere sulla cosa, espresso in una attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di un diritto reale; sono pertanto irrilevanti, ai fini della tutela apprestata dalle azioni possessorie, la frequenza e le modalità di esercizio del possesso, anche se illegittimo o abusivo, purché abbia i caratteri esteriori della proprietà o di altro diritto reale (Cass. II, n. 6772/1991).

Animus turbandi

Sotto il secondo aspetto, si è precisato che, nell'azione di manutenzione, l'elemento psicologico della molestia possessoria consiste nella volontarietà del fatto, tale da comportare una diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza della sua idoneità a determinare una modificazione o limitazione dell'esercizio di tale possesso, senza che sia, per converso, richiesta una specifica finalità di molestare il soggetto passivo, essendo sufficiente la coscienza e volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell'altrui possesso, che pertanto si presume ove la turbativa sia oggettivamente dimostrata, a nulla rilevando anche l'eventuale convincimento di esercitare un proprio diritto (Cass. II, n. 22414/2004).

L'elemento psicologico della molestia possessoria consiste nella volontarietà del fatto che determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza che esso è oggettivamente idoneo a modificarne o limitarne l'esercizio, senza che rilevi, in senso contrario, il perseguimento, da parte dell'agente, del fine specifico di molestare il soggetto passivo o la mancata previsione delle concrete ed ulteriori conseguenze della sua azione (Cass. II, n. 107/2016).

Al fine della configurabilità della molestia possessoria, la quale, al pari dello spoglio, costituisce un atto illecito che lede il diritto del possessore alla conservazione della disponibilità della cosa, con l'atto materiale deve coesistere il dolo o la colpa, la cui prova incombe su chi propone la domanda di manutenzione, mentre rappresenta apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logica e sufficiente, l'accertamento dell'esistenza dell'indicato elemento soggettivo; senza che il possessore debba provare anche la consapevolezza dell'autore della lesione di aver violato l'altrui diritto (Cass. II, n. 4279/2011; Cass. II, n. 12258/2002).

Ai fini dell'esistenza dello spoglio o della turbativa del possesso non è necessaria la prova dell'animus spoliandi o turbandi in quanto gli artt. 1168 e 1170, prescindono del tutto dal riferimento psicologico, sicché va escluso che, dalla natura di atto illecito della molestia o dello spoglio, derivi che il possessore debba altresì provare la consapevolezza dell'autore dell'aggressione di aver violata la norma posta a tutela del pieno e libero esercizio del possesso (Cass. II, n. 15381/2000).

L'animus turbandi, per l'esperibilità dell'azione di manutenzione del possesso di un edificio molestato dalla violazione delle distanze legali, non è escluso dall'ottenimento della concessione edilizia da parte dell'autore della turbativa, rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi (Cass. II, n. 11404/1998).

Ai fini dell'azione di manutenzione, il c.d. animus turbandi consiste nella volontarietà del fatto suscettibile di ledere l'altrui possesso, e deve, perciò, almeno di massima, presumersi tutte le volte che siano dimostrati gli estremi della turbativa, rendendosi normalmente irrilevante la eventuale convinzione dell'autore di questa, di esercitare propri diritti (Cass. II, n. 8829/1997).

A concretare la molestia che legittima il possessore ad esperire l'azione di manutenzione è sufficiente la sussistenza dell'animus turbandi e cioè la volontà di compiere un atto che modifichi o alteri l'altrui possesso; tale intento deve escludersi quando l'autore della molestia abbia agito nell'esercizio di una propria situazione di possesso, precedente o preminente sul possesso dell'attore, avendo così la giustificata convinzione di non incidere sul possesso altrui esercitando un possesso proprio (Cass. II, n. 4463/1997).

Termine di decadenza

Sotto il terzo aspetto, si è puntualizzato che, in tema di azione di manutenzione, qualora alla turbativa del possesso concorra una pluralità di atti, il dies a quo dal quale decorre il termine annuale per proporre detta azione possessoria va individuato in quello in cui è percepibile, da parte del soggetto passivo, che un singolo atto costituisca parte di una pluralità di atti intesa a realizzare una lesione possessoria; va, pertanto, distinta l'ipotesi in cui la lesione del possesso si sostanzia in una pluralità di atti ciascuno dei quali autonomamente lesivo, da quella in cui l'atto lesivo sia uno solo, ancorché preceduto da altri atti di carattere strumentale; nell'un caso, il detto termine decorre dal primo degli atti lesivi quando essi siano connessi in modo da costituire una progressione seriale di attentati possessori, mentre decorre da ciascuno e per ciascuno degli atti lesivi ove essi presentino carattere di autonomia; nell'altro, essendovi un unico atto lesivo, quello finale, il dies a quo decorre da quest'ultimo; tuttavia, anche in tal caso, se gli atti strumentali, di per se stessi non lesivi, siano tali da rendere evidente la loro funzionalità alla realizzazione finale della lesione, il termine decorre dal primo di essi percepibile come tale (Cass. II, n. 6305/2008).

Nel caso di spoglio o turbativa posti in essere con una pluralità di atti, il termine utile per l'esperimento dell'azione possessoria decorre dal primo di essi soltanto se quelli successivi, essendo strettamente collegati e connessi, devono ritenersi prosecuzione della stessa attività; altrimenti, quando ogni atto — presentando caratteristiche sue proprie — si presta ad essere considerato isolatamente, il termine decorre dall'ultimo atto (Cass. II, n. 8148/2012).

Il termine annuale di decadenza per l'esercizio dell'azione di manutenzione decorre, in presenza di una pluralità di atti di turbativa che risultino intimamente connessi tra loro, dal compimento del primo di tali atti, in quanto ciascuno di essi è espressione di un'unica condotta lesiva dell'altrui possesso e non è idoneo a concretare una molestia a sé stante (Cass. II, n. 16077/2007).

In tema di azione di manutenzione, qualora la turbativa del possesso sia compiuta con una pluralità di atti, il termine previsto dagli artt. 1170 e 703 c.p.c. a pena di decadenza per la proposizione del ricorso, decorre dal compimento del primo della serie di atti singolarmente lesivi — omogenei od eterogenei — tra loro collegati, costituendo ciascuno di essi turbativa del possesso; altrimenti, se la lesione (unica) del possesso si realizza solo al termine di una serie di atti preparatori e strumentali, il termine decorre dall'ultimo di essi. In ogni caso, l'accertamento in ordine alla tempestività dell'azione è riservato all'indagine di fatto del giudice di merito e, come tale, è incensurabile in sede di legittimità (Cass. II, n. 1555/2005).

Il termine annuale per l'esercizio dell'azione di manutenzione, stabilito dall'art. 1170 a pena di decadenza, decorre dalla turbativa possessoria, e non già dalla conoscenza o apprendimento che il possessore ne abbia avuto; l'onere di dimostrare il mancato decorso di tale termine, qualora venga sollevata eccezione sul punto, incombe su chi agisce a fini di tutela possessoria (Cass. II, n. 1146/2003).

Rapporti di vicinato

Particolare attenzione hanno prestato i giudici di legittimità all'applicazione dell'azione di manutenzione in materia di rapporti di vicinato.

In tema di distanze nelle costruzioni, nel caso di trasformazione del tetto in terrazzo, munito di riparo o ringhiera, che venga a trovarsi a distanza inferiore a quella legale rispetto all'altrui fondo, il comodo affaccio esercitabile su di questo costituisce turbativa del possesso del vicino; tale possesso è reclamabile con l'azione di manutenzione ed alla predetta turbativa è possibile porre rimedio con l'esecuzione di opere idonee, secondo l'insindacabile apprezzamento del giudice di merito in quanto sorretto da coerente motivazione, ad evitare l'affaccio a distanza inferiore a quella legale (Cass. II, n. 11201/2008).

L'azione di manutenzione possessoria tutela il potere di fatto sulla cosa e non il corrispondente diritto reale, sicché la violazione delle distanze legali tra costruzioni può essere denunciata ex art. 1170 solo quando abbia determinato un'apprezzabile modificazione o limitazione dell'esercizio del possesso (Cass. II, n. 8731/2014). La violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia al possesso del fondo finitimo, contro la quale è data l'azione di manutenzione, perché, anche quando non ne comprime di fatto l'esercizio, apporta automaticamente modificazione o restrizione delle relative facoltà (Cass. II, n. 2927/1991; Cass. II, n. 3911/1989). Si è precisato (Cass. II, n. 2988/2019), al riguardo, che, allorquando il convenuto in azione possessoria - per turbativa del possesso derivante dall'inosservanza della distanza legale rispetto a una preesistente costruzione dell'attore - prospetti la legittimità del proprio operato come conseguenza delle modalità di esercizio del diritto di prevenzione da parte dell'attore stesso, è indispensabile, sia pure ai soli effetti possessori, accertare l'esistenza e i limiti di tale diritto, sicché non comporta violazione del divieto del cumulo del petitorio con il possessorio l'indagine del giudice su detta prevenzione, volta unicamente a stabilire l'estensione delle facoltà rispetto alle quali il possessore può ricevere tutela.

Le violazioni delle distanze legali tra costruzioni — al pari di qualsiasi atto del vicino idoneo a determinare situazioni di fatto corrispondenti all'esercizio di una servitù — sono denunciabili ex art. 1170 con l'azione di manutenzione nel possesso, costituendo attentati alla libertà del fondo di fatto gravato, e, pertanto, turbative nell'esercizio del relativo possesso (Cass. II, n. 22414/2004: fattispecie in tema di creazione di affacci e vedute in parte inesistenti, in parte preesistenti ma accresciute).

In tema di azioni a difesa del possesso, è configurabile la molestia possessoria ove la condotta comporti una modifica dello stato dei luoghi, idonea a determinare una condizione di potenziale pericolo al possesso altrui e a produrre un'apprezzabile compressione delle facoltà con cui detto possesso si esteriorizza, sicché costituisce turbativa del possesso l'installazione di una porta sul muro comune, che limita le possibilità di utilizzazione del corrispondente spazio da parte dell'altro proprietario e consente l'esercizio di una servitù di passaggio sul fondo di quest'ultimo (Cass. II, n. 26787/2018).

L'azione di manutenzione ex art. 1170 è esperibile anche a difesa del possesso da immissioni di fumi pregiudizievoli derivanti da canna fumaria dei vicini (Cass. II, n. 11382/2005).

Le azioni possessorie devono ritenersi esperibili anche a difesa del possesso da attentati rapportabili ad immissioni (Cass. II, n. 8829/1997).

Legittimazione attiva e passiva

Infine, i magistrati di Piazza Cavour hanno individuato i soggetti contendenti nella lite de qua.

La posizione del detentore è diversa da quella del possessore e d'altronde al detentore non sono preclusi mezzi di difesa contro molestie di terzi; pertanto, l'art. 1170 manifestamente non è in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede l'esercizio dell'azione di manutenzione in favore del detentore e nei confronti di chiunque, con esclusione del soggetto per cui detiene (Corte Cost., n. 151/1990).

L'azione di manutenzione di cui all'art. 1170 presuppone il possesso del soggetto passivo della turbativa o molestia; ne consegue che l'affittuario del fondo rustico, il quale è un mero detentore, non è legittimato a proporla (Cass. II, n. 4917/2006; Cass. II, n. 2392/1986).

Posto che legittimato a proporre azione di manutenzione ex art. 1170 è il solo possessore, e non anche il detentore, e che la presunzione di possesso è ricollegata dall'art. 1141 ad un potere di fatto sulla cosa che si manifesta in attività corrispondenti all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, secondo la definizione contenuta nell'art. 1140, va, per contro, rilevato che detta presunzione non opera in favore di chi si trovi con la cosa in una relazione materiale che si svolge in nome del possessore e per sua volontà, sia che si tratti di detenzione qualificata, sia di mera disponibilità materiale del bene, o detenzione semplice; peraltro, mentre nel primo caso il soggetto che, assumendo di essere possessore, agisca in giudizio a tutela di tale situazione, è tenuto solo ad allegare e comprovare atti idonei ad integrare un'interversione del possesso, a dimostrazione dell'intervenuto mutamento dell'originario animus detinendi in animus possidendi, sicché il convenuto che intenda contestare tale pretesa acquisizione del possesso deve dimostrare la inidoneità degli atti posti in essere dalla controparte a tal fine, il detentore non qualificato, per comprovare la propria legittimazione ad ottenere la tutela possessoria, deve, invece, fornire la dimostrazione che la relazione con la cosa si caratterizza come possesso, e solo ove detta prova sia stata fornita, incombe sul convenuto, che neghi la configurabilità della posizione di possessore in capo al ricorrente, l'onere di fornire la prova contraria in ordine al potere di fatto sulla cosa (Cass. II, n. 1824/2000).

Lo spoglio e la turbativa costituiscono fatti illeciti e determinano la responsabilità individuale dei singoli autori degli stessi; ne segue che nei giudizi possessori e nunciatori, quando il fatto lesivo del possesso sia riferibile a diversi soggetti, l'uno quale esecutore materiale e l'altro quale autore morale (ed è tale anche il soggetto che dell'atto lesivo si giovi, come il proprietario dell'edificio che venga ampliato con pregiudizio dell'altrui possesso), sussiste la legittimazione passiva di entrambi, ma non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario, potendo la pretesa essere coltivata anche nei confronti di uno solo dei responsabili (Cass. II, n. 11916/2000).

In tema di azione di manutenzione del possesso, affinché un soggetto possa qualificarsi come autore morale della turbativa, occorre che egli, pur non avendo autorizzato la condotta illecita, ne abbia tratto vantaggio (criterio del cui prodest) e che sia consapevole dell'illiceità dell'atto di molestia compiuto da terzi (Cass. II, n. 23855/2018; Cass. II, n. 18216/2013)

Con riferimento in particolare alla Pubblica Amministrazione, va rilevato che le azioni possessorie sono esperibili davanti al giudice ordinario solo quando il comportamento perseguito dalla medesima non si ricolleghi ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell'ambito e nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti (di fronte ai quali le posizioni soggettive del privato hanno natura di interessi legittimi, tutelabili quindi davanti al giudice amministrativo), ma si concretizzi e si risolva in una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali (ex multis, Cass. I, n. 13397/2007), anche se l'art. 34 d.lgs. n. 80/1998 - nel testo sostituito, prima, dall'art. 7 l. n. 205/2000 e, poi, dall'art. 7 d.lgs. n. 104/2010, che ha provveduto al riordino del processo amministrativo - ha riservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia possessoria con la quale il privato chieda la reintegrazione o la manutenzione del possesso a fronte del comportamento della P.A. che, diretto alla realizzazione o alla modifica di un'opera pubblica mediante trasformazione del territorio, si sia risolto nell'occupazione, permanente o temporanea, di un fondo di sua proprietà come condotta strumentale alla realizzazione della suddetta finalità pubblica. In proposito, il supremo organo di nomofilachia (Cass. S.U., n.2735/2017) ha statuito che, in tema concessioni di beni pubblici e relativa tutela possessoria, la disciplina dettata per il demanio si estende, in quanto compatibile, anche al mare territoriale (benché quest'ultimo non vi rientri, configurandosi come una res communis omnium), essendone configurabile un diritto soggettivo ad uso speciale in favore del titolare della concessione avente ad oggetto uno stabilimento balneare aperto al pubblico, che ha un interesse differenziato all'esercizio della balneazione nello specchio di mare antistante, sicché anche l'alterazione dell'acqua marina è idonea a turbare l'esercizio del possesso corrispondente al diritto del concessionario.

Bibliografia

Beghini, Le azioni a difesa del possesso, Padova, 2002; Camilletti, Reintegrazione (azione di), voce aggiornata 2000, in Enc. dir., XXVI, Roma, 2000; Gentile, Possesso e azioni possessorie, Napoli, 1974; Greco, Sui rapporti tra petitorio e possessorio: orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in Foro it. 1987, I, 1635; Levoni, La tutela del possesso, Milano, 1982; Nardelli, Reintegrazione o spoglio (azione di): termini: violenza e clandestinità, in Giur. it. 2003, 269; Protettì, Le azioni possessorie: la responsabilità e il procedimento in materia possessoria, Milano, 2005; Villecco, Il procedimento possessorio e di nunciazione, Torino, 1998.

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