Codice Civile art. 1188 - Destinatario del pagamento.Destinatario del pagamento. [I]. Il pagamento deve essere fatto al creditore [1189, 1190] o al suo rappresentante [320 4, 374 n. 2, 1387, 1752, 2213], ovvero alla persona indicata dal creditore [1269 2, 1744, 1777] o autorizzata dalla legge [494 c.p.c.] o dal giudice a riceverlo [156 6]. [II]. Il pagamento fatto a chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se il creditore lo ratifica [1399] o se ne ha approfittato. InquadramentoLa disciplina dedicata al destinatario del pagamento, così come quella riferita al pagamento al creditore apparente, riguarda le obbligazioni aventi ad oggetto la consegna di una cosa mobile (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 114) o altre prestazioni recettizie, come le prestazioni di fare a percezione personale o che implicano la consegna di un'opera (Bianca, 290). Non si applica pertanto alle obbligazioni di non fare. Più in generale gli artt. 1188, 1189 e 1190 si riferiscono alle obbligazioni in cui, ai fini dell'adempimento, è necessaria la cooperazione del creditore, non già la mera accettazione della prestazione eseguita ovvero il mero controllo della sua corretta esecuzione (Giorgianni, 327). E ciò perché non in tutte le obbligazioni esiste un destinatario del pagamento cui è rimesso il ricevimento della prestazione nel senso previsto dalla norma in esame (Nicolò, 566). Quando sia richiesto detto ricevimento, il pagamento deve avvenire nei confronti del creditore o di un suo rappresentante o della persona da questo indicata o della persona autorizzata dalla legge o dal giudice. È altresì liberatorio il pagamento effettuato al non legittimato se esso viene ratificato dal creditore o comunque questo ne approfitti. In mancanza di ratifica o approfittamento, il pagamento al non legittimato non è liberatorio ed è integrata un'ipotesi di indebito soggettivo ex latere accipientis, per cui è ammessa la ripetizione. L'identificazione del legittimato a ricevere la prestazione incide, secondo alcuni, sul contenuto dell'obbligazione, poiché concorre all'integrazione dell'esatto adempimento (Breccia, 533); secondo altri, tale legittimazione attiene al modo dell'adempimento, poiché il pagamento eseguito al non legittimato è piuttosto inefficace (Di Majo, in Comm. S.B., 1988, 234). In ordine ai soggetti legittimati a ricevere il pagamento e alla discriminazione delle loro rispettive posizioni, la S.C. precisa che l'incaricato a ricevere il pagamento è persona diversa sia dal rappresentante che dal mandatario del creditore, trattandosi di soggetto cui viene conferito esclusivamente il limitato potere di ricevere la prestazione ed i relativi atti a questa inscindibilmente connessi, cosicché dalla indicazione operata dal creditore non può discendere un potere rappresentativo in senso tecnico (Cass. n. 5579/1997). La legittimazione a ricevereLa legittimazione a ricevere la prestazione si traduce nel potere di ricevere la prestazione con effetto estintivo del debito (Bianca, 289). Siffatto potere è connaturale alla posizione sostanziale rivestita dal creditore, ma può anche non coincidere con detta posizione, quando il titolare del potere di ricevere la prestazione sia, in concorso con il creditore, un altro soggetto ovvero quando tale potere è esclusivamente attribuito ad un terzo soggetto (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 116). Non attengono alla legittimazione i meri interventi di cooperazione materiale con il debitore nell'esecuzione della prestazione o l'intervento di punti di riferimento in senso oggettivo della prestazione dovuta (Di Majo in Comm. S.B., 1988, 237). La legittimazione a ricevere la prestazione non implica necessariamente il potere di esercitare la pretesa creditoria, essendo all'uopo necessario uno specifico mandato rappresentativo, né il potere di mettere in mora il debitore (Bianca, 290). Sicché la legittimazione a ricevere dal lato passivo si distingue dalla legittimazione ad esigere dal lato attivo (Di Majo in Comm. S.B., 1998, 239). La legittimazione del creditore a ricevere il pagamento cessa qualora venga meno la disponibilità giuridica del credito. Tanto accade quando sia costituito sul credito un diritto di pegno ovvero di usufrutto ovvero quando vi sia cessione dei beni ai creditori o distrazione di crediti periodici in favore del coniuge divorziato o dei figli ed in caso di distrazione giudiziale di spese e compensi di lite. In questi casi si origina un autonomo diritto all'adempimento riconosciuto ad un soggetto diverso dal creditore ed a tutela di un suo esclusivo interesse. La legittimazione cessa anche quando il creditore sia dichiarato fallito (Bianca, 291). Inoltre, la legittimazione rimane temporaneamente paralizzata qualora vi sia il sequestro o il pignoramento del credito ovvero quando il creditore si opponga al pagamento (Natoli, in Tr. C.M., 984, 117). Infine, la legittimazione difetta qualora il creditore sia incapace. Con riferimento alla legittimazione a ricevere il pagamento ed alle conseguenze del pagamento al non legittimato, la S.C. evidenzia che il pagamento effettuato nei confronti di chi non sia titolare del credito, né mandatario del creditore, non libera il solvens, il quale resta obbligato nei confronti del creditore, salva la ripetizione dell'indebito nei confronti dell'accipiens (Cass. n. 3947/1979; Cass. n. 398/1976). Il pagamento al rappresentanteIl rappresentante è legittimato a ricevere la prestazione in forza di una procura speciale, definita all'incasso quando si tratti di prestazione pecuniaria, ovvero di una procura generale relativa ad una determinata attività patrimoniale (Bianca, 297), come accade nel caso di riscossione dei frutti, attività che rientra nei limiti dell'ordinaria amministrazione, ovvero nel caso della riscossione di somme capitali in presenza di ragioni di particolare necessità o urgenza (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 135). Per converso, non è liberatorio il pagamento in favore del sostituto del mandatario ad incassare (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 136). Si controverte sulla natura della riscossione del credito curata dal rappresentante: secondo un primo avviso, si tratterebbe di vera e propria attività di rappresentanza passiva (Bianca, 258); secondo altro orientamento, il richiamo all'istituto della rappresentanza è improprio, poiché la riscossione integra un comportamento non dichiarativo, sebbene gli effetti prodotti siano analoghi, ed il rappresentante costituisce piuttosto uno strumento del creditore per ricevere la prestazione (Schlesinger, 60). In ogni caso, la legittimazione a ricevere del rappresentante postula la contemplatio domini, ossia che il procuratore, oltre ad indicare il destinatario degli effetti, esterni la fonte della sua legittimazione (Schlesinger, 53). Il rapporto tra creditore e procuratore non sempre è materializzato da un mandato, ma può essere ricondotto anche a diverse causali (Cannata, in Tr. Res., 1999, 90). La clausola della procura all'incasso che escluda la possibilità di effettuare il pagamento al creditore ha efficacia meramente obbligatoria, con la conseguenza che la richiesta di adempimento avanzata dal creditore produce effetti verso il debitore, sebbene sia fonte di responsabilità per i danni eventualmente arrecati al debitore o al procuratore (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 135). La rappresentanza che legittima il terzo ad essere destinatario della prestazione può essere di fonte volontaria o legale. Anche la giurisprudenza afferma che, affinché ricorra l'ipotesi della legittimazione a ricevere la prestazione a cura di un rappresentante, è necessaria una specifica procura, sicché, in mancanza di procura generale o di procura ad hoc che comprenda espressamente il conferimento del potere di ricezione del pagamento, l'attribuzione ad un soggetto estraneo ad una società del potere di agire per la stipulazione di un contratto in nome e per conto della società stessa non vale a conferire anche la legittimazione a riscuotere i crediti derivanti dal contratto a suo mezzo stipulato (Cass. n. 4711/1987). Per l'effetto, non ricade nella legittimazione del rappresentante, e dunque non è valido, il pagamento effettuato ad un procuratore ad litem (Cass. n. 5741/1986), salvo che questo sia stato specificamente autorizzato a riscuotere somme dovute al proprio cliente ed a liberare il debitore (Cass. n. 8927/1998). Il mandato ad esigere il pagamento di un debito dal terzo, ancorché conferito anche nell'interesse del mandatario che sia creditore del mandante (mandato in rem propriam), non esclude la possibilità di pagare al mandante con efficacia liberatoria (Trib. Roma 17 giugno 1983), salvo che il terzo debitore sia a conoscenza del mandato e si sia impegnato nei confronti del mandatario ad osservarne il contenuto (Cass. n. 6972/1991). La rappresentanza a ricevere l'adempimento può risultare da una condotta concludente, dimostrabile con ogni mezzo, incluse le presunzioni, poiché la prescrizione sulla forma della procura di cui all'art. 1392 si applica agli atti unilaterali negoziali ex art. 1324, ma non agli atti in senso stretto, come la ricezione della prestazione (Cass. n. 20345/2015). Su questa stessa linea si è osservato che il mandato a riscuotere un credito non é soggetto a particolari forme e, pertanto, può essere contenuto in una scrittura privata con sottoscrizione non autenticata; tuttavia, la preposizione, da parte del creditore, di altro soggetto incaricato di riscuotere, in sua vece, il credito deve essere preventivamente ed adeguatamente portata a conoscenza del debitore per poter spiegare effetti nei confronti di questi (Cass. n. 24128/2009). Quando fra la banca ed il suo cliente esiste un contratto di conto corrente bancario, a norma dell'art 1852, la prima è mandataria del secondo per l'esecuzione di incarichi ricevuti da esso correntista o da altro cliente; pertanto, l'accredito, senza condizioni, al correntista di una somma versata da un debitore di quest'ultimo, tramite la banca, costituisce pagamento liberatorio effettuato a chi era legittimato a riceverlo, senza necessità di ratifica da parte del correntista stesso (Cass. n. 517/1979). Il pagamento a persona indicata dal creditoreLa legittimazione a ricevere il pagamento può spettare anche ad un soggetto terzo indicato dal creditore mediante una dichiarazione avente natura negoziale. Si discute se tale dichiarazione produca effetti solo se indirizzata al debitore (Di Majo, in Comm. S.B., 1988, 249) ovvero se sia un atto non recettizio (Bianca 300). L'indicazione può essere espressa o tacita ed è revocabile (Bianca, 300). La persona indicata è autorizzata a ricevere il pagamento con effetto liberatorio per il debitore, indipendentemente dalle vicende successive relative ai rapporti tra creditore e persona indicata (Bianca, 300). L'indicato o indicatario è privo di legittimazione, attiva e passiva, in ordine alle azioni dipendenti dalle obbligazioni e correnti tra le parti del rapporto (Cannata, in Tr. Res., 1999, 91). L'indicazione ai fini di ricevere il pagamento è da alcuni qualificata come istituto giuridico autonomo (Basile, Indicazione di pagamento, in Enc. dir. 1971, 128); da altri è ricondotta alla figura dell'adiectio solutionis causa (Cannata, in Tr. Res., 1999, 91; Giorgianni, 327; Natoli, in Tr. C.M., 1984, 137); altro autore rileva che, a differenza dell'adiectio, che ha natura contrattuale, l'indicazione è un negozio unilaterale (Schlesinger, 71); infine, l'indicazione è stata assimilata alla delegazione di pagamento, sia passiva, sia attiva (Rescigno, Delegazione, in Enc. dir. 1962, 940). È discusso se l'indicazione solo eventualmente possa avere natura di procura all'incasso (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 137) ovvero se i due istituti coincidano (Schlesinger, 71). Secondo la giurisprudenza, la figura dell'adiectus solutionis causa — che è il soggetto indicato dal creditore, a chi sia obbligato nei suoi confronti, come la persona incaricata di ricevere la prestazione in nome proprio, ma per conto di esso creditore — non solo presuppone la costituzione del vincolo giuridico obbligatorio, ma implica anche che su di esso si sia innestato un rapporto trilaterale, in virtù del quale il creditore abbia indicato al debitore la persona legittimata a ricevere l'adempimento, in sua vece, con effetto per lui ugualmente liberatorio (Cass. n. 568/1983). Vi è differenza tra indicazione e delegazione di pagamento, poiché nella prima vi è la mera autorizzazione a pagare mentre nella seconda vi è un obbligo del debitore di pagare ad un terzo; inoltre, l'indicato riceve la prestazione per conto del creditore, senza che sorga alcun diritto verso il debitore, mentre il delegatario ritiene per sé e riceve per proprio conto (Cass. n. 3307/1955). Si tratterebbe di adiectus solutionis causa nel caso di libretto nominativo pagabile al portatore, assumendo il portatore la veste di persona autorizzata a ricevere la prestazione dovuta dalla banca (Cass. n. 651/1989). Anche il mediatore al quale il venditore abbia conferito l'incarico di riscuotere il prezzo sarebbe un adiectus (Cass. n. 735/1967). Sotto il profilo probatorio, la S.C. ha rilevato che, perché il credito sia estinto dal pagamento fatto al terzo, il debitore è onerato della prova che il creditore avesse indicato il terzo come adiectus solutionis causa, dovendosi, a tal fine, provare la positiva manifestazione di volontà del creditore che i pagamenti fossero fatti ad altri (Cass. n. 390/2012). L'autorizzazione della legge o del giudiceQualora la legittimazione a ricevere la prestazione sia stabilita dalla legge, si ricadrà nell'ambito di un ufficio pubblico o privato e non sarà invocabile la disciplina negoziale (Natoli, in Tr. C.M., 984, 63). Legittimati legali sono i rappresentanti dei minori e degli interdetti, i titolari degli uffici espropriativi, i gestori o i liquidatori, come il curatore fallimentare, il curatore dell'eredità giacente, l'esecutore testamentario (Bianca 307). Rientra nella legittimazione legale a ricevere la prestazione dal debitore anche la fattispecie delineata dall'art. 494 c.p.c., relativa alla corresponsione nelle mani dell'ufficiale giudiziario della somma per cui si procede e dell'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore, allo scopo di evitare il pignoramento. Viceversa, vi sono altre fattispecie in cui la legittimazione a ricevere la prestazione è conferita dal giudice, come nel caso del depositario nominato ai sensi dell'art. 109 c.p.c. o del sequestratario a norma dell'art. 687 c.p.c. o dell'art. 1216, comma 2. Si rientra nella legittimazione giudiziale anche con riguardo alla riscossione dei capitali a cura dei legali rappresentanti dei figli minori o dei tutori degli interdetti, ai sensi degli artt. 320, comma 4, e 374, n. 2. È discusso se l'autorizzazione giudiziale debba essere rivolta al debitore, con la relativa indicazione del soggetto legittimato a ricevere, ovvero se debba essere indirizzata direttamente a quest'ultimo, il quale poi dovrebbe rendere edotto il debitore dell'autorizzazione rilasciata. In ordine agli effetti della ricezione del pagamento a cura dei soggetti autorizzati dalla legge, la giurisprudenza ha chiarito che la riscossione di un credito del de cuius da parte del soggetto esercente la potestà (oggi la responsabilità genitoriale) sull'erede minore non comporta, ostandovi il disposto dell'art. 471, l'accettazione tacita dell'eredità a norma dell'art. 476 da parte dell'erede minore; né, ai fini della validità del pagamento compiuto dal debitore, occorre che il legale rappresentante sia stato autorizzato dal giudice tutelare, essendo l'intervento di questo necessario solo in un momento successivo per la determinazione dell'impiego della somma riscossa (Cass. n. 5327/1981). Il pagamento al non legittimatoIn linea di principio, il pagamento effettuato a persona non legittimata non è liberatorio per il debitore e non è opponibile al creditore, sicché il debitore rimane comunque obbligato ad eseguire la prestazione in favore del creditore e il non legittimato che ha ricevuto la prestazione è tenuto a restituirla al debitore (Bianca, 308). L'effetto liberatorio eventuale può conseguire solo alla successiva ratifica o approfittamento del creditore, il che presuppone che l'accipiens non sia legittimato neanche in apparenza, altrimenti opererebbe l'istituto regolato dall'art. 1189 (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 128). La ratifica assume una funzione confermativa del comportamento del debitore ed opera sostanzialmente come una rinunzia a far valere l'inefficacia del pagamento fatto ad un non legittimato, anziché in favore del creditore (Natoli, in Tr. C.M.,1984, 129). Si tratta di atto negoziale unilaterale recettizio che deve essere indirizzato al debitore che ha effettuato il pagamento e non al terzo che ha ricevuto la prestazione. Essa può essere espressa o tacita e richiede la capacità del ratificante. La ratifica può provenire anche dal legittimato a disporre del credito (Bianca, 309). La ratifica rende efficace il pagamento sin dal momento in cui è stato eseguito (Cannata, in Tr. Res., 1999, 91). Si realizza, invece, l'ipotesi dell'approfittamento, non solo quando il creditore consegua la prestazione ricevuta dall'accipiens, ma anche quando percepisca un incremento economico ovvero un risultato favorevole (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 130). Sicché il pagamento ha raggiunto comunque il suo effetto, poiché è pervenuto nel patrimonio del creditore (Giorgianni, 328). Tanto accade quando il pagamento sia effettuato in favore del creditore del creditore (Bianca, 309). Per converso, si ritiene che sia improprio l'accostamento alla figura dell'approfittamento quando il pagamento avvenga in favore del gestore di affari altrui (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 133). La prova della ratifica o dell'approfittamento è a carico del debitore (Cass. n. 13113/2007; Cass. n. 1006/1972). La giurisprudenza ritiene integrato l'approfittamento anche quando il pagamento avvenga nelle mani del negotiorum gestor (Cass. n. 2653/1953). In ogni caso, affinché possa trovare applicazione la norma sull'efficacia liberatoria del pagamento in favore del non legittimato, nel caso di successivo approfittamento, è necessario che il pagamento e l'approfittamento siano integrali e non parziali (Cass. n. 4886/1981, in Giust. civ. 1981, I, 2867). Nell'ipotesi di assegno bancario emesso con la clausola di non trasferibilità è esclusa ogni attività gestoria ai fini dell'incasso ed in sostituzione del prenditore, con la conseguente impossibilità di ratificare qualsiasi interposizione posta in essere allo scopo (Cass. n. 2267/1984). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961. |