Codice Civile art. 1192 - Pagamento eseguito con cose altrui.Pagamento eseguito con cose altrui. [I]. Il debitore non può impugnare il pagamento eseguito con cose di cui non poteva disporre [1478], salvo che offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre. [II]. Il creditore che ha ricevuto il pagamento in buona fede può impugnarlo, salvo il diritto al risarcimento del danno. InquadramentoIn prima battuta, la previsione sancisce il principio secondo cui è efficace il pagamento eseguito dal debitore con cose di cui non poteva disporre; quindi, in via di eccezione, è previsto un potere di impugnativa del debitore o del creditore quando ricorrano determinate condizioni. Per cose di cui il debitore non poteva disporre si intendono restrittivamente le cose altrui e non le cose del debitore soggette a vincoli di indisponibilità (Manzini, L'impugnazione del pagamento, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1978, 981). Secondo una tesi, la norma è applicabile solo quando vi sia una consegna traslativa in cui il trasferimento del diritto sul bene a favore del creditore è contestuale alla solutio, ciò che accade nelle obbligazioni generiche ed alternative attuate con cose altrui, quando l'individuazione o la scelta siano contestuali all'adempimento (Cannata, in Tr. Res., 1999, 68; Nicolò, 560). Secondo un diverso orientamento, la norma si applicherebbe a qualunque obbligazione generica eseguita con cosa altrui (Benatti, Il pagamento con cose altrui, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1976, 475), e quindi anche ai contratti, che — pur essendo immediatamente traslativi della proprietà — comportano l'obbligo di restituzione, come il mutuo e il pegno irregolare, sempre che tali contratti si reputino consensuali. Nondimeno, i fautori della tesi più restrittiva sostengono che la norma faccia riferimento ai soli atti dovuti e non a quelli negoziali, per i quali sarebbero esperibili i rimedi previsti per gli atti di disposizione a non domino (Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 307). Qualora l'individuazione della cosa (altrui) sia avvenuta prima della consegna, il debitore può offrire di eseguire una nuova individuazione e il creditore in buona fede può pretendere dal debitore una nuova individuazione tra i beni di questo (Benatti, 476). Il medesimo autore ritiene che la norma sia applicabile anche alle prestazioni isolate che non nascono da contratto o negozio giuridico, come l'obbligo di reintegrazione in forma specifica a seguito di illecito, quando siano eseguite con cose altrui (Benatti, 479). Ad ogni modo, deve trattarsi di obbligazioni generiche in cui l'adempimento può essere compiuto con l'individuazione di cose appartenenti allo stesso genus. L'applicazione della norma è invece esclusa per gli obblighi di dare una cosa determinata, caso in cui non vi è la facoltà del debitore di sostituire il bene. La norma in esame non trova applicazione neanche quando il mandatario o l'incaricato del debitore abbiano adempiuto con cose proprie e, dunque, non di pertinenza del debitore (Giorgianni, 324). La giurisprudenza ha esteso la regola posta dall'art. 1192 anche all'ipotesi della datio in solutum (art. 1197), sicché è esclusa la possibilità del solvens di dedurre, ai fini della ripetizione di quanto dato, l'alienità (totale o parziale) della cosa oggetto di trasferimento (Cass. n. 1795/1965). L'impugnazione del pagamentoLa possibilità di impugnazione, a determinate condizioni, del pagamento eseguito con cose di cui il debitore non poteva disporre, sia da parte del debitore sia da parte del creditore, è qualificata come annullamento (Giorgianni, 324) ovvero come constatazione della irregolarità, e quindi della irrilevanza ai fini liberatori, della prestazione dovuta (Natoli, in Tr. C.M., 1984, 216) ovvero quale atto con cui viene tolta la natura di adempimento della prestazione eseguita, facendone venire meno la riferibilità causale alla pregressa obbligazione (Cannata, in Tr. Res., 1999, 71). Non costituisce un ostacolo all'esperimento dell'impugnazione la possibilità che il creditore abbia acquistato la proprietà del bene mobile ai sensi dell'art. 1153, norma che regola i rapporti esterni con il terzo acquirente, mentre l'impugnazione del pagamento inerisce ai rapporti interni tra debitore e creditore, ove nessun rilievo riveste la buona fede o mala fede del creditore (Manzini, 988; Giorgianni 324; Di Majo, in Comm. S.B., 1988, 312). Anche in questa evenienza, il debitore può avere interesse ad impugnare il pagamento per evitare contestazioni sull'efficacia del proprio adempimento (Giorgianni, 324). L'impugnativa del debitore La norma prevede che il debitore possa impugnare il pagamento effettuato con cose di cui non poteva disporre qualora offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre. Si tratta di un'azione di ripetizione condizionata all'offerta dell'esatto adempimento (Benatti, 487; Manzini, 1007). La previsione mira a realizzare il contemperamento tra l'interesse del debitore ad ottenere la restituzione della cosa e l'opposto interesse del creditore a trattenere quanto ricevuto, sebbene si tratti di cosa altrui. L'azione può essere esercitata purché la cosa abbia conservato la sua individualità presso il creditore e il debitore offra un'altra cosa di qualità non inferiore alla media, ai sensi dell'art. 1178, anche se di qualità inferiore alla qualità della cosa altrui prestata in origine (Cannata, in Tr. Res., 1999, 70; Benatti, 492). L'azione del debitore è di dubbia praticabilità quando il creditore abbia già venduto o consumato le cose ricevute (Benatti, 496; Cannata, in Tr. Res., 1999, 71). Ove si ammettesse una siffatta possibilità, all'esito dell'impugnativa non si potrebbe ottenere che il valore dei beni prestati o il tantundem. L'impugnazione è preclusa se il debitore diviene, a qualunque titolo, proprietario della cosa in un momento successivo all'adempimento ed il creditore acquista la proprietà della cosa (Benatti,492). Ad ogni modo, il debitore può impugnare il pagamento solo qualora dal suo esercizio non discenda alcun danno per il creditore; ciò spiega perché il diritto al risarcimento sia stato previsto dal solo comma 2 (Cannata, in Tr. Res., 1999, 71). L'impugnativa del creditore Il creditore può impugnare il pagamento avvenuto con cose di cui il debitore non poteva disporre solo quando abbia ricevuto tale pagamento in buona fede, ossia ignorando che il debitore non poteva disporre delle cose consegnate, restando comunque fermo il diritto al risarcimento dei danni. Il creditore, al fine di evitare i rischi di una lite con il terzo, in cui potrebbe risultare soccombente, può avvalersi del'impugnativa regolata dalla norma. Pertanto, tale azione si connota come rifiuto tardivo dell'adempimento che il creditore avrebbe potuto esercitare già al momento del pagamento, ma che non ha esercitato poiché non era a conoscenza dell'alienità della cosa (Benatti, 418). Secondo altra opinione, l'impugnativa del creditore è piuttosto una richiesta di esatto adempimento condizionata alla buona fede del creditore e alla restituzione della cosa ricevuta (Manzini, 1007). Il creditore in mala fede non può impugnare il pagamento, ma se subisce l'evizione può chiedere un nuovo esatto adempimento (Nicolò, 559; Benatti, 497). Il presupposto dell'impugnativa del creditore rappresentato dalla buona fede si realizza anche quando essa dipenda da colpa grave ed in ogni caso la buona fede è presunta (Benatti, 501). È evidente che, ove il creditore sia già risultato vittorioso nella lite con il terzo per effetto di sentenza passata in giudicato o di rinunzia dell'originario proprietario, difetta di interesse ad impugnare il pagamento (Giorgianni, 324; Di Majo, in Comm. S. B., 1988, 1988, 312). BibliografiaBianca, Diritto civile, IV, L'obbligazione, Milano 1997; Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. civ., 1988; Di Majo, Le modalità delle obbligazioni, Bologna-Roma, 1986; Di Majo, L'adempimento dell'obbligazione, Bologna 1993; Giorgianni, voce Obbligazione (diritto privato), in Nss. D.I., Torino, 1965; Nicolò, voce Adempimento (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1958; Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir., Milano 1979; Rodotà, voce Diligenza (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1964; Romano, voce Buona fede (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1959; Rovelli, voce Correttezza, in Dig. civ., 1989; Schlesinger, Il pagamento al terzo, Milano, 1961. |