Codice Civile art. 1190 - Pagamento al creditore incapace.

Cesare Trapuzzano

Pagamento al creditore incapace.

[I]. Il pagamento fatto al creditore incapace di riceverlo [316, 320, 357, 374, 394, 424] non libera il debitore, se questi non prova che ciò che fu pagato è stato rivolto a vantaggio dell'incapace [1443].

Inquadramento

Il pagamento eseguito al creditore incapace non è in linea di massima liberatorio, salvo che il debitore non dimostri che la prestazione è stata utilizzata dall'incapace a suo esclusivo vantaggio. La circostanza che tale pagamento non sia liberatorio è indipendente dalla buona fede del debitore. Pertanto, anche quando il debitore non sia a conoscenza, senza colpa, dello stato di incapacità in cui versa il creditore comunque il pagamento è inefficace. La finalità della disposizione è quella di tutelare il soggetto incapace a fronte del rischio, a causa delle sue condizioni personali, di perdere l'utilità derivante dall'adempimento (Nicolò, 560; Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 286). Ne discende che il creditore incapace è privo della legittimazione a ricevere la prestazione. Per l'effetto, il debitore ha le seguenti alternative quando ricorra tale ipotesi: a) eseguire validamente la prestazione al rappresentante legale; b) eseguire una prestazione invalida all'incapace, salva la possibilità di far valere in via di eccezione l'effettivo vantaggio conseguito dal creditore, che in ragione della sua incapacità agisca in giudizio per richiedere una nuova prestazione ovvero per l'accertamento della nullità dell'adempimento; c) eseguire una prestazione diversa da quella dovuta in modo vantaggioso per l'incapace ovvero destinare la prestazione ad uno scopo utile per l'incapace (Rescigno, 162).

La giurisprudenza esclude che la norma sia applicabile qualora la prestazione sia eseguita a soggetto diverso dall'incapace o dal rappresentante legale (Cass. n. 423/1975). Nel caso di incapacità del creditore, è liberatorio il pagamento effettuato al rappresentante legale, quand'anche questo, dopo l'esecuzione della prestazione, non osservi le disposizioni di legge o dell'autorità giudiziaria in ordine all'eventuale reimpiego delle somme (Cass. n. 2211/1956).

L'ambito applicativo

La norma si riferisce alle obbligazioni che hanno ad oggetto una prestazione di fare ed a quelle in cui è necessaria la collaborazione del creditore, sicché non trova applicazione nelle obbligazioni di non fare e in quelle di fare per le quali non è richiesta la cooperazione a latere creditoris. In questi ultimi casi l'adempimento è sempre efficace (Nicolò,560). Pertanto, la norma presuppone che la prestazione sia eseguita in favore di soggetto che sia in grado di verificarne validità ed esattezza (Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 288). La norma non può essere applicata neppure alle prestazioni personali dirette, ossia che soddisfano l'interesse creditorio solo se eseguite nei suoi confronti, come la somministrazione di cure, l'impartire lezioni. Ancora, è liberatoria la prestazione retributiva ricevuta dal minore in ordine al rapporto di lavoro di cui sia parte, purché sia abile al lavoro in quanto abbia raggiunto l'età di 16 anni (Bianca, 294; Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 296).

Secondo la giurisprudenza, il riconoscimento al minore della capacità di lavoro non comporta alcuna deroga alla capacità di agire riguardo agli atti connessi al rapporto di lavoro stesso (Cass. n. 3795/1977).

L'incapacità

Secondo l'opinione prevalente, la norma si riferisce alla sola incapacità legale e non all'incapacità naturale (Rescigno, 162). Pertanto, nel caso di incapacità di intendere e di volere, troverà applicazione analogica l'art. 428, con la conseguenza che il pagamento è efficace, sebbene sia annullabile in ragione del pregiudizio che ne sia derivato al creditore e purché ricorra la malafede del solvens. Inoltre, detto pagamento potrà essere impugnato direttamente dall'accipiens incapace (Bianca, 294; Cannata, in Tr. Res., 1999, 97). Inoltre, qualora l'azione di annullamento non sia esperibile, l'incapace potrebbe agire contro il debitore a titolo di indebito arricchimento (Breccia, 396). Siffatta limitazione della previsione all'incapacità legale consente di non esporre il debitore a rischi reputati eccessivi, poiché nel caso di incapacità naturale il debitore non è sempre in grado di accorgersi dello stato soggettivo in cui versa il creditore e non può neanche verificarlo tramite registri; nè vi è un legale rappresentante al quale adempiere (Cannata, in Tr. Res., 1999, 97; Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 290). In senso contrario, un autore evidenzia che il legislatore ha fatto generico riferimento all'incapacità, come tale estensibile anche all'ipotesi di incapacità naturale del creditore; in questo senso deporrebbe la ratio di tutela del soggetto debole che connota la disposizione (Giorgianni, 328).

Secondo parte della dottrina, nella fattispecie troverebbe applicazione l'art. 1188, comma 2, sicché il creditore incapace al momento del pagamento, che sia divenuto successivamente capace, può ratificare il pagamento, liberando così il solvens (Cannata, in Tr. Res., 1999, 120).

Anche la giurisprudenza ritiene che la norma trovi applicazione solo con riferimento all'incapacità legale (App. Napoli 17 novembre 1952).

Il vantaggio

La prestazione eseguita al creditore incapace diviene liberatoria ove il debitore dimostri che essa è stata rivolta a vantaggio dell'incapace. Il vantaggio cui la norma allude non si identifica con l'arricchimento patrimoniale, ma consiste nella ragionevole utilizzazione della prestazione alla luce dell'interesse e dell'autonomia dell'incapace (Bianca, 293). Tale concetto ricalca quello richiamato dagli artt. 1443 e 2039. Sicché, nel caso di pagamento di una somma di denaro, può essere data la dimostrazione che la stessa è stata consegnata al legale rappresentante oppure è stata spesa per l'acquisto di beni utili o per un investimento conveniente (Bianca, 294); nel caso di un obbligo di fare, il solvens dovrebbe fornire la prova che l'attività dovuta è stata correttamente eseguita, secondo il parametro dell'ordinaria diligenza. Secondo altra opinione, il vantaggio si identifica con il raggiungimento dello scopo del pagamento ovvero con l'utile acquisizione della prestazione nella sfera dell'accipiens (Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 290).

In ogni caso, il debitore non ha mai diritto alla ripetizione di quanto versato, poiché non ricorrono i presupposti dell'indebito (Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 287).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961.

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