Codice Civile art. 1181 - Adempimento parziale.Adempimento parziale. [I]. Il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile [1314 ss., 1464], salvo che la legge [1193 2, 1208 n. 3, 1258, 1672, 2873 2; 423 2 c.p.c.] o gli usi dispongano diversamente (1). (1) V. art. 45 2 r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669; art. 37 2 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736. InquadramentoLa possibilità del creditore di rifiutare una prestazione parziale è ricondotta al generale principio che obbliga il debitore ad eseguire esattamente la prestazione dovuta, potendo l'adempimento parziale essere qualificato come adempimento quantitativamente inesatto. Secondo la dottrina, la norma trova giustificazione nella tutela dell'interesse del creditore ed ha una portata pressoché assoluta, poiché opera anche in relazione a prestazioni parziali che abbiano ad oggetto una quantità di cose generiche o una somma di denaro (Giorgianni, 323). Pertanto il creditore non può chiedere un adempimento parziale. Il creditore che, esercitando la facoltà di scelta in ordine all'offerta di adempimento parziale proveniente dal debitore, lo accetti, non potrà vantare pretese in ordine a potenziali danni subiti in conseguenza di tale scelta (Cannata, in Tr. Res., 1999, 99). L'accettazione dell'adempimento parziale non estingue il debito, ma lo riduce, sicché il creditore potrà agire per ottenere il residuo. L'accettazione dell'adempimento parziale non è in ogni caso configurabile quando la prestazione dedotta in obbligazione sia indivisibile, anche per volontà delle parti. La facoltà di rifiuto riguarda la singola prestazione intesa come unità economica e non prestazioni distinte, seppure dipendenti dalla stessa causa (Cannata, in Tr. Res., 1999, 99). L'esercizio della facoltà di rifiuto prescinde dalla colpa del debitore. È contrario a buona fede il rifiuto dell'adempimento parziale quando la differenza rispetto all'adempimento integrale sia irrisoria. Inoltre l'adempimento parziale non può essere rifiutato quando vi sia una parziale impossibilità della prestazione non imputabile al debitore, salva la fattispecie regolata dall'art. 1464 nei contratti a prestazioni corrispettive. Per la giurisprudenza non si tratta di adempimento parziale nel caso in cui siano previsti distinti debiti (Cass. n. 1034/1967) ovvero siano state espressamente convenute o debbano ritenersi consentite dalla natura del contratto prestazioni ripartite nel tempo (Cass. n. 3291/1960). La concessione di un pagamento dilazionato nel tempo ovvero di un frazionamento in rate differite costituisce un'ipotesi di assenso all'adempimento parziale, che integra una vera e propria transazione (Cass. n. 20160/2013). D'altro canto l'accettazione di un adempimento parziale non può che avere riguardo ad una prestazione divisibile (Cass. n. 11138/1994). Ancora la S.C. ha osservato che la vittima di un fatto illecito può legittimamente rifiutare la somma offertagli dal responsabile a titolo di risarcimento, se questa non sia sufficiente a coprire il danno, gli interessi e le spese, in quanto il creditore può sempre rifiutare l'adempimento parziale, salvo che il debitore non dimostri che il rifiuto sia contrario a buona fede (Cass. n. 17140/2012). L'accettazione del creditore può riguardare tanto la prestazione quantitativamente inesatta quanto la prestazione temporalmente inesatta, ossia l'adempimento tardivo, fenomeni negli anzidetti limiti equiparati, il che non determina alcuna automatica decadenza dal diritto di far valere l'inosservanza del termine né implica rinunzia al risarcimento dei danni derivatone (Cass. n. 14573/2007, in Nuova giur. civ. comm. 2007, 12, 1401, con nota di Scalisi). Per la tesi secondo cui il creditore, oltre che accettare, può anche domandare un adempimento parziale si è espressa una parte della giurisprudenza (Cass. n. 3814/1998). Allo stesso modo l'esercizio di una facoltà regolata dalla legge, quella del rifiuto di una prestazione parziale, non può valere a costituire in colpa il creditore (Cass. n. 5747/1995). La parziarietà e la gravità dell'inadempimentoLa circostanza che l'adempimento parziale accettato dal creditore non estingua il debito, ma lo riduca, non preclude conseguentemente al creditore l'esercizio dell'azione di risoluzione contrattuale per inadempimento, purché la prestazione rimasta scoperta presenti i requisiti di gravità dell'inadempimento. Parziarietà della prestazione eseguita e importanza dell'inadempimento ai sensi dell'art. 1455 operano su piani diversi, poiché la prima attiene al potere del creditore di rifiutare l'adempimento parziale e di agire per il conseguimento dell'intero mentre la seconda concerne il potere del contraente di ottenere la risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive nel caso di inadempienza di non lieve entità imputabile alla controparte. L'adempimento parziale nulla dice sull'importanza dell'inadempimento residuo. Ove, all'esito dell'adempimento parziale, la prestazione rimasta inadempiuta per il residuo sia grave, non è precluso al creditore di chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento (Cass. n. 2223/2022; Cass. n. 20/1987). La giurisprudenza ha inoltre rilevato che gli artt. 1181 e 1455 si riferiscono a due distinte sfere di applicabilità: il primo attiene alla facoltà del creditore di rifiutare la prestazione parziale e di agire quindi per il conseguimento dell'intero, donde la legittimità del rifiuto di un adempimento inesatto; l'art. 1455 riguarda invece il potere del contraente di risolvere il contratto a prestazioni corrispettive nel caso d'inadempimento di non lieve entità dell'altra parte. Consegue che, dato il diverso ambito di operatività delle due discipline, la condanna del debitore inadempiente al risarcimento del danno può essere pronunziata anche quando, per la scarsa importanza dell'inadempimento, non possa farsi luogo alla risoluzione del contratto (Cass. n. 2223/2022 ; Cass. n. 506/2001). Con specifico riguardo al contratto di appalto, il committente può rifiutare l'adempimento parziale oppure accettarlo, secondo la propria convenienza, sicché, quand'anche la parziale o inesatta esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, ciò non impedisce al committente stesso di trattenere la parte di manufatto realizzato e di provvedere direttamente al completamento e alla eliminazione degli eventuali difetti riscontrati, chiedendo poi (al giudice) il risarcimento dei danni, che può tradursi in una riduzione del prezzo pattuito, tenuto conto sia del valore della opera ineseguita che dell'ammontare delle spese sostenute dal suddetto, previo, se del caso, espletamento dei necessari incombenti istruttori (Cass. n. 2573/1983). Al contempo, ricade tra le ipotesi di adempimento parziale l'offerta accettata della sola somma capitale dovuta, che non preclude l'azione per ottenere la rivalutazione monetaria o gli interessi (Cass. n. 3920/1986). Così come l'offerta di un adempimento parziale integra un'ipotesi di interruzione della prescrizione per riconoscimento dell'intero debito (Cass. n. 4315/1977). Le ipotesi eccezionali di vincolatività dell'adempimento parzialeIl rifiuto dell'adempimento parziale può essere escluso solo da specifiche leggi ovvero da usi normativi. Costituiscono eccezioni legislative al principio secondo cui il creditore non è tenuto ad accettare una prestazione parziale quelle contenute nella l. cambiaria (r.d. n. 1669/1933) e nella l. sugli assegni (r.d. n. 1736/1933), che trovano la propria ratio nell'esigenza di tutelare gli obbligati in regresso. Infatti in questi casi l'adempimento parziale deve essere annotato sul titolo, cosicché l'obbligazione originaria risulta automaticamente ridotta (Giorgianni, 323). Ulteriori eccezioni sono contemplate dalla legge e dal regolamento sulla contabilità generale dello Stato nonché dalle leggi provinciali e comunali e in materia doganale. L'accettazione usuale di pagamenti parziali nei rapporti di durata non vincola il creditore anche per le prestazioni successive, in quanto affinché ciò accada è necessario che siano integrati usi in senso proprio e non mere prassi rimesse al singolo creditore o ad una serie di creditori, dettate da situazioni contingenti. Con riferimento alle prestazioni lavorative, la giurisprudenza pone dei limiti alla possibilità del datore di lavoro di rifiutare prestazioni parziali che siano riconducibili all'esercizio legittimo di diritti costituzionali. Così gli effetti riflessi o indiretti dell'esercizio del diritto di sciopero sull'organizzazione produttiva rilevano, ai fini della valutazione dell'esattezza dell'adempimento o della legittimità del rifiuto, da parte dell'imprenditore, di una prestazione che egli aveva diritto di ricevere nei modi nelle forme e con l'utilità predeterminate in ragione dell'organizzazione suddetta, solo nel caso in cui l'astensione dal lavoro sia stata attuata con forme illegittime o illecite, mentre, nel caso di sciopero legittimo — quale deve ritenersi anche quello così detto a scacchiera o a singhiozzo, a meno che non sia idoneo a pregiudicare irreparabilmente o in maniera estremamente grave, non la produzione, ma la stessa produttività dell'azienda —, non è consentito il rifiuto della prestazione lavorativa fra una sospensione e l'altra, ai sensi degli artt. 1181 e 1197, non potendosi considerare tale prestazione diversa da quella dovuta o parziale, a causa della legittima sospensione attuata con lo sciopero e dei suoi effetti riflessi o indiretti, né rifiutare la prestazione dei lavoratori non scioperanti, salvo che, nell'un caso e nell'altro, l'imprenditore non dimostri l'assoluta impossibilità di utilizzare, in tutto o in parte, la prestazione d'opera offerta, operando in tale ipotesi gli effetti dello sciopero non in quanto tali, ma come autonoma causa di estinzione temporanea dell'obbligazione dell'imprenditore di fronte alla sopraggiunta impossibilità di utilizzare la prestazione dei lavoratori (Cass. n. 5186/1983). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961. |