Codice Civile art. 1184 - Termine.InquadramentoLa fissazione di un termine per l'adempimento si presume a favore del debitore, sicché in tal caso la prestazione è inesigibile fino al momento della scadenza e si pone un limite all'esercizio del diritto del creditore senza escluderne o renderne incerta l'esistenza (Bianca, 217). Per converso il debitore può adempiere fino alla scadenza del termine e quindi anche prima di tale scadenza poiché il termine non limita il potere del debitore di eseguire la prestazione. La presunzione è vinta quando il termine sia espressamente stabilito a favore del creditore o di entrambe le parti del rapporto obbligatorio. Qualora il termine sia stabilito a favore del creditore, questi può esigere la prestazione immediatamente, ossia prima della scadenza. Invece il debitore non può adempiere la prestazione prima della scadenza, salvo che il creditore non la richieda prima di tale scadenza (Giorgianni, 326). Se il termine sia previsto a favore di entrambe le parti, l'adempimento non può essere chiesto né effettuato prima della scadenza da alcuna delle parti (Nicolò, 564). La legge individua espressamente dei termini stabiliti nell'interesse di entrambi i contraenti in tema di somministrazione e mutuo. Nondimeno può ricorrere l'inadempimento del debitore anche prima della scadenza quando il comportamento del debitore lasci desumere con sufficiente certezza, o comunque fondatamente presagire, la mancata esecuzione della prestazione alla scadenza pattuita (Cass. n. 7318/1986). In specie l'inadempimento contrattuale può anche essere anticipato rispetto alla scadenza prevista per l'adempimento (anticipatory breach), qualora il debitore, in violazione dell'obbligo di buona fede, tenga una condotta che renda impossibile o antieconomica la prosecuzione del rapporto (Cass. n. 23823/2012). D'altro canto, la previsione di un termine per l'esecuzione della prestazione non necessariamente deve essere espressa, ma può risultare indirettamente da altre clausole del contratto e in particolare da quelle che, concedendo al debitore uno spatium deliberandi ai fini della valutazione dell'an e del quantum debeatur, necessariamente rivelano la volontà delle parti di non procrastinare ulteriormente l'adempimento dell'obbligazione, una volta che il periodo pattuito sia decorso (Cass. n. 7604/1996). L'esigibilità e l'eseguibilitàIl termine di adempimento a favore del debitore fissa l'esigibilità del debito, con la conseguenza che prima della scadenza del termine il creditore non potrà pretendere l'adempimento, ma il debitore potrà comunque eseguire la prestazione dovuta e potrà costituire in mora il creditore che rifiuti di riceverla. Al contrario il termine previsto a favore del creditore individua l'adempibilità o l'eseguibilità del debito, sicché il creditore sarà legittimato a richiedere la prestazione anche prima della scadenza mentre il debitore dovrà attendere la scadenza prima di adempiere di propria iniziativa (Natoli, in Tr. C.M., 1974, 122). Il termine di adempimento può essere previsto a favore del creditore solo se sussista una previsione di legge ovvero un patto tra le parti: la presunzione che il termine di adempimento costituisca un termine di esigibilità non può invece essere superata in base alla natura del rapporto o alle circostanze dello stesso (Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 199). Qualora non sia previsto un termine, esigibilità ed eseguibilità coincidono, in quanto per un verso il creditore può esigere immediatamente la prestazione cui ha diritto e per altro verso il debitore può immediatamente adempiere il proprio obbligo (Di Majo 1993, 197). Nella giurisprudenza di merito tale distinzione è stata confermata. Per l'effetto il termine per l'adempimento dell'obbligazione si presume stabilito a favore del debitore ove esso non risulti fissato a favore del creditore o di entrambi e pertanto, quando tale presunzione operi, mentre il debitore può adempiere fino alla scadenza del termine, il creditore non può, prima di questa, esigere la prestazione (Cass. n. 6553/1981). Tuttavia la presunzione stabilita a favore del debitore dall'art. 1184 riguarda il tempo dell'adempimento delle obbligazioni e non già la durata delle prestazioni ad esecuzione continuata (Cass. n. 1926/1963). La proroga e la tolleranzaCon riguardo alla fissazione convenzionale del termine di adempimento, la sua posticipazione può essere ricondotta alla concessione di una vera e propria proroga, quando le parti concordemente determinino un ulteriore e più prolungato termine per l'adempimento della prestazione, ovvero alla mera tolleranza nell'esecuzione postuma della prestazione, a fronte di un termine già scaduto, che è funzionale esclusivamente alla purgazione della mora pregressa (Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 197). Nello stesso senso si pone la giurisprudenza, secondo cui il fatto che il creditore non agisca immediatamente per ottenere dall'obbligato l'esecuzione dell'obbligazione, dopo scaduto il termine fissato in contratto, ma ritenga invece di concedere all'altro contraente una proroga per l'esecuzione del contratto medesimo, non trasforma quella originaria in un'obbligazione senza termine, né importa la rinunzia del creditore ad ogni effetto del termine originariamente convenuto per l'adempimento. Il termine di tolleranza può scagionare il debitore soltanto in ordine agli effetti della incorsa mora, che gli è consentito di purgare, ma, ove a ciò egli non provveda, il termine di scadenza contrattuale riprende ad ogni effetto tutto il suo vigore, essendo stata la volontà di tolleranza superata ed annullata dal persistere dell'inerzia dell'obbligato, a meno che la rinunzia ai predetti effetti non risulti espressamente voluta (Cass. n. 1035/1972). Del resto il carattere non perentorio di un termine ed anche la mancata prefissazione di esso non significa che la prestazione possa essere eseguita in ogni tempo indifferentemente e che sia preclusa la risoluzione anche quando il ritardo eccede ogni ragionevole limite di tolleranza, da apprezzarsi discrezionalmente dal giudice, giacché oltre tale limite il rapporto non sopravvive (Cass. n. 3549/1969). Così nell'ipotesi in cui il contratto attribuisca ad una parte, contro il pagamento di una penale, la facoltà di eseguire la propria prestazione oltre un certo termine, la scadenza di questo comporta, nonostante la previsione di quel corrispettivo, l'immediata esigibilità della prestazione, salvo che con la pattuizione predetta le parti abbiano voluto attribuire al debitore la facoltà di adempiere in un termine rimesso soltanto alla sua volontà, nel qual caso peraltro, ancorché il creditore non abbia chiesto la fissazione giudiziale del termine ai sensi della prima parte del comma 2 dell'art. 1183, il giudice del merito può nondimeno ritenere inadempiente il debitore ove, al momento della richiesta di adempimento del creditore, sia già decorso un congruo intervallo temporale (Cass. n. 4841/1989). Il termine di adempimento e il termine essenzialeIl termine per l'adempimento dell'obbligazione si distingue dal termine essenziale previsto dall'art. 1457. Il primo, di natura accessoria, può rendersi necessario in relazione al tempo minimo di cui il debitore ha necessità al fine di realizzare tutte le attività funzionali alla corretta esecuzione della prestazione. Il termine essenziale pone invece in rilievo il diverso interesse della parte creditrice a conseguire la prestazione cui ha diritto entro un determinato momento. Sicché la scadenza del termine di adempimento incide sulla patologia del rapporto obbligatorio, determinando l'inadempimento, avverso cui il creditore può reagire chiedendo l'adempimento ovvero la risoluzione giudiziale. Per converso, in conseguenza della scadenza del termine essenziale, il contratto deve intendersi risolto di diritto o in via automatica, ove la parte creditrice non dia notizia alla controparte entro 3 giorni della volontà di esigere la prestazione nonostante la scadenza (Bianca, 218). La giurisprudenza ha rilevato che i diversi interessi che sottostanno al termine per l'adempimento e al termine essenziale possono entrare in conflitto nell'ipotesi in cui il tempo occorrente al debitore per l'esatta esecuzione della prestazione appaia inconciliabile con la natura essenziale del termine (Cass. n. 566/1975). La volontà delle parti di ritenere essenziale un certo termine previsto per l'adempimento deve risultare in modo inequivocabile e non può desumersi dalla locuzione “entro e non oltre”, sovente utilizzata dai contraenti nel disciplinare il tempo dell'adempimento, il che non conferisce in sé carattere essenziale al termine (Cass. n. 5797/2005). Piuttosto, affinché il termine possa considerarsi essenziale, è necessario che risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine (Cass. n. 3645/2007). Ciò non esclude che attraverso la proroga di un termine all’origine pattuito come essenziale se ne possa mutare la natura giuridica (Cass. n. 7450/2018). Ancora, all'esito dell'interpretazione del contratto, il termine per l'adempimento deve essere distinto dalla clausola risolutiva espressa. Sicché, quando i contraenti si riferiscano ad un dato cronologico allo scopo di indicare il periodo di tempo entro cui vada eseguita una determinata prestazione, dichiarando poi incidentalmente la finalità pratica sottesa alla concessione di quel termine nell'aspettativa del verificarsi di un certo evento, assume preminente rilievo il dato temporale e la relativa clausola va intesa nel senso che le parti vollero determinare il tempo dell'adempimento e non, invece, condizionare l'efficacia del contratto all'avveramento di un evento futuro (Cass. n. 22904/2013). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961. |